Dal regista Cedric Jimenez, giovedì 24 gennaio arriva al cinema L’Uomo Dal Cuore di Ferro, una storia incentrata su Reinhard Heydrich, una delle figure più oscure e temibili del regime Nazista e sugli uomini e le donne della Resistenza Cecoslovacca che con immenso coraggio cercarono di eliminarlo. Nel cast Jason Clarke, Rosamund Pike, Jack O’Connell, Jack Reynor e Mia Wasikowska. Tratto dal romanzo HHhH di Laurent Binet, il film è stato scritto a quattro mani da Audrey Diwan e David Farre.
Il film
L’Uomo Dal Cuore di Ferro è la storia dell’inarrestabile ascesa di Reinhard Heydrich (Jason Clarke) e del suo assassinio. Freddo e implacabile, Heydrich fu uno dei massimi esponenti della dirigenza Nazista e principale artefice della “soluzione finale”. Accanto a lui sua moglie Lina, (Rosamund Pike) che lo introdusse all’ideologia Nazista e gli fu accanto negli anni della sua ascesa. Tuttavia, un piccolo gruppo di combattenti della Resistenza Ceca in esilio, addestrati dagli Inglesi e guidati dal governo Cecoslovacco, tentò di fermare “l’inarrestabile”. Heydrich fu ferito a morte durante un’azione dei paracadutisti capitanata da Jan Kubis e Jozef Gabcik, mentre con la colonna di mezzi militari stava attraversando Praga. Reinhard Heydrich fu il più alto ufficiale di rango Nazista ad essere ucciso durante la Seconda Guerra Mondiale.
HHhH di Laurent Binet
Il film è tratto da HHhH di Laurent Binet: il titolo è l’acronimo di “Himmler’s Hirn heißt Heydrich” che tradotto significa “Il cervello di Himmler si chiama Heydrich” e si riferisce ad una battuta che circolava in Germania a quei tempi. Era infatti convinzione comune tra gli adepti del Terzo Reich, che l’eminenza grigia dietro Hienrich Hammler, Reichfhurer delle SS, fosse in realtà Heydrich capo dell’Ufficio Centrale per la sicurezza del Reich e ideatore della “Soluzione Finale”, ossia il piano di liberare l’Europa dagli Ebrei. Come nel romanzo, il film ripercorre i momenti precedenti l’agguato a Reinhard Heydrich, l’ideatore della soluzione finale ed unico ufficiale Nazista di alto livello, ucciso durante la Seconda Guerra Mondiale, un evento che è passato alla storia come la prima breccia al potere Nazista e che portò successivamente alla disfatta del Terzo Reich.
Un inno al coraggio
La storia è basata sull’idea stessa di resistenza, ed è un inno al coraggio di un piccolo gruppo di giovani Cecoslovacchi che portò a termine una missione impossibile. Jan e Josef, gli eroi di questa “epica” impresa, erano ben consapevoli dei rischi che correvano e sapevano di dover sacrificare la propria vita per perseguire i propri ideali, ma avevano deciso di porre l’interesse altrui al di sopra del proprio. I momenti culminanti della storia si sviluppano intorno a personaggi estremi, buoni o cattivi che siano. Josef e Jan sono due uomini coraggiosi e patriottici che rifiutano di accettare le barbarie in atto in quegli anni bui e la loro amicizia costituisce il pilastro portante di questa storia. Combattono insieme, fianco a fianco, contro la mostruosità e l’assurdità di quella guerra.
Una figura incombente
Dall’altro capo di questa storia c’è l’incombente figura di Heydrich, un ex ufficiale militare che si unisce al partito Nazista diventando il più terribile di loro: la struttura narrativa del film separa questi due diversi percorsi, permettendoci di seguire anche la sua ascesa al potere. Accanto a lui c’è sua moglie Lina, appartenente ad una famiglia aristocratica ma che non godendo più di quel titolo nobiliare, è in cerca di riscatto. Mentre la formidabile ombra di Heydrich cresce e prende forma, la pressione del pericolo si fa sempre più forte tra le maglie della Resistenza, andando a rafforzare anche il sentimento di urgenza e improrogabilità della missione stessa; qualcuno deve sacrificare la propria vita per fermare il “Macellaio di Praga”.
Un incubo senza senso
La struttura unica della sceneggiatura permette di penetrare perfettamente nelle traiettorie di vita dei tre personaggi principali, offrendo una visione caleidoscopica di questo allucinante e tragico momento storico. “Quello che ho amato di questa storia è stato il significato storico dell’ascesa di un grande ufficiale Nazista di alto livello, e cosa abbia significato tutto questo nei successivi tragici accadimenti – racconta Jimenez – quello che spesso mi domando è come sia potuto accadere. Come è potuto accadere qualcosa di così folle? Ce può la gente sbagliare così tanto in termini di ideologia politica o indottrinamento? Pensiamo alla Seconda Guerra Mondiale come a un incubo, ma è stato un vero incubo. E tutti vorremmo dare delle risposte a queste domande, ma nessuno può farlo”.
Il sacrificio degli eroi
Il potere del libro risiede nella divisione della storia tra l’ascesa di Heydrich e in contrapposizione, sullo sfondo, il gruppo di combattenti della Resistenza ceca che ha portato alla sua fine. “Al centro di questa storia c’è il tema del sacrificio che questi ragazzi hanno dovuto affrontare – aggiunge Jimenez – penso che sia un sacrificio impressionante, perché è così difficile attuarlo consapevolmente. Questi due aspetti della storia sono molto importanti per me, perché mostrano da una parte l’evoluzione del male e, dall’altra parte, troviamo in contrapposizione l’altruismo e la bontà; in entrambi i casi si tratta di cambiare il mondo. I Nazisti volevano cambiare il mondo a loro immagine, mentre la Resistenza voleva ripristinare il mondo e ristabilire l’ordine preesistente delle cose”.
Heydrich, l’uomo dal cuore di ferro
La vita di Reinhard Heydrich è stata raccontata in precedenza, come molte storie sulla Seconda Guerra mondiale, ma il suo nome è sconosciuto alla maggior parte delle persone. Jimenez crede che sia perché è stato ucciso nel 1942, mentre Hitler, Himmler e Goebbels sono sopravvissuti fino alla fine della Guerra. Tuttavia, l’assassinio di Heydrich è stato un punto focale, una svolta che ha segnato l’inizio della destabilizzazione del regime Nazista. Il soprannome che Hitler aveva coniato per Heydrich era “l’uomo con il cuore di ferro”; ed era una definizione affettuosa nella mente contorta di Hitler. Heydrich, fu responsabile di alcune delle atrocità più ripugnanti commesse dalla Germania nazista, e fu determinante nell’organizzazione della Kristallnacht, una serie di attacchi coordinati contro gli ebrei tedeschi che preannunciarono l’Olocausto. Era direttamente responsabile dell’Einsatzgruppen, una task force speciale che viaggiava sulla scia degli eserciti tedeschi e che uccise più di 2 milioni di persone.
L’epitome del nazismo
“Era l’epitome del nazismo – nota Jason Clarke, l’attore incaricato di interpretare Heydrich – era l’epitome di ciò che Hitler e i suoi “fratelli” stavano cercando di realizzare, lui fu l’artefice dei peggiori orrori del Nazismo”. Heydrich si unì al partito nazista solo dopo essere stato licenziato dall’esercito tedesco, poco prima che i nazisti prendessero il potere, era un soldato e così la sua espulsione dall’esercito fu, afferma Jimenez, “l’atto chiave nella creazione di un mostro, fu allontanato da qualcosa che faceva parte di lui, e trovò nel movimento Nazista uno sbocco alla sua rabbia. Non doveva essere quello che è diventato. Forse, se fosse rimasto nell’esercito, se non fosse stato licenziato, questo ragazzo non sarebbe mai diventato quello che è diventato. Immaginate quante persone non sarebbero mai state uccise se non fosse stato per lui. Un piccolo evento nella vita di una persona può cambiare il mondo”.
La psiche di un mostro
Per il regista era importante provare a cogliere l’intelligenza e il “genio” di un uomo tanto cattivo: “non voglio perdonare o dimenticare le atrocità commesse da Heydrich, non cerco di umanizzare quell’uomo, ma ho voluto approfondire quello che sappiamo di questo personaggio per cercare di comprenderne la complessa personalità”. La chiave nel racconto della storia di Heydrich è l’influenza che sua moglie, Lina, ha avuto su suo marito. “Egli non fu un grande anti-semita – afferma Jimenez – credeva fermamente che la Germania dovesse essere di nuovo un grande paese, ma sua moglie gli aprì la strada per diventare il mostro che tutti conosciamo, poiché quest’ultima credeva fermamente nel partito Nazista e fece studi politici approfonditi”. Eccoci così all’aspetto più interessante del film: Reinhard Heydrich non sarebbe mai diventato chi è diventato, senza Lina Von Osten.
L’influenza di Lina
Il regista approfondisce questo punto: “Lina avrebbe voluto essere una persona di potere, ma essendo una donna in quel momento storico non le sarebbe stato possibile. In un certo senso ha dovuto vivere indirettamente attraverso il suo uomo. Credo che pensasse al marito come a un burattino da manipolare, un burattino di grande intelligenza”. All’inizio del film la figura di Lina è più forte di quella di Reinhard: “il dramma inizierà a consumarsi nel momento in cui la figura di Reinhard diverrà la più forte all’interno della coppia – continua Jimenez – lei ha voluto creare un mostro, ma quando crei un mostro, puoi pure aspettarti che provi a sbranare anche te. Lina rappresenta l’errore di chi vedeva nel Nazismo una soluzione”. Ad interpretarla è stata Rosamund Pike che ha aggiunto: “abbiamo a che fare con il male, ed è molto importante che tu non faccia di quelle persone dei mostri, perché la parte veramente spaventosa di persone come quelle, è che potrebbero essere chiunque di noi. Più sono umani, più terrificante è”.
Non accettare la brutalità
In conclusione, l’obiettivo del regista Jimenez è che la gente, guardando L’Uomo Dal Cuore di Ferro, comprenda l’importanza degli ideali e il messaggio profondo è quello di non accettare e combattere situazioni intollerabili: “si tratta di non accettare la brutalità, le barbarie, la crudeltà. Spero che attraverso questa intensa storia la gente capisca che alcune situazioni non possono e non devono essere ignorate”.