Presentato in anteprima al 35° Torino Film Festival, giovedì 8 febbraio esce al cinema Final Portrait – L’Arte di Essere Amici, il film scritto e diretto da Stanley Tucci tratto da Un Ritratto di Giacometti, l’autobiografia di James Lord. Il film parla dell’amicizia tra l’artista Alberto Giacometti e lo stesso Lord, rispettivamente interpretati da Geoffrey Rush e Armie Hammer.
La storia
Nel 1964, durante un breve viaggio a Parigi, lo scrittore americano e appassionato d’arte James Lord (Armie Hammer) incontra il suo amico Alberto Giacometti (Geoffrey Rush), un pittore di fama internazionale, che gli chiede di posare per lui. Le sedute, gli assicura Giacometti, dureranno solo qualche giorno. Lusingato e incuriosito, Lord accetta. Non è solo l’inizio di un’amicizia insolita e toccante, ma anche – visto attraverso gli occhi di Lord – di un viaggio illuminante nella bellezza, la frustrazione, la profondità e, a volte, il vero e proprio caos del processo artistico.
Final Portrait è l’affascinante ritratto di un genio e la storia di un’amicizia tra due uomini profondamente diversi, eppure uniti da un atto creativo in costante evoluzione. Il film racconta anche le difficoltà del processo artistico – a tratti esaltante, a tratti esasperante e sconcertante – chiedendosi se il talento di un grande artista sia un dono o una maledizione.
Un Ritratto di Giacometti
Stanley Tucci ha tratto la sceneggiatura del film da Un Ritratto di Giacometti, un romanzo autobiografico di James Lord. Un testo che racconta l’ultimo incontro tra Alberto Giacometti e James Lord, un giovane e facoltoso americano che aveva fatto amicizia con l’artista, già avanti con gli anni, durante una delle sue frequenti visite a Parigi. I due erano amici da più di dieci anni quando Giacometti chiese a Lord di posare per quello che sarebbe diventato il suo ultimo ritratto. Giacometti gli promise che sarebbe stato un lavoro di un pomeriggio: in realtà, il ritratto richiese 18 lunghe e tormentate sedute. Il lavoro terminò solo quando Lord disse a Giacometti che non poteva più né aggiungere né togliere niente a quel dipinto. Giacometti regalò il ritratto a Lord come gli aveva promesso. Voleva dipingerne un altro, ma morì due anni dopo: i due uomini non si sarebbero mai più incontrati. Il dipinto fu venduto nel 1990 per oltre 20 milioni di dollari.
Non è il solito biopic
“Non sono un grande appassionato di biopic – racconta Stanley Tucci – non ho mai capito come si possa comprimere la vita di qualcuno in un’ora e mezza o due. Alla fine, ne viene fuori un susseguirsi di eventi, mentre questo è un film incentrato sui personaggi”. Così Tucci ha deciso di raccontare Giacometti, artista e persona, concentrandosi su un arco di tempo circoscritto: “ho scelto alcuni eventi ed esperienze della vita di Giacometti e li ho collocati in queste due settimane per creare un microcosmo che rispecchiasse quello che l’artista era dentro e fuori del suo studio”.
Il processo creativo
Ovviamente la spinta più grande per Stanley Tucci è stata quella di essere un grande appassionato del lavoro di Giacometti: “lo sono sempre stato. A un certo punto ho cominciato a leggere di tutto su di lui, compreso il libro da cui è tratto questo film: saranno più di vent’anni che me lo porto dietro”. L’attore, che ha scritto questo film oltre dieci anni fa, era in particolar modo interessato al processo creativo: “perché un artista fa quello che fa, il rapporto col suo lavoro e con la società. È un processo che Lord e Giacometti raccontano molto bene in questo libretto, senza ombra di dubbio uno dei migliori mai scritti sul tema. Dovrebbe essere la Bibbia di chiunque lavori in campo artistico”. Per questo definisce Giacometti come “uno degli artisti più colti del suo tempo. Ed era anche molto spiritoso e dotato di un gran senso dell’umorismo”.
Arte e Cinema
Arte e cinema, due aspetti che Tucci mette a confronto: “quando crei qualcosa – un film, una sceneggiatura o un quadro – è normale avere dei ripensamenti: è una cosa del tutto comprensibile. Ma a un certo punto devi riuscire a mettere un punto e voltare pagina. La cosa buona della pittura è che puoi sempre tornare sui tuoi passi per modificare e correggere l’opera. Un aspetto che mi affascina della pittura è proprio questo sentimento di costante insoddisfazione che l’accompagna”.
Una creatività incessante
Nel ruolo di Giacometti c’è un come sempre eccezionale Geoffrey Rush: “Giacometti era uno che negava completamente quella che oggi conosciamo come ‘cultura della celebrità’ – spiega l’attore – come artista, sapeva di avere impulsi maniacali, ma non poteva fare a meno di perseguirli, per una questione di sopravvivenza, non di egoismo o malvagità”. Ma l’obiettivo principale per Stanley Tucci è che, guardando il film, “il pubblico scopra qualcosa di più di Giacometti e del processo creativo. E che capisca che anche se un artista prende molto sul serio il suo lavoro, c’è sempre qualcosa di ironico e paradossale nel processo creativo. È un processo che non si ferma mai”.
“Lasciate perdere le questioni metafisiche e esistenziali: sto solo pasticciando col gesso, mi trastullo con la creta. Non so dove sto andando. Mi limito a giocare, finché a un certo punto non viene fuori qualcosa”.
Alberto Giacometti