Tra le candidate all’Oscar come Miglior Attrice dello scorso 28 febbraio c’era anche Saoirse Ronan, la straordinaria protagonista di Brooklyn, il film diretto da John Crowley tratto dal romanzo del 2009 di Colm Tóibín e sceneggiato niente meno che da Nick Hornby.
Candidato anche all’Oscar come Miglior Film e per la Miglior Sceneggiatura Non Originale, Brooklyn racconta la storia di Eilis Lacey (Saoirse Ronan), una giovane immigrata irlandese che si fa strada nella Brooklyn degli anni ‘50. Attratta dalla promessa dell’America, Eilis lascia l’Irlanda e le comodità della casa materna alla volta della costa di New York. L’inibizione iniziale dovuta alla nostalgia di casa scompare rapidamente con il coinvolgimento in una relazione con Tony (Emory Cohen) che catapulta Eilis nel mondo affascinante e inebriante dell’amore.
Presto però questo entusiasmo viene spento quando Eilis deve tornare in Irlanda per l’improvvisa e tragica scomparsa della sorella. Anche nella sua terra c’è chi la ama, Jim (Domhnall Gleeson). La giovane si troverà così a dover scegliere tra due paesi differenti e le vite che essi comportano.
Colm Tóibín, l’acclamato scrittore irlandese autore della storia (e che come Eilis è nato a Enniscorthy), è sempre stato affascinato dal tema dei legami familiari: “questa è la storia segreta di due paesi: del mio paese, l’Irlanda, dove negli ultimi 150 anni ogni famiglia ha perso uno o due membri, persone che sono andate via e non sono mai più tornate; ma è anche la storia segreta degli Stati Uniti. Questi sono i nonni e i bisnonni degli americani di oggi; è così che sono arrivati, e questa storia non è stata raccontata spesso”.
Il romanzo di Tóibín intreccia tutte queste tematiche in una storia sul potere trasformativo dell’esperienza dell’immigrazione. Sebbene sia ambientato negli anni ‘50 e in mezzo all’affiatata comunità irlandese di Brooklyn, il libro offre un ritratto singolare dell’esperienza dell’immigrazione femminile, quello di una giovane donna indifesa che non solo riesce a farsi strada in un nuovo paese, ma anche tra le complesse questioni del suo cuore e della sua sopravvivenza, imparando a farsi rispettare.
Per Nick Hornby, la rilevanza di Brooklyn risiede nell’abilità di Tóibín di immortalare il cuore umano diviso tra i suoi impegni, che siano nei confronti del paese, della famiglia o della persona amata: “Colm rappresenta la sofferenza che nasce dal voler essere in due posti contemporaneamente con un equilibrio perfetto – spiega Hornby – credo che chi si identifichi con i personaggi di Orgoglio e Pregiudizio possa identificarsi con quelli di Brooklyn, perché alla base vi è la stessa scelta senza tempo che una donna deve fare tra giovani uomini molto differenti tra loro”. Hornby è riuscito a trasformare il romanzo in una sceneggiatura che mescola diversi toni: “comico, romantico e tragico: volevo che il pubblico vivesse insieme ad Eilis le sue traversie, che arrivasse ad amare lei e le persone che la circondano e che rimanesse colpito dalla sua esperienza”.
Un’esperienza che la porta ad abbandonare un Paese per un altro: “questa è una storia sull’esilio – spiega John Crowley – quando lasci un paese e scegli di vivere da un’altra parte, non appartieni più a quel luogo, ma di certo nemmeno a quello in cui hai scelto di vivere. Quindi diventi un membro di una sorta di terzo paese, quello degli esuli”. Per il regista, il film rivela anche una concezione moderna dell’amore: “la storia afferma che l’amore è complicato e che il cuore non è per forza fedele a una sola persona; può forse, al contrario della testa, concepire di amare due persone allo stesso tempo”. La scelta di Eilis tra due uomini è anche la scelta relativa al tipo di vita che vuole condurre, e che dal punto di vista emotivo “le costa molto, tuttavia può solo continuare a guardare avanti – continua Crowley – l’amore in questa storia è una forza reale che potenzialmente può essere distruttiva o liberatoria a seconda di dove vada a colpire”.
Al centro di tutto lei, Eilis. Con il suo lieve umorismo mordace, la sua perspicacia e la sua passione crescente. Eilis arriva in America come un’umile, seppur molto competente, ragazza solitaria in procinto di subire una profonda trasformazione personale. Del suo personaggio, Colm Tóibín dice: “penso che nel libro stessi cercando di costruire un personaggio senza troppi complessi; non una di quelle ragazze che passano il proprio tempo a guardarsi allo specchio o sono sfacciate, ma una di quelle che provano dei sentimenti forti e talvolta sono un po’ testarde”. Eilis è amata da tutti, ovunque vada: “ma non sa bene da cosa questo dipenda, non lo fa di proposito, in un certo senso è più contenta di stare nell’ombra… quindi per me era un personaggio ancora più interessante perché, anche se non le veniva spontaneo di farsi valere, alla fine del libro ha tutto in pugno. Si fa strada nel mondo in modo impressionante, ma mai eclatante”.
A vestire i suoi panni l’attrice irlandese Saoirse Ronan: “l’ho sentita mia perché parlava della mia gente, era il viaggio che i miei genitori avevano fatto negli anni ‘80; si sono trasferiti a New York e hanno passato le stesse cose, anche se in un’epoca differente. L’ostacolo più grande che si può incontrare nella vita è lasciarsi alle spalle la sicurezza della propria famiglia e dei propri amici per andare incontro a qualcosa di nuovo”. La confusione che provava Eilis nell’essere divisa tra due mondi colpì particolarmente la Ronan. Continua: “Sono proprio irlandese per certi versi, ma ho anche una sensibilità da americana, dato che sono nata a New York. Credo che ciò abbia reso la storia ancora più emozionante ai miei occhi, perché ho un forte legame con entrambi i paesi, proprio come Eilis”.
L’attrice continua a descriverla così: “Eilis affronta cose tipiche di tutti gli esseri umani: il dolore, le relazioni, il lavoro, il rapporto con i genitori, l’indipendenza, ma io ne ho apprezzato le sottigliezze“. La sfida per Saorsie Ronan consisteva nel fatto che si possono leggere molte cose dentro l’esperienza di Eilis e il suo personaggio può essere interpretato in molti modi diversi: “si trattava anche di equilibrare la drammaticità delle circostanze della vita con l’umorismo che le persone usano per gestirla, una cosa che gli irlandesi fanno terribilmente spesso: usiamo l’umorismo per affrontare la vita e la morte, quindi si trattava di bilanciare tutto ciò”.
La Ronan è rimasta intrigata dall’improvviso cambio d’umore e di prospettiva di Eilis quando ritorna in Irlanda molto più consapevole di sé: “adesso ha quest’altra vita di cui la gente di Enniscorthy non sa niente, ma non appena torna indietro è come se ricadesse negli schemi della sua vita precedente permettendo di nuovo agli altri di dirle cosa fare. La differenza è che adesso ne è consapevole, mentre prima non lo era. Non so se in un caso come questo uno saprà mai se ha fatto la scelta giusta. Non penso che Eilis lo saprà mai. Ma questo fa parte della bellezza della sua storia”.
Il cardine della pellicola per la Ronan risiede nel ridefinire il concetto di casa: “quando ti trasferisci lontano, senti così tanta nostalgia di casa che vorresti morire, non puoi farci nulla, a parte resistere; ciò però non ti ucciderà, e un giorno il sole sorgerà e capirai che la tua vita è in quel posto. Eilis necessita di intraprendere questo viaggio incredibilmente felice, straziante, emozionante e spaventoso per poter scegliere dove vuole stare veramente. Il rapporto con la propria casa è un qualcosa che ci portiamo dietro quando nella vita ci trasferiamo in posti diversi e sopportiamo diverse situazioni. Il trucco sta nel portarlo con noi senza lasciare che ci affossi”.
“Ciò la faceva sentire in modo strano, come se esistessero due persone in lei: una aveva lottato contro due inverni gelidi e molti giorni difficili a Brooklyn, e lì si era innamorata; l’altra era la figlia di sua madre, la Eilis che tutti conoscevano, o che pensavano di conoscere”
Colm Tóibín, Brooklyn