Cop

Bambini e farmaci pericolosi in ADHD – Rush Hour, il documentario di Stella Savino

Dopo il trionfo all’ultimo Festival di Cannes di Mommy, il film di Xavier Dolan su un ragazzo affetto da ADHD, il prossimo 26 giugno arriverà in sala, distribuito da Microcinema, il documentario ADHD-Rush Hour diretto da Stella Savino che racconta come oggi nel mondo viene diagnosticata e curata l’ADHD – ovvero la sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
I ragazzi affetti spesso non riescono a stare fermi, giocherellano con le mani e con i piedi, non riescono a stare seduti sulle loro sedie, corrono, si arrampicano, hanno difficoltà a giocare, si comportano come se fossero azionati da un motore, quando gli si parla sembrano non ascoltare, sono distratti, non riescono a stare in silenzio e continuano a parlare anche se non vengono interpellati interrompendo e intromettendosi nelle comunicazioni altrui.

1

Sempre più spesso, infatti, l’ADHD viene diagnosticata a bambini e adolescenti e nella maggior parte dei casi la cura prescritta è a base di amfetamine. Il fenomeno è molto diffuso sia negli Stati Uniti che in Europa, Italia compresa. Ancora non si sa se definirla una vera e propria malattia. Si tratta di una anormalità neuro-chimica geneticamente determinata a cui troppo spesso i medici rispondo prescrivendo pasticche di metilfenidato o di atomoxetina.

2

Ancora oggi, dopo oltre 50 anni, la comunità scientifica continua a dividersi su cosa sia l’ADHD veramente. La diagnosi dipende sempre esclusivamente dal medico che affronta il caso. Di certo c’è che i test di laboratorio e i criteri utilizzati per la diagnosi sono limitati e la cura farmacologica non è senza conseguenze: l’atomexina produce allucinazioni, gravi danni epatici e tendenze suicide, e il metilfenidato è un’anfetamina, classificata dalla DEA (Drug Enforcement Administration) nello stesso gruppo dei narcotici, insieme con l’eroina, la morfina e la cocaina. L’ONU parla di emergenza sanitaria, denuncia e lancia l’allarme ADHD “il Consiglio invita le nazioni a valutare la possibile sovrastima dell’ADHD e frenino l’uso eccessivo del metilfenidato (Ritalin). Negli Stati Uniti è stata diagnosticata l’ADHD nei bambini di appena 1 anno”.

3

Il primo lungometraggio della Savino mostra un viaggio tra Europa e Stati Uniti d’America, tra laboratori di genetica e di Brain Imaging, aule universitarie e scuole elementari, in cui il dibattito scientifico prende corpo, intrecciandosi e alternandosi alle voci dei protagonisti, bambini e adolescenti, e dei loro genitori. Nel film vediamo così le storie di diversi ragazzi: Armando, 19 anni, vive a Roma dove frequenta ancora il terzo anno delle superiori. Gli è stato diagnosticato l’ADHD all’età di 10 anni e sono 9 anni che è in cura farmacologica; Zache vive a Miami, ha dieci anni, frequenta la quinta elementare e fin dal primo anno di asilo è sotto farmaci; Lindsay è nata nell’Iowa ma vive a New York, ha 25 anni, è laureata e ha ricevuto la sua prima diagnosi di ADD (attention deficit disorder) all’età di 21 anni, già adulta. Inutile aggiungere che il mercato delle case farmaceutiche si è allargato in modo esponenziale.

4

Ma per curare e seguire davvero i ragazzi servono regole, valutazioni e premi. Ecco così il STP – Summer Treatment Program, un campo estivo per bambini ADHD. Il programma, della durata di due mesi, prevede lezioni in classe, attività sportive e ricreative, e ha la finalità di insegnare ai bambini affetti da ADHD a migliorare le loro capacità di attenzione e di concentrazione, a socializzare con i loro compagni e far loro il concetto di regola considerato essenziale per la sopravvivenza all’interno del sistema scolastico, familiare, affettivo, in una parola, sociale. Il professor Pelham, di cui seguiamo una lezione universitaria, è il direttore dell’STP, ma lui non interagisce mai direttamente con i bambini.

5

Per questo esiste uno staff apposito di operatori, il cui compito principale è quello di monitorare le attività attraverso un sistema di punteggio molto severo. I bambini perdono o guadagnano punti in tutte le attività del campo, che sia una lezione di matematica o una partita di basket, che sia l’ora di ricreazione come quella di arte. Si possono perdere punti perché non si ha la pazienza di aspettare il proprio turno o perché non si presta abbastanza attenzione, ma anche quando una matita cade dal banco, perché questo significa che non si è prestata abbastanza cura al proprio materiale didattico! Alla fine della settimana sommando tutti i punti si capirà se c’è stato o meno un miglioramento e chi avrà accumulato più punti avrà anche diritto alla ricompensa. Questo sistema di gratificazione o di punizione dovrebbe alla lunga sedimentarsi nella psiche del bambino al punto da portarlo a modificare il proprio comportamento.

“Milioni di bambini sono malati. E se ci stessimo sbagliando?”

Stella Savino

 

Leave a Comment