È il 30 gennaio 1972 quando a Derry, Irlanda del Nord, una pacifica manifestazione per i diritti civili viene brutalmente messa a tacere dall’esercito britannico, che uccide a freddo quattordici persone tra cui sei minorenni, in quella che passerà alla storia come Bloody Sunday, Domenica di Sangue. Un triste avvenimento che non deve essere dimenticato e che viene raccontato in Bogside Story, il documentario scritto e diretto da Rocco Forte che esce nelle sale giovedì 20 settembre con Distribuzione Indipendente.
L’autorevole giornalista Fulvio Grimaldi – unico fotoreporter italiano a documentare la pacifica Marcia per i diritti civili del 30 gennaio 1972, a Derry, culminata con il massacro tristemente noto con il nome di Bloody Sunday – torna in Irlanda del Nord, quarantacinque anni dopo, per testimoniare alla terza inchiesta sul Bloody Sunday. Una volta a Derry, scopre che sulle mura esterne delle case del Bogside – il più importante quartiere cattolico della città – sono dipinti dei murales che raccontano gli eventi più significativi della recente storia nordirlandese.
Affascinato dalla potenza comunicativa delle opere, una delle quali ispirata proprio a una sua fotografia divenuta icona della Domenica di Sangue, Fulvio entra in contatto con i Bogside Artists, gli autori dei murales, e con le persone che furono coinvolte negli eventi dipinti. Un viaggio tra passato e presente intriso di arte, storia e profonde emozioni; gli incontri, i ricordi e le testimonianze determinano una drammatica immersione nella realtà di quel luogo e ne raccontano la sua storia: Bogside Story.
Ecco le note di regia di Rocco Forte che riportiamo integralmente.
“Il documentario si concentra sul fenomeno dei murales “che arricchiscono e impreziosiscono, facendone acquisire importanza storica” la città di Derry nell’Irlanda del Nord. L’idea nasce proprio da un viaggio in Irlanda, grazie al quale ho scoperto l’esistenza di questi murales: la reazione emotiva che hanno suscitato in me, la loro bellezza e potenza, in quanto strumenti di comunicazione sociopolitica e arte contemporanea, mi hanno spinto a creare Bogside Story. Il conflitto in Irlanda del Nord viene spesso definito come “terrorismo irlandese” e raramente come lotta per la liberazione nazionale“.
“La lotta nell’Irlanda del Nord va al di là degli atti di violenza rappresentati nei media internazionali. Tra le innumerevoli azioni civili che ne sono succedute, la più affascinante, di cui è doveroso tenere conto e memoria, è proprio il fenomeno dei murales del Bogside. Tre artisti (William Kelly, Tom Kelly e Kevin Hasson), armati solo di barattoli di colore e pennelli, hanno utilizzato i grandi muri degli edifici del quartiere come fossero le loro tele. Le opere d’arte che sono nate, su quella che viene indicata come la People’s Gallery, rompono il silenzio e penetrano la coscienza storica sugli avvenimenti accaduti nel Bogside, per assicurarne memoria oltre che una sorta di giustizia sociale“.
“Narratore d’eccellenza della tragica giornata della Domenica di Sangue, Fulvio Grimaldi, che invece di raccontare attraverso i suoi scatti una pacifica marcia per i diritti civili nella Free Derry si è ritrovato scomodo testimone di un disastro sociale e politico. Una delle sue foto è diventata proprio il murale con cui gli artisti non vogliono far dimenticare l’accaduto. A dare una delle sue ultime testimonianze, il compianto Padre Edward Daly, colui che in prima linea ha tentato di mettere in salvo la comunità durante la sanguinosa giornata. A lui si aggiunge anche la preziosa opinione del premio Nobel John Hume, che grazie al suo impegno politico è artefice e figura più rappresentativa del processo di pace per l’Irlanda del Nord“.
“La storia di Derry, la storia degli eventi accaduti nel quartiere del Bogside – ricordati da questi incredibili murales, approfonditi e impreziositi dalle testimonianze, per la maggior parte inedite, di chi li ha vissuti e dagli artisti stessi – è un’esperienza che ogni persona dovrebbe avere la possibilità di conoscere e divulgare“.
“Per questo si è deciso di realizzare il documentario, per dare avvio a una ricerca dell’anima e della coscienza collettiva su una comunità con una pesante storia di discriminazione, affinché ogni spettatore possa allontanarsi, dopo la visione, con un rinnovato senso di solidarietà e un maggiore rispetto per le diverse identità“.