160 anni fa (15 gennaio 1858) ad Arco nasceva uno degli artisti italiani più particolari ed unici di sempre, Giovanni Segantini. Su di lui, la sua anima inquieta e la sua indiscutibile arte poetica, sono stati realizzati due bellissimi docufilm che oggi ripercorreremo insieme.
«Ho oltrepassato l’infinita pianura della tristezza, dove alla luce del sole e al buio si mescolano tutte le passioni umane. Ho visto fiori piangere e lombrichi ridere. Sì, ho vissuto senza vegetare, ho veramente vissuto».
Giovanni Segantini
Magia Della Luce
Giovanni Segantini – Magia della Luce: è questo il titolo del docu-film di Christian Labhart – uscito al cinema nell’ottobre 2016 con Lab80 film – su una delle figure più carismatiche della pittura europea di fine Ottocento.
Pittore, anarchico, emarginato, clandestino, Giovanni Segantini è riuscito a creare opere monumentali che celebrano un’immagine allo stesso tempo reale e ideale della natura e del paesaggio alpino. Nel corso della sua vita è salito sempre più in alto alla ricerca di una luce sempre più pura e la morte l’ha colto a soli quarantuno anni proprio sulle montagne dell’Engadina, a 2700 metri.
Il film è un prezioso, appassionante e rigoroso ritratto del maestro di origini trentine. Il regista Christian Labhart evita il facile bozzetto e fa riemergere la figura dell’artista dalle lettere e dai diari, affidando i testi nella versione tedesca alla voce di Bruno Ganz e nella versione italiana a quella dell’attore ticinese Teco Celio.
Ecco di seguito le note di regia di Christian Labhart.
“Perché Segantini? Amo i suoi quadri, sono commosso dalla malinconia silenziosa di un mondo semplice, quasi addormentato: pecore, montagne, pastori, la vita quotidiana, i lutti. Segantini cerca una spiritualità universale attraverso la natura, gli animali e gli esseri umani. Per i suoi quadri sceglie i temi fondamentali della vita: la madre, l’amore, l’eros, la sconfitta, la natura, la morte. La vita di Segantini mi ha attratto quanto le sue opere: scrive testi per il partito socialista, convive con la moglie e quattro figli, non paga imposte o affitto.
Orfano a sei anni, finì in riformatorio a Milano, da dove fuggì. Ebbe per un breve tempo uno studio a Milano, ma presto si trasferì nella luce delle montagne svizzere. Si spinse sempre più in alto, per dipingere dal vero: portò le tele a 2500 metri, lavorando in qualsiasi condizione atmosferica. La morte colse Segantini a quarantuno anni proprio in alta quota, in una baita dove viveva quando dipingeva, per un malore che a valle sarebbe stato curabile. Fece portare il letto alla finestra: «voglio vedere le mie montagne» sono le sue ultime parole”.
“Da anni studio Segantini. Ho visitato i luoghi dove ha vissuto e costruito le sue tele a cielo aperto. Ho letto quasi tutto ciò che è stato scritto su di lui. Poi ho scoperto i suoi scritti autobiografici e le lettere. La riflessione su questi testi mi ha ancora di più avvicinato al sentire di Segantini. Mi sono aperto a nuove modalità cinematografiche, mi sono liberato dalla necessità dell’interpretazione forzata, ho deciso di lasciare parlare il protagonista: i suoi scritti illuminano al meglio la sua profonda personalità. Questo rifiuto di una narrazione convenzionale mi ha aperto nuove prospettive formali, in una ricerca del rigore nella libertà espressiva”.
Ritorno Alla Natura
Dopo essersi aggiudicato il Premio del Pubblico della sezione Arte al Biografilm Festival di Bologna, solo il 17 e il 18 gennaio del 2017 uscì al cinema Segantini, Ritorno alla Natura, il film diretto da Francesco Fei che vide la partecipazione speciale di Filippo Timi.
Eccentrico, solitario, un “orso di montagna” capace di sentire nel profondo la forza magnetica delle Alpi ma anche l’energia pulsante racchiusa nelle grandi città ottocentesche. Giovanni Segantini è stato uno dei più grandi divisionisti italiani, un pittore straordinario dal carattere selvaggio e irruento eppure poetico, aggraziato, scrupoloso.
A due anni dalla mostra milanese di Palazzo Reale, che ha celebrato l’impressionante bellezza della sua opera troppo a lungo trascurata raccogliendo oltre 200 mila visitatori in 4 mesi, con Ritorno alla Natura ora sarà il grande schermo ad omaggiare uno dei pittori più importanti dell’Ottocento italiano, in perenne oscillazione tra divisionismo e simbolismo. Il docu-film ci fa scoprire la sua innata capacità di sentire la natura come fonte d’ispirazione artistica e spirituale guidandoci attraverso opere come La Ragazza che Fa la Calza della Kunsthaus di Zurigo, Le Due Madri, L’Amore alla Fonte della Vita e L’Angelo della Vita della Galleria d’Arte Moderna di Milano, Mezzogiorno sulle Alpi e il celebre Trittico della Natura custodito a St. Moritz.
Nato ad Arco di Trento, di umili origini e con un tortuoso percorso di vita, Segantini è riuscito a diventare uno dei pittori più autentici dell’Ottocento italiano, pur spegnendosi ad appena 41 anni. Attraverso le strade, i borghi, le valli e i paesaggi alpini che segnarono l’opera e l’anima di un artista capace di colpire anche Vasilij Kandinskij (che, confrontandolo con Rossetti e Böcklin, disse che Segantini, pur sembrando il più materiale dei tre, “adottò forme naturali definite, elaborate fin nei minimi particolari e (…) seppe creare figure astratte. Per questo, forse, è interiormente il meno materiale”), il documentario restituirà il ritratto di un uomo complesso, ricostruendo gli scenari della sua vita, mostrandone le opere, i colori e le scelte artistiche e interrogandosi su pensieri e ricordi di chi ha conosciuto e studiato a fondo il pittore trentino.
L’interpretazione di Filippo Timi, che dà voce e volto a Segantini in alcune ricostruzioni storiche realizzate appositamente per questo film, mostrerà l’intensità delle lettere autografe del pittore e del suo sentire. Tra gli interventi d’eccezione, anche quello della nipote Gioconda Segantini, di Annie-Paul Quinsac, massima esperta dell’arte segantiniana, di Franco Marrocco, direttore dell’Accademia di Brera e di Romano Turrini, storico di Arco.
Sul suo film, il regista Francesco Fei spiega: “nei dipinti di Segantini si percepisce l’energia della natura nella sua più intima essenza e la presenza dell’uomo è colta nel confronto totalizzante con essa. Il suo messaggio è al tempo stesso classico ed estremamente contemporaneo. Anche la vita di Segantini possiede la medesima potenza, lo stesso fascino. Nato poverissimo, orfano a cinque anni, analfabeta, rinchiuso in un riformatorio a dieci, apolide per tutta la vita, riuscì, con la sua volontà e le sue capacità, a diventare uno dei pittori per importanti del simbolismo europeo. Inoltre con la sua compagna, Bice Bugatti, diede vita ad una storia bellissima d’amore; come si legge nel piccolo cimitero di Maloja, dove riposano per sempre insieme, «arte e amore vincono il tempo»”.