Tratto dall’omonimo romanzo semi autobiografico del famoso autore e giornalista tedesco Erich Kästner, pubblicato nel 1931 e in seguito censurato e bruciato dai nazisti, giovedì 18 agosto arriva nelle sale italiane Fabian – Going to the Dogs, il film diretto da Dominik Graf.
Il film
Dopo la laurea, Jakob Fabian (Tom Schilling) si trasferisce a Berlino, agli inizi degli anni Trenta, attratto dal fascino della metropoli. Trova lavoro nel dipartimento pubblicitario di una fabbrica di sigarette, lì passa le giornate, mentre la notte passa il suo tempo tra locali, bordelli e atelier di artisti con il suo facoltoso amico Labude (Albrecht Schuch). A differenza del suo amico, uomo benestante, interessato alla politica e studioso del filosofo Gotthold Ephraim Lessing, Fabian rimane in qualche modo un osservatore distante. Preferisce osservare la situazione in maniera fatalista e con un distacco quasi ironico. Mentre Labude, dopo una tragica rottura con la fidanzata, si getta a capofitto negli eccessi e in passionali incontri di una notte, Fabian incontra Cornelia Battenberg (Saskia Rosendahl), donna bella e sicura di sé. Cornelia è una donna che ha rinunciato al mondo degli uomini e che non è in cerca di nessuna relazione.
Tuttavia, per Fabian lei è come un raggio di luce che illumina la cupa notte di Berlino. Fabian si sente pronto ad avere una visione della vita più positiva, ma proprio in quel momento viene licenziato, rimanendo vittima dell’ondata di licenziamenti che colpisce la nazione. Nel frattempo, Cornelia cede alle avances del suo capo, il produttore cinematografico Makart (Aljoscha Stadelmann), che la corrompe, promettendole una carriera di attrice. Con il cuore spezzato, Fabian la lascia. Si rinchiude ancora di più nel suo pessimismo quando il suo migliore amico Labude si suicida all’improvviso. Fabian fugge da Berlino e torna a casa dai suoi genitori, a Dresda. Passa del tempo, e Fabian ritrova il coraggio per contattare nuovamente Cornelia, che sta sfondando nel mondo del cinema, sempre con Makart che tira le fila di tutto. La scintilla tra di loro non si è mai spenta e i due decidono di incontrarsi al solito pub. Mentre sta andando all’appuntamento, Fabian si ritroverà davanti all’ennesima sfida.
Dominik Graf racconta…
“Il sottotitolo del film, che è il titolo originale del romanzo, è Going to the dogs. Non sarà un titolo particolarmente altisonante, ma descrive perfettamente una situazione senza speranza. Kästner dipinge un ritratto della Berlino della fine degli anni venti, una Berlino di tutti i giorni: nessuna rappresentazione pittoresca del sudiciume urbano, i tumulti politici sono rappresentati ancora come sotto controllo, nessun mondo del crimine rappresentato nello stile di Fritz Lang, e sicuramente non ci sono biografie di artisti espressionisti e nessun tipo di stravaganze. Invece predilige rappresentare i sogni, e forse anche le ambizioni artistiche, della classe media e la disperazione esistenziale della borghesia benestante. I giovani si siedono nei café o negli appartamenti, da soli o in compagnia, bevono, parlano della loro vita sentimentale oppure riflettono sui loro sentimenti. I dialoghi di Kästner sono, come sempre, brillanti, spiritosi, intelligenti e, occasionalmente, anche tristi, profondi e quasi premonitori. Le locations sono tutt’altro che spettacolari”.
“Devono sembrare vere e realistiche anche senza gli sfarzi di alcuni dramma in costume. L’idea è quella di concentrare l’occhio dello spettatore sui personaggi, e sulle loro vicissitudini. L’amore che nasce tra Fabian e Cornelia dovrebbe essere in grado di superare tutti i loro ostacoli, ma, come commentano gli amanti di Marieluise Fleißer nella sua opera teatrale Purgatorio ad Ingolstadt, “Se vuoi l’amore, hai bisogno di soldi”. Ciò è vero specialmente per i giovani, soprattutto in situazioni di crisi economica come in questo caso. Mantenere viva la fiamma dell’amore richiede numerosi sforzi. E questi sforzi spesso esigono un prezzo da pagare, in animi feriti, frustrazioni e una crescente sfiducia tra i due innamorati. E poi si ritorna ai bar, ai bordelli spacciati per “atelier”, una via veloce per l’autodistruzione. Questi sogni infranti hanno bisogno di fuggire in un modo o nell’altro”.
“Fabian, così come il romanzo omonimo, non ha una vera e propria trama. “Finalmente! Magnifico!” ho pensato. Una storia dei suoi tempi, una storia di amore, perdita, e nient’altro. Fabian è in contraddizione con se stesso. Vorrebbe fare lo scrittore, ma è un revisore. Anche quando l’amore lo travolge come un’onda, lui ha ormai perso le speranze, ed è in Guerra con se stesso, con il periodo storico in cui vive. È scettico, intelligente, è un po’ burbero, ma sotto sotto ha il cuore tenero“.