Dopo aver ricevuto il Premio del Pubblico alle Giornate degli Autori alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia, e lusinghieri premi in altri festival internazionali, tra cui Miglior Film e Miglior Attore, giovedì 25 agosto arriva nei nostri cinema 200 Metri, il lungometraggio d’esordio del regista palestinese Ameen Nayfeh.
Il film
Mustafa (Ali Suliman) e sua moglie Salwa (Lana Zreik) vivono in Palestina, in due paesi distanti solo duecento metri, ma divisi dalla barriera di separazione israeliana. Alla sera, quando tutto diventa buio, Mustafa accende una luce sul suo balcone per augurare la buonanotte alla moglie e ai figli che sono dall’altra parte e che, a loro volta, rispondono con un segnale. Quando però uno dei suoi figli è vittima di un incidente, all’uomo non resta che precipitarsi al checkpoint dove gli viene negato l’accesso, senza margine di trattativa. Disperato, chiede aiuto a un contrabbandiere per oltrepassare il muro: i duecento metri si trasformano in un’odissea di duecento chilometri, alla quale si uniscono altri viaggiatori determinati a superare e sconfiggere quella barriera.
Ameen Nayfeh racconta…
“Sono tanti i ricordi a cui non ho più accesso o su cui, forse, ho paura di soffermarmi troppo. L’oppressione è alienante soprattutto quando ci si abitua alla negazione dei propri diritti fondamentali. Una separazione forzata fa molto male. 200 Metri è la mia storia, ma anche quella di migliaia di palestinesi e le storie possono sicuramente cambiare le vite delle persone. Credo nel potere del cinema e nel suo modo di toccare la nostra esistenza con la sua magia. Avevo bisogno di raccontare questa storia. Le immagini del muro, dei posti di blocco e dei soldati sono, probabilmente, la prima cosa che viene in mente quando si pensa alla Palestina. Nonostante queste immagini siano presenti anche in questo film, il suo tema centrale sono le conseguenze su noi esseri umani di una separazione del genere al fine di fare luce sulle barriere e sui muri invisibili che si creano a seguito delle barriere fisiche“.
“Qui, in Palestina, siamo abituati ad adattarci a nuove situazioni, a obbedire e a camuffare i nostri sentimenti. Ma è qualcosa che non dovremmo accettare. La libertà di movimento è un diritto umano fondamentale, ma sembra una favola in una realtà così brutale. Il protagonista, Mustafa, ha seguito le regole, ha sopportato varie umiliazioni e ha fatto come gli era stato detto per avere la minima possibilità di stare con la sua famiglia. Ma ora che le stesse regole che lo hanno isolato mettono a rischio la sua famiglia e la sua paternità, continuerà a rispettarle?“.