Oltre a Bozzetto Non Troppo, sono altri due i documentari italiani che verranno presentati oggi a Venezia. Il primo di cui vi parliamo è Our War ed è stato diretto da Bruno Chiaravalloti, Claudio Jampaglia e Benedetta Argentieri. Verrà presentato Fuori Concorso.
Dal 2013 più di trentamila combattenti da tutto il mondo hanno raggiunto le truppe dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh) in Siria. Contro di essi combattono, nelle file dello YPG (Unità di Protezione Popolare) del Rojava – nella Regione Nord della Siria, a prevalenza curda – alcune centinaia di occidentali. Questa è la storia di tre loro: un ex marine statunitense, un attivista politico italiano, una guardia del corpo svedese. Ventenni che hanno lasciato la loro casa per combattere l’Isis a fianco dei curdi, perdendo compagni, scoprendo una dimensione umana e politica del conflitto e cambiando irrimediabilmente la loro vita.
Le immagini dei protagonisti nel teatro di guerra più difficile e significativo degli ultimi decenni si intrecciano con la loro quotidianità una volta tornati in patria – in USA, in Svezia e in Italia – esplorando i motivi più intimi che hanno mosso questi giovani, e il loro desiderio di tornare a combattere una guerra solo apparentemente lontana, che continua a espandersi in Europa.
Come si racconta una guerra da casa? Come raccontare dalle foto, dai resoconti e dai video di chi ritorna da un inferno di sabbia e proiettili umanamente trasformato dall’incontro con compagni d’armi e dal rischio della morte? È da queste domande che sono partiti i tre registi: “ancora ci interroga sul senso e sulla direzione del nostro racconto, con rispetto per le persone coinvolte, senza rinunciare a un punto di vista che ci porti a capire, attraverso i nostri protagonisti, cosa significa combattere, altrove, per qualcosa che ci riguarda”.
A chiudere invece le Giornate degli Autori è, sempre Fuori Concorso, Ombre dal Fondo di Paola Piacenza. Al centro dell’immagine c’è Domenico Quirico, inviato del quotidiano La Stampa, rapito in Siria l’8 aprile 2013 e liberato dopo 152 giorni di prigionia, rievoca il percorso di una vita spesa a collezionare frammenti di vite altrui e ridiscende nel pozzo in cui il suo destino si fonde a quello dei protagonisti dei suoi racconti. La parola del reporter, che costruisce il tessuto narrativo del film, si coniuga all’azione. Lungo il fronte russoucraino, prima e infine nel viaggio di ritorno verso il luogo «dove tutto è cominciato e tutto è finito»: in Siria. Perché «il ritorno non è a casa, il ritorno è qui».
«Ho pensato a Domenico Quirico come voce e volto di questo film quando era prigioniero in Siria – spiega Paola Piacenza – e non ho smesso di farlo quando è stato liberato”. La personalità di Quirico è unica nel giornalismo italiano: “la qualità del suo racconto, la profondità della sua partecipazione, vanno oltre il valore informativo degli articoli pubblicati sul giornale. Quirico è al cento per cento giornalista perché ha sposato l’etica della professione e i modi di investigazione che le sono propri, ma è soprattutto un indagatore della condizione umana”.