Wim Wenders RITORNO ALLA VITA 04

Amore, colpa, redenzione: Wim Wenders ci racconta il Ritorno alla Vita

Trionfatore dell’ultimo Festival di Berlino, dove ha ricevuto l’Orso d’Oro alla carriera, Wim Wenders arriva oggi nei nostri cinema con Ritorno alla Vita, una storia d’amore, di colpa e redenzione, interpretata da un cast d’eccezione che riunisce James Franco, Charlotte Gainsbourg, Rachel McAdams e Marie-Josée Croze.


Sono quattro le donne con un ruolo fondamentale nella vita di Tomas (James Franco). Sara (Rachel McAdams) è la prima che incontriamo, la compagna di Tomas all’epoca dell’incidente e quella che probabilmente soffre di più, anche perché Tomas rompe con lei per ben due volte. Poi c’è Kate (Charlotte Gainsbourg, in copertina), la madre dei due bambini: con Tomas si incontrano solo un paio di volte e non si può dire che abbiamo una vera e propria relazione. Malgrado ciò, tuttavia, i loro destini sono intrecciati e una vicinanza speciale si sviluppa fra loro, una connessione forte, legata forse al secondo bambino, Christopher, che sopravvive all’incidente.

Poi abbiamo Ann (Marie-Joseé Croze), la nuova compagna di Tomas, con cui lui vuole formare una famiglia e essere felice, insieme alla figlia di lei, Mina. Ma a lungo Tomas nasconde a entrambe il suo passato e in qualche modo la sua nuova relazione si basa su una bugia. Infine c’è la stessa Mina (Lilah Fitzgerald), un personaggio con una presenza forte nel film, fin da quando è solo una bambina. Tutte e quattro le figure femminile hanno un atteggiamento più diretto e spontaneo nell’affrontare i conflitti e di conseguenza tutte costringono Tomas a uscire dal suo guscio. Le donne sono sempre molto più schiette degli uomini nel far fronte alle situazioni.

Sara (Rachel MacAdams) e Tomas

Sara (Rachel MacAdams) e Tomas

Non sono stato io a scegliere questo film, è stato lui a scegliere me” spiega Wim Wenders. Il copione è arrivato al regista per posta, spedito da un giovane sceneggiatore norvegese, Bjørn Olaf Johannessen, che Wenders avevo incontrato durante il Sundance Script Lab. In quell’occasione Johannessen vinse il primo premio con la sceneggiatura di Nowhere Man mentre Wenders era il presidente della giuria: “ma non mi aspettavo che avrebbe scritto qualcosa per me ed erano passati tre anni da quell’incontro, ho amato da subito la sua sceneggiatura, al punto da passarla immediatamente al mio produttore, Gian-Piero Ringel, e quindi opzionarla”.

La prima cosa ad averlo colpito è il tema della colpa, ma non in relazione all’incidente che coinvolge il protagonista, Tomas: “intendo piuttosto il senso di colpa in cui si incorre in ogni attività creativa nel momento in cui si usa o si “sfrutta” la vita reale. È giusto utilizzare per il proprio lavoro le esperienze o la sofferenza di altre persone, trasformandole in un romanzo o in un film?”.

Tomas con Ann (Marie-Joseé Croze) e Mina (Lilah Fitzgerald)

Tomas con Ann (Marie-Joseé Croze) e Mina (Lilah Fitzgerald)

In Ritorno alla Vita il trauma di un incidente spinge Tomas a diventare uno scrittore migliore. È un evento che in qualche modo lo porta avanti nel suo sviluppo come persona e che viene infine usato nella sua opera. Anche Wenders come regista vive in continuazione questa sensazione: “non ci si può affidare solo alle proprie esperienze, ma anche a quanto si osserva nelle vite di amici, parenti e conoscenti. In questo senso un caso limite è Nick’s Movie – Lampi sull’Acqua: si può fare un film sulla sofferenza e la morte di un altro uomo? Fino a dove ci si può spingere e dove bisogna fermarsi? Anche se era lo stesso Nicholas Ray a volere il film, per me la cosa restava un problema con cui confrontarsi ogni giorno”.

Tomas è una persona piuttosto introversa: “è un artista, uno scrittore, e ha un alone di mistero. Gli scrittori tendono a proteggere i loro segreti, sono quasi costretti a farlo. Poiché devono trasformare tutto in parole, nel lavoro solitario e enigmatico che fanno attraverso il linguaggio, e non possono rivelare troppo negli incontri e nelle conversazioni con gli altri. Gli scrittori che conosco personalmentePeter Handke, Paul Auster o Sam Shepardsono circondati da questo mistero, credo per lo stesso motivo. Tomas fa parte di queste persone enigmatiche, anche se poi gli eventi che deve affrontare lo spingono a reagire e a uscire dal suo guscio”.

James Franco è Tomas

James Franco è Tomas

Il cineasta tedesco spiega: “nella nostra epoca di immagini spazzatura, dove ne circolano troppe realizzate senza alcun criterio, sono soprattutto i pittori e certi fotografi a restituirmi la sensazione che abbia davvero un senso fare quello che amo e che debba fidarmi del mio senso dello spazio e dell’inquadratura”. Un senso che il regista ha imparato principalmente da alcuni grandi pittori, come Andrew Wyeth, il danese Vilhelm Hammershøi e naturalmente il suo vecchio maestro, Edward Hopper.

Dopo Pina, Wenders ha deciso di girare la pellicola in Cinemascope 3D, in chiave esistenziale: “spero che le immagini del film non diventino parte di quella infinita e arbitraria valanga visiva, spero piuttosto che conservino la loro indipendenza e raggiungano quello che auspicava Béla Balázs, il teorico del cinema ungherese degli anni Venti: “Il cinema è capace di mettere al sicuro l’esistenza delle cose”. Malgrado il flusso continuo di immagini digitali in cui siamo immersi, credo ancora che possiamo usare le immagini stesse e la narrazione per raggiungere esattamente questo scopo: illuminare e preservare l’esistenza delle cose e delle persone”.

Wim Wenders sul set con James Franco

Wim Wenders sul set con James Franco

Wim Wenders conclude la sua presentazione del film indagando la contrapposizione tra verità e finzione: “il mio lavoro con i documentari non ha cambiato il mio approccio al cinema di finzione, ma mi ha ricordato costantemente quanto sia importante per me che una qualsiasi storia abbia delle solide radici nella realtà. Anche i miei film di finzione includono sempre degli elementi documentaristici, basta pensare a L’Amico Americano, quando si vedono gli edifici vicino al porto di Amburgo che all’epoca minacciavano di abbattere o i muri con i graffiti su Holger Meins. Ne Il Cielo Sopra Berlino, in fondo, è la stessa città la vera protagonista”.

“Il semplice fatto di raccontare una storia non mi è mai bastato: ho sempre voluto raccontare anche un’epoca e, soprattutto, un luogo”.

Wim Wenders

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