Il 29 agosto al cinema arriva l’attesissimo Don’t Worry, il nuovo film d’autore firmato da Gus Van Sant che vede all’opera un grande cast capitanato da: Joaquin Phoenix, Jonah Hill, Rooney Mara e Jack Black. Tratto da una storia vera, questo emozionante, arguto e divertente dramma sul potere curativo dell’arte è basato sull’autobiografia di John Callahan.
John Callahan (Joaquin Phoenix) è una specie di scansafatiche che vive a Portland. Il giorno prima di perdere definitivamente l’uso delle gambe, John si sveglia privo dei postumi di una sbornia, ma solamente perché è ancora sbronzo dalla notte precedente. Quella notte, ad una festa alquanto scatenata conosce il perfetto compagno di bevute (Jack Black), che lo convince ad andare a una festa ancora più folle. Ma il suo nuovo amico si addormenta al volante e John si risveglia costretto su una sedia a rotelle, e avendo perso l’uso parziale delle braccia.
Anche se, inizialmente, non ha alcuna intenzione di rimanere sobrio, partecipa controvoglia a degli incontri in 12 fasi condotti da uno carismatico e appassionato sponsor di nome Donnie (Jonah Hill). Allo stesso tempo, riallaccia i rapporti con Annu (Rooney Mara), una terapista che aveva conosciuto in ospedale. Grazie al loro incoraggiamento, John si rende conto che l’amore non è al di fuori della sua portata e inizia a scoprire un talento nascosto per il disegno. Comincia così a canalizzare la sua giocosa personalità in vignette salaci, sboccate, politicamente scorrette, e spesso anche divertenti, che gli fanno ottenere un vasto seguito a livello internazionale.
L’idea di trarre un film dalla straordinaria storia del vignettista John Callahan venne in mente a Gus Van Sant per la prima volta, circa 20 anni fa, quando ricevette l’offerta di dirigere la pellicola dal compianto Robin Williams. L’attore – che aveva lavorato con Van Sant nel film drammatico candidato agli Oscar, Will Hunting Genio Ribelle – aveva, infatti, comprato i diritti del memoir scritto da Callahan, intitolato Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot. L’attore era interessato a produrre il film e a interpretare il ruolo di questo pittoresco personaggio di Portland, e voleva che Van Sant scrivesse la sceneggiatura e dirigesse il film.
“Conoscevo John come una figura celebre degli anni ‘80 di Portland – spiega Van Sant – le sue vignette apparivano su un nostro giornale locale, il Willamette Week, e anche altrove. A quei tempi avevo appena iniziato a girare Drugstore Cowboy. Quindi eravamo entrambi due artisti che cercavano di farsi strada nel mondo, anche se poi lui è diventato famoso diversi anni prima di me”.
Robin Williams, che nel 1994 aveva acquistato l’opzione dei diritti del libro di Callahan, desiderava interpretare questo ruolo, in parte, anche per rendere omaggio al suo amico, l’attore Christopher Reeve, che era rimasto paralizzato in seguito a una caduta da cavallo. “Callahan gli piaceva anche perché era una specie di mattacchione, una sorta di comico delle vignette”, racconta Van Sant. Van Sant ha collaborato con diversi co-sceneggiatori nel corso degli anni ‘90 e 2000, sviluppando numerose versioni della sceneggiatura, ma poi il film non è mai decollato. “Credo che gli studios facessero fatica a comprendere il progetto”, racconta. “Ma per tutti quegli anni, abbiamo continuato a frequentare John Callahan e abbiamo imparato molto su di lui e sulla sua vita”.
Nel 2014, dopo la morte di Williams, Van Sant decise di fare un altro tentativo riscrivendo la sceneggiatura, questa volta attenendosi più fedelmente al libro: “nelle versioni precedenti dell’adattamento ci eravamo presi molte libertà e il film sarebbe stato molto più stravagante del libro, forse perché Robin avrebbe interpretato Callahan. Credo anche che cercassimo di conformarci troppo alla sua vita. Ma il libro è molto potente e, alla fine, mi sono concentrato principalmente su uno solo dei capitoli, quello che parla del tentativo di John di guarire dall’alcolismo”.
Avendo fatto molte interviste a Callahan, Van Sant ha avuto modo d’inserire nella sceneggiatura molti dettagli che il vignettista gli aveva raccontato e che non erano contenuti nel libro. Molte delle storie raccontate da Callahan riguardavano Donnie, un carismatico e appassionato sponsor “che sfoggia un look alla Tom Petty” e che è stato essenziale nell’aiutare Callahan a cambiare stile di vita. “In seguito, ci siamo resi conto che John spesso era stato piuttosto fantasioso, sia nel libro che nelle storie che ci aveva raccontato”, rivela il cineasta. “Tendeva ad esagerare le cose. Non era facile capire se stesse raccontando i fatti come erano veramente accaduti o se li stesse inventando. E non gl’importava, perché lui è un artista”.
Van Sant ha basato diversi suoi film su personaggi noti di Portland, sua città adottiva per molti anni. Secondo lui, Callahan, che è morto nel 2010 a 59 anni, era un altro di quegli emozionanti protagonisti. “Era molto famoso. Viveva nella zona a Nordovest della città quando non era ancora così costosa come lo è adesso”, spiega. “Era la zona della classe operaia; ci vivevano moltissimi punk, perché si poteva affittare una casa per 400 dollari al mese e ci si poteva stare in tanti. Lo vedevi spesso sfrecciare sulla sua sedia a rotelle sul marciapiede sotto alla pioggia, con i suoi capelli rossi che sventolavano”.
Van Sant riconosce in Callahan un tratto che secondo lui è comune a tutti gli artisti. “A volte, a un certo punto della loro vita, gli artisti iniziano a fare qualcosa e non smettono più di farla”, osserva Gus Van Sant. “Che sia la composizione floreale o la cucina o fare un film, non riescono più a smettere. È proprio questa loro ossessione che li rende degli artisti. Nel caso di John non riusciva a smettere di disegnare vignette. È diventata la sua principale ragione di vita, e non capiva come mai tutti gli esseri umani non fossero dei vignettisti. Per lui esisteva solo quello, sempre”.