Giovedì 8 novembre, alle ore 2o, al Cinema Italia di Ancona ci sarà l’anteprima di Malerba, l’opera prima dal trenteenne regista Simone Corallini che ha come principali interpreti Luca Guastini, Antonio De Matteo e Manuela Parodi. La pellicola, realizzata da Guasco, è stata selezionata al WAG Festival da una giuria di giovani under 30, e ha vinto al Not Film Fest di Santarcangelo di Romagna un premio per il maggior potenziale di distribuzione all’estero, assegnato da Alessandro Masi, distributore internazionale della Flexymovies di Los Angeles.
Il film
Scritto e sceneggiato da Davide Galatolo (un italiano che vive in Austriaco), Malerba racconta una storia particolare che diventa specchio e metafora dell’angosciante presente che stiamo vivendo, sempre più orientato all’isolamento e alla paura dell’altro, in particolar modo, del diverso. In un piccolo paesino di provincia vediamo la situazione nella quale vivono due fratelli, Orazio (Antonio De Matteo) e Gabriele (Luca Guastini), segnati su viso e corpo da una rara malattia neurocutanea, la Neurofibromatosi.
I loro volti, tumefatti e raccapriccianti, sono la stessa maschera di due caratteri opposti: Orazio è un inquietante e tenebroso macellaio mentre Gabriele un timido e fragile impiegato. Quei segni sui loro visi provocano reazioni opposte nei due, rendendo complesso e (inevitabilmente) difficile il rapporto con gli altri. Tutto cambierà con l’arrivo di Arianna (Manuela Parodi), una nuova collega di Gabriele. Sarà lei a spezzare quel legame tossico e simbiotico tra i fratelli, svelandone la carica distruttiva che metterà in pericolo la vita di tutti.
La diversità
“La parola diversità è diventata parte del nostro vissuto quotidiano, dall’omosessualità al colore della pelle. Ma questa parola abbraccia tantissime piccole sfumature e la nostra storia parla proprio di questi lampi di luce“. Parole del regista Simone Corallini che, da amante del genere horror, ha deciso di trattare il tema della diversità da una prospettiva inedita e inquietante. Malerba è un thriller nero, dominato da ambientazioni tetre e notturne che rappresentano il buio dell’umanità. E sono proprio questi i temi che Corallini ha voluto indagare: il diverso, l’aspetto esteriore, il contatto umano.
Orazio e Gabriele, segnati dalla neurofibromatosi (una sindrome neurocutanea invalidante che colpisce anche la pelle), reagiscono in modo totalmente opposto mostrando simbolicamente la complessità del vivere in società e del rapportarsi con gli altri. Corallini spiega: “ho deciso di accentuare, nella figura inquietante e tenebrosa di Orazio, la presenza della malattia, che al contrario ha un impatto meno invasivo ma altrettanto sgradevole nel personaggio timido e fragile di Gabriele. Non volevo creare due mostri rischiando di banalizzare la complessità di queste due figure“. Per il regista la diversità è un tema complesso: “non si tratta solamente di colore della pelle, religione o cultura, che fanno parte della macrosfera, ma di quei fattori posti all’interno della sottile linea della microsfera, dove possiamo trovare persone affette da patologie rare ancora poco conosciute e per questo emarginate“.
Chi sono i veri mostri?
In una società dominata da selfie e immagini del sé sempre più costruite, finte e stereotipate, la relazione e l’approccio con chi è diverso rispetto ad un canone estetico e fisico sembra creare per forza un conflitto. Per Corallini si tratta di “un atteggiamento innaturale e falsato, dove la nostra coscienza avrà sempre uno sguardo diverso nei loro confronti, anche se stiamo parlando di quella famosa linea sottile quasi impercettibile“. Malerba indaga così le reazioni al diverso di una società sempre più chiusa e rimbecillita: “volevo studiare quella paura che crea una cortina di ferro e diventa filo spinato – conclude Corallini – e volevo parlare dei confini invalicabili tra uomini e dei mostri, questa volta sì, che possono generare“.