Dopo la presentazione in anteprima all’ultimo Festival del Film di Locarno, arriva il 2 settembre al cinema Southpaw – L’Ultima Sfida, il film di Antoine Fuqua con protagonista Jake Gyllenhaal affiancato da Forest Whitaker e Rachel McAdams.
Il film racconta la storia di Billy “The Great” Hope (Jake Gyllenhaal), campione mondiale in carica dei pesi massimi leggeri. Billy Hope è un “southpaw”, un pugile mancino, dallo stile aggressivo e brutale. Sembra avere tutto: una grande carriera, una moglie bella e amorevole (Rachel McAdams), una figlia adorabile (Oona Laurence) e uno stile di vita invidiabile.
Ma una tragedia è in agguato e quando anche il suo storico amico e manager (Curtis “50 Cent” Jackson) lo abbandona, Hope tocca il fondo. Per risalire la china, deve rivolgersi a un improbabile alleato in una palestra locale: Tick Willis (Forest Whitaker), un ex pugile diventato l’allenatore dei migliori boxeur dilettanti della città. Con l’aiuto di Tick, Bill affronterà la battaglia più dura della sua vita, combattendo per redimersi e riconquistare la fiducia delle persone che ama.
È sicuramente notevole l’interpretazione di Jake Gyllenhaal che, prima delle riprese, non conosceva molto bene il pugilato. A convincerlo è stata la presenza del regista Antoine Fuqua, che è un grande appassionato di questo sport, tanto da allenarsi quotidianamente. Fuqua ha scelto un attore che accettasse di interpretare Billy “The Great” Hope nel modo più brutale possibile, senza controfigure, con pochi effetti speciali o stacchi di montaggio. Semplicemente allenamenti duri e una visione fedele di quello che è realmente il mondo della boxe.
Inizialmente il film aveva originariamente un altro protagonista: il cantante hip hop Marshall Mathers, meglio conosciuto come Eminem. L’entourage del rapper voleva infatti realizzare un remake de Il Campione, il classico del 1979. Ma alla fine niente reboot: l’ispirazione per il crollo del personaggio di Billy Hope deriva dalla lotta dello stesso Eminem per accettare la morte del suo migliore amico, Proof. Il suo rapporto stretto con la figlia Hailie Jade è stato un elemento fondamentale per mettere in evidenza un altro dei temi del film: la paternità.
Quando il musicista ha abbandonato il progetto per dedicarsi al suo album, Fuqua ha convinto Gyllenhaal. Eminem è comunque rimasto coinvolto nel film, considerando che il suo singolo Phenomenal è la prima canzone della colonna sonora ufficiale, di cui è anche stato il produttore esecutivo. “Lui sembra avere una dote naturale nel comprendere il mondo, gli alti, i bassi e tutte le montagne russe di emozioni che viviamo”, spiega Antoine Fuqua, facendo così capire la ragione che lo ha portato a insistere per coinvolgere Eminem in tutti i modi possibili.
Southpaw è così un omaggio realistico al pugilato e un racconto complesso di tante difficoltà familiari e personali. Jake Gyllenhall ricorda: “la cosa che mi aveva colpito fin dall’inizio è che Billy è un tipo che sfrutta la sua rabbia, tanto da costruirci sopra una grande carriera, raggiungere il successo e guadagnare tanti soldi grazie a essa. Ma questa rabbia può anche distruggerlo: questa è la storia di un uomo che scende a patti con la sua rabbia, e con l’idea di cosa significhi essere padre”.
Per costruire le basi necessarie per realizzare un film di boxe realistico, Fuqua ha assunto il leggendario allenatore e coreografo dei combattimenti Terry Claybon, ex pugile professionista, in grado di vincere tre Golden Glove Championships. Gyllenhaal si è affidato completamente a lui, imparando i segreti della tecnica, del fisico e della mentalità di un pugile: “sono stati sei mesi di allenamenti intensi, in cui ho imparato a boxare in maniera molto dura”, racconta l’attore.
Il percorso di Gyllenhaal per incarnare il suo personaggio non si limitava all’allenamento fisico: “molte persone pensano che la boxe sia solo una questione atletica – afferma Claybon – ma mentalmente devi prepararti al massimo, per poi andare sul ring e riuscire a mostrare uno stile diverso a ogni incontro”. Oltre a questi allenamenti massacranti, c’era anche da studiare il mondo dei pugili: “il corpo funziona soltanto se anche la mente è a posto” sostiene infatti Gyllenhaal.
Dalla preparazione alla fine delle riprese, Gyllenhaal ha sviluppato un grande rispetto per quello che devono sopportare i pugili a livello mentale e fisico: “ogni volta che sali su un ring, non puoi essere sicuro che ne uscirai vivo e questo non capita in nessun altro sport o nella società in generale, a parte per i soldati. Credo che sia una bella metafora della vita: entri ed esci sul ring da solo, quindi si tratta di un viaggio esclusivamente personale”.
“I pugili sono gli atleti più vulnerabili in assoluto, perché ogni volta lasciano sul ring un pezzo di se stessi”
Antoine Fuqua