Giovedì 26 agosto arriva al cinema Falling – Storia Di Un Padre, il primo film diretto dall’attore Viggo Mortensen che pre il suo esordio come sceneggiatore e regista ha scelto di esplorare le fratture e i contrasti di una famiglia contemporanea. Lo stesso Mortensen è uno dei protagonisti del film, affiancato da Lance Henriksen, Viggo Mortensen, Terry Chen, SVerrir Gudnason, Hannah Gross e Laura Linney.
Il film
In Falling, ambientato nell’inverno 2009, John (Viggo Mortensen), è un ex ufficiale dell’aeronautica diventato pilota di voli commerciali che abita a Los Angeles con il suo partner Eric (Terry Chen) e la loro figlia adottiva, Mónica (Gabby Velis). Suo padre, Willis (Lance Henriksen) continua a vivere nel rurale nordest in una grande fattoria isolata dove John e sua sorella Sarah (Laura Linney) sono cresciuti, ma sta attualmente lottando con i primi sintomi della demenza senile. Consapevole del fatto che mandare avanti la fattoria da solo sta diventando sempre più difficile, Willis accetta di andare in California insieme a John per cercare un luogo più consono dove trascorrere la sua pensione. Le differenze tra lo stile di vita e la sensibilità moderni e urbani di John e la mentalità più conservatrice e i pregiudizi radicati in Willis sfociano in un aspro contrasto. Con il dipanarsi della storia, il film alterna piani temporali diversi, portando gradualmente alla luce – attraverso ricordi individuali e condivisi dei due uomini – eventi cruciali che hanno definito il loro complesso rapporto.
L’idea del film
Esistono pochi rapporti fondamentali e complessi come quello tra un genitore e un figlio e pochi eventi tanto destabilizzanti quanto la perdita di un genitore, quando le catene che ti tengono legato alla terra vengono spezzate. È stato in questo riflessivo momento di cambiamento esistenziale che il poliedrico attore, artista, editore e poeta Viggo Mortensen ha iniziato a scrivere la storia che sarebbe poi diventata la sceneggiatura della sua prima regia cinematografica.
Benché non sia un racconto totalmente autobiografico, parlare con Viggo Mortensen di Falling offre uno sguardo atipico e rivelatore di un momento singolare nella vita dell’artista: “l’idea del film mi è venuta in mente in aereo mentre attraversavo l’Atlantico dopo il funerale di mia madre – racconta – non riuscivo a dormire, la mia mente era invasa da echi e immagini di lei e della nostra famiglia in diverse fasi delle nostre vite insieme. Sentendo il bisogno di descriverli, iniziai ad annotare una serie di incidenti e di frammenti di dialogo della mia infanzia che ricordavo. Più scrivevo di mia madre, più pensavo a mio padre. Ad ogni modo, al momento dell’atterraggio le impressioni che mi ero appuntato si erano evolute in un racconto fatto essenzialmente di conversazioni e di momenti che in realtà non erano mai avvenuti, di battute parallele e divergenti che in qualche modo suonavano giuste e che ampliavano la mia prospettiva dei ricordi reali della nostra famiglia che avevo costruito. L’impressione era che quelle sequenze inventate mi permettessero di avvicinarmi alla verità dei mei sentimenti nei confronti di mia madre e di mio padre più di quanto mi avrebbe consentito di fare una semplice enumerazione lineare di specifici ricordi. E così mi sono ritrovato con la storia di un padre e di un figlio che parla di una famiglia di fantasia che ha alcuni tratti in comune con la mia”.
Benché non siano specificamente riferiti all’infanzia e all’adolescenza di Mortensen, alcuni dettagli del film si basano su avvenimenti e conversazioni reali: “mio padre era stato una presenza incontenibile nella vita di mia madre e la loro astiosa separazione quando io avevo 11 anni e i miei fratelli 8 e 6 ha profondamente cambiato tutti e tre noi bambini. L’ombra di nostro padre ha continuato a incombere nella nuova casa che abbiamo creato con nostra madre anni dopo che entrambi si erano rifatti una vita accanto a nuovi partner. Circa nello stesso periodo della morte di mia madre, mio padre iniziò a manifestare i primi sintomi di demenza e a confondermi occasionalmente con suo padre, scivolando ogni tanto nel passato remoto della sua infanzia e adolescenza in Danimarca. Di fatto, entrambi i miei genitori, mio nonno paterno, il mio patrigno e alcune zie e alcuni zii della mia famiglia hanno sofferto varie forme di demenza. È un disturbo complesso e relativamente imprevedibile che ho sperimentato da vicino avendo dovuto assistere diversi famigliari in svariate circostanze”.
Il rapporto Padre-Figlio
Tornando al film, la dinamica del rapporto Padre-Figlio si sviluppa “lungo linee di faglia generazionali e geografiche tra un anziano contadino conservatore e colui che egli considera un eccentrico figlio moralmente debole – continua Viggo Mortensen – è anche il contrasto tra il cuore rurale e centrale degli Stati Uniti e la società urbana progressista dalla Costa Occidentale. Alla fine, i legami affettivi famigliari danneggiati che un tempo li tenevano uniti, e che il racconto rivisita attraverso i loro ricordi soggettivi, li aiuteranno a superare in parte le sofferenze che hanno procurato a se stessi e gli uni agli altri nei decenni trascorsi dall’infanzia di John”. Alla fine del film, nulla è risolto alla perfezione: “non tutti vengono perdonati – conclude l’attore-regista – non tutti trovano un modo per comunicare. Alcuni ci provano e falliscono. Altri non fanno neanche tanti sforzi per tentare. Il modo in cui arrivi all’accettazione e al perdono in questa storia – e forse in quasi tutte le storie – è commettendo errori e ammettendo a volte di avere sbagliato. È così che il padre e il figlio del nostro racconto iniziano a trovare un modo per vedersi”.