Nel Centenario della nascita (11 marzo 1921) del grande genio argentino Astor Piazzolla, tra i musicisti più importanti del XX secolo che ha rivoluzionato per sempre la storia del tango, venerdì 8 ottobre esce al cinema Piazzolla, La Rivoluzione del Tango, il documentario diretto e prodotto da Daniel Rosenfeld.
Astor Piazzolla
Tra i più celebri musicisti del XX secolo, Astor Pantaleón Piazzolla è una delle icone mondiali della musica di qualità padre del cosiddetto Nuevo Tango, un genere che incorpora tonalità e sonorità jazz al tango tradizionale, utilizzando dissonanze ed elementi musicali innovativi. Nato a Mar de Plata da una famiglia di origini italiane emigrata in Argentina all’inizio del secolo, Vicente Piazzolla, chiamato “Nonino” dai figli di Astor, era figlio di Pantaleone, un pescatore emigrato in Argentina da Trani, in Puglia, e Assunta Manetti, la cui famiglia invece proveniva da Massa Sassorosso, in Garfagnana, Toscana. In patria è conosciuto come “El Gran Astor” o “El Gato” (letteralmente: il Gatto, soprannome datogli per indicare la sua abilità e l’acuto ingegno). Nel corso della sua carriera si è avvalso di numerose collaborazioni. In Italia, oltre al già citato Libertango, registra la memorabile trasmissione della Rai Teatro 10 condotta da Alberto Lupo; è qui che conosce Mina, con cui inciderà anche “Balada para mi muerte”, brano del 1972. Molti altri brani, invece, verranno tradotti da Angela Denia Tarenzi e interpretati da cantanti come Edmonda Aldini (che a Piazzolla nel 1973 ha dedicato un intero 33 giri, Rabbia e tango), Milva e Mina appunto.
Il documentario
Il film franco-argentino Astor Piazzolla: La Rivoluzione del Tango, campione di incassi in patria, è un inedito ed evocativo viaggio nel cuore della vita e la musica di Astor Piazzolla. Per la prima volta vengono aperti al grande pubblico gli inediti archivi del mitico bandonéonista: fotografie, nastri vocali e riprese in super8 che raccontano la vita di Piazzolla dall’infanzia a Manhattan agli esordi musicali al fianco di alcuni dei più grandi compositori musicali dell’epoca; dal rapporto con la famiglia fino alla passione per la caccia agli squali; dal rientro a Buenos Aires alla rivoluzione degli anni Settanta con Libertango, l’album del 1974 inciso in Italia con cui si sancisce ufficialmente la nascita del Nuevo Tango. Questi materiali non solo rafforzano la dimensione pubblica e l’inestimabile contributo al mondo della musica di Piazzaolla, ma fanno luce sulla sua sfera più intima.
Daniel Rosenfeld
Vi presentiamo qui sotto l’intervista rilasciata dal regista Daniel Rosenfeld (a Sergio Arboleya per «Télam») che con questo documentario è riuscito a comporre un ipnotico ritratto di Astor Piazzolla.
Piazzolla – La rivoluzione del tango è un film che va aldilà della semplice biografia musicale…
È un documentario senza interviste, realizzato con moltissimi materiali di repertorio inediti, che mostra come si crea la musica, come nascono le suggestioni e come si mettono insieme, quanto l’amore e i legami familiari siano parte integrante del processo creativo. Nella pellicola c’è tutto questo e, personalmente, mi sento più vicino ad una storia quando riesco ad identificarmi con questa. Ma Piazzolla – La rivoluzione del tango è anche un film su una figlia che cerca suo padre e sull’incontro fra i due, su Daniel, musicista ed ultimo testimone di questo nucleo familiare che per molti anni ha suonato al fianco di suo padre senza mai comprendere perché non fosse mai stato realizzato un film sul grande Astor Piazzolla quando era ancora in vita.
Ci sarebbe stato il film se non avessi avuto accesso agli archivi di famiglia?
Pescare, comporre e andare in tournée erano come tre grandi atti per un film su Piazzolla, ma se non ci fossero stati quei materiali di repertorio tanto intimi, non credo che sarei stato in grado di fare il film perché la cosa più importante di Piazzolla è la sua musica, e devi essere in grado di raccontare qualcosa di diverso e lavorare sulla drammaturgia del film. Era quindi essenziale avere accesso a quell’archivio e, quando abbiamo trovato il tutto nel garage di Daniel, siamo riusciti ad entrare davvero nell’intimità creativa di Astor.
Pensi che con il film sei riuscito ad andare oltre il ‘semplice’ lavoro musicale?
Credo esista un cliché su quello che si pensa sia stato Astor Piazzolla, e ci sono tanti giovani che hanno visto il film senza conoscere fino in fondo la figura di questo grande artista, senza quindi essere coinvolti nel suo universo musicale e, ovviamente, lo hanno visto come qualcuno in grado di rompere gli schemi, che inseguiva un sogno, qualcuno che ha combattuto per qualcosa che voleva, che va ben oltre ciò che si può pensare. Soprattutto, penso che il film parli di cosa significhi fare avanguardia.
Che cos’è l’avanguardia artistica?
Mi chiedo cosa possa significare fare avanguardia e chi è che la fa. Non so quale sia la risposta esatta, ma sicuramente fare avanguardia vuol dire che il riconoscimento arriverà più tardi rispetto a quando viene fatta. Nel caso di Piazzolla, lui diceva sempre: “non importa quello che ho fatto ieri, ciò che conta è quello che farò domani”. Credo che questo spieghi perfettamente che tipo di artista era.
Nel film ricorre spesso l’allegoria dello squalo, che aiuta a delineare il personaggio…
L’immagine dello squalo ha diverse letture, non c’è un unico significato. Rappresenta il momento dell’infanzia del figlio Daniel che era solito pescare con suo padre, ma è rappresentativo anche di quello che diceva Astor sulla pesca, ossia che durante l’attesa di quell’esperienza arrivano moltissime idee musicali, ed è soprattutto rappresentativa dell’immensità del mare, quanto mai essenziale nel processo artistico-creativo di allora. D’altronde, la forza espressiva di quell’animale nell’acqua, che si manifesta anche in termini sonori, è ben delineata nella mitica canzone “Escualo“.
Nonostante la tua precedente conoscenza della musica e della vita di Piazzolla, c’è stato qualcosa che ti ha particolarmente sorpreso durante la realizzazione del film?
Sì… Ero convinto che la musica di Piazzolla fosse strettamente legata al Río de la Plata, a Buenos Aires, Montevideo, Mar del Plata ma quando ho realizzato il film ho capito che il vero legame, quello più profondo, era con New York. La sua musica appartiene lì perché è il luogo della sua infanzia, e ho finalmente capito quanto fosse importante quella città per lui. D’altronde, è per questo che ha sempre voluto andarci a vivere, voleva per ripetere la storia di suo padre, ‘Nonino’. C’è qualcosa che alla fine non è rimasto nel film, un episodio in cui Astor racconta di quando suo padre è tornato dal lavoro e lo ha visto piangere ascoltando il tango, così ha detto: “Non mi piaceva quella musica che ha fatto piangere mio padre”.
“La mia musica è triste perché il tango è triste. Il tango ha radici tristi e drammatiche, a volte sensuali, conserva un po’ tutto… anche radici religiose. Il tango è triste e drammatico ma mai pessimista”.
Astor Piazzolla