Una famiglia vive un’esistenza isolata nel silenzio più assoluto, per paura di una minaccia sconosciuta che segue solo il suono e attacca a qualsiasi rumore. Se ti sentiranno, ti daranno la caccia. È questa la trama di A Quiet Place – Un Posto Tranquillo, il thriller-horror diretto e interpretato da John Krasinski con protagonista sua moglie Emily Blunt.
Nel 2020, la popolazione della Terra è stata decimata da una razza aliena che attacca qualsiasi cosa produca rumore. A seguito di una terribile perdita, una famiglia composta da madre, padre e due figli sopravvive in una fattoria isolata e circondata dagli esseri che sono sul pianeta; per evitare di attirare tali presenze, la famiglia vive nel più completo silenzio, comunicando solo con la lingua dei segni.
A Quiet Place è un film ad altissima tensione su una famiglia alla ricerca disperata della propria salvezza e del bisogno vitale di comunicare in un mondo in cui anche un singolo suono o passo falso può diventare fatale. La storia sembra racchiudere le più profonde paure della genitorialità quando i figli non sono ancora adolescenti: “è una battaglia tra suono e silenzio e tra paura e amore – spiega il regista John Krasinski – e volevo creare un’esperienza tesa, emotiva e partecipativa per il pubblico”.
Il regista mostra un padre che, in un momento apocalittico, non può emettere un singolo suono. Un’idea spaventosa mezza al servizio di una storia piena di grandi scossoni disarmanti: “gli Abbott sono una famiglia che lotta per comunicare, soprattutto quando le cose peggiorano – continua Krasinski – un tipo di stress diecimila volte superiore a quello che si prova nella vita ordinaria, quando i genitori devono assicurarsi che i bambini siano felici, in salute, ben nutriti, curati e istruiti. Qui invece basta una mossa sbagliata per perderli”.
Come tutti i film dell’orrore, A Quiet Place inizia con uno scenario provocatorio uscito dal peggiore degli incubi. Ma da lì, Krasinski ha impostato una direzione diversa: collegare amore e paura e investire attivamente il pubblico di entrambi. L’aumento del terrore avanza di pari passo con il crescente attaccamento che lo spettatore prova per gli Abbott: “lo spettatore si mette al loro posto, si sorprende quando loro saranno sorpresi, è triste quando sono tristi e si dispera quando sono disperatamente spaventati. Questo è diventato il nucleo di ciò che volevo fare: lasciare che il pubblico si innamori di ciò che rende gli Abbotts una famiglia così bella”.
Un procedimento che il regista ha reso usando in modo innovativo diversi spunti auditivi. Krasinski ha infatti iniziato a creare elenchi elaborati di rumori quotidiani, dividendoli tra “suoni sicuri” e “suoni non sicuri“. Un espediente allo stesso tempo elettrizzante e rivelatore per descrivere un mondo così opposto al nostro, distratto da molteplici rumori. Un mondo in cui il suono viene ridefinito come pericoloso, ma anche enfatizzato come parte dell’esperienza umana.
Tutti i normali cigolii e ronzii della vita quotidiana, quelli che diamo per scontati, hanno assunto improvvisamente un nuovo significato per Krasinski: “volevo davvero scendere a patti con la soglia di un suono che si sente o che non si sente. Ho passato molto tempo a ricercare ogni tipo di suono che una famiglia potesse fare in una fattoria isolata e poi ho iniziato a pensare a tutti i modi attraverso i quali la famiglia potesse poi smorzare quei rumori”.
Per contrastare la pervasiva minaccia, che sembra essere perennemente in ascolto, gli Abbott escogitano modi elaborati per tenere a bada ogni suono, come realizzare percorsi di sabbia per mantenere i passi smorzati, dipingere i pavimenti per evitare scricchiolii e creare uno speciale sistema di illuminazione per comunicare. Oppure usando la lingua dei segni. Tutti sistemi di sopravvivenza che indicano la necessità fondamentale di comunicare con un nemico che ti ascolta sempre. Krasinski, in un crescendo di tensione insopportabile, indaga anche le dinamiche familiari, evocando sensazioni di frustrazione, apprensione, dolore, sfida, bisogno e amore. Ovvero tutte quelle elementari emozioni umane che si trovano immerse in un mondo che ha spezzato l’umanità.