Venerdì 2 aprile alle 21.15 su Sky Arte (canali 120 e 400) andrà in onda Banksy Most Wanted, il documentario codiretto da Aurélia Rouvier, Seamus Haley e Laurent Richard che disegna un ritratto approfondito di Banksy, un artista simbolo della nostra epoca, come un Robin Hood sconosciuto. Il documentario sarà disponibile anche in streaming e in video on demand su Now.
Il documentario
Banksy è un nome, un brand, dietro al quale si nascondono una serie di storie, opere d’arte, dichiarazioni politiche e identità, tutte convergenti verso la vera domanda che si fa il mondo artistico: chi è Banksy? Dall’asta da Sotheby’s del 2018, dove l’opera Girl With Balloon sì è autodistrutta dopo essere stata battuta per 1.4 milioni di dollari, alla ricerca della sua identità. Il film è un’indagine che rivela le sfaccettature dell’artista e le sue opinioni politiche, il suo impegno e coraggio per le cause ambientali e per i rifugiati politici, i suoi legami con la scena musicale e il suo lato imprenditoriale. Attraverso le testimonianze di chi conosce l’artista e ha lavorato con lui, ma anche di chi lo sfrutta, gli dà la caccia, lo rivendica, Banksy Most Wanted mette anche in discussione il mondo dell’arte e il rapporto con l’identità nella società attuale ponendo allo spettatore un quesito: abbiamo davvero bisogno di conoscere il nome dell’artista per apprezzarne l’opera d’arte?
Banksy Most Wanted è un viaggio alla scoperta dell’artista di strada più famoso al mondo – che già era stato intrapreso nel brillante e pluripremiato cortometraggio di Samantha Casella – : Banksy. Un nome familiare, dietro il quale si nasconde una moltitudine di storie, opere d’arte, acrobazie, dichiarazioni politiche e identità. Grazie al suo anonimato, per più di 25 anni, le persone hanno potuto rivendicare il suo lavoro, sia legalmente sia emotivamente, e fantasticare su chi si nasconde dietro questo nome.
Aurélia Rouvier e Seamus Haley raccontano…
“Nessuno è stato così famoso eppure invisibile come Banksy. Ciò che prima era una necessità per lui, l’anonimato, poi è diventata una scelta. La scelta di non giocare al gioco della società e di imporre alle persone di concentrarsi sul suo lavoro invece di concentrarsi su di lui come persona“.