Protagonista assoluta del nuovo documentario Mademoiselle C di Fabien Constant è Carine Roitfeld. Per una volta proviamo noi a fotografare la sua figura attraverso le sue dichiarazioni sulla sua vita, sul film e sulla sua arte.
La Moda – “Più della moda, amo l’immagine e non è la stessa cosa. Nelle mie serie sulla moda, non mi interessa presentare l’ultima borsa o la collezione numero 25, ma mostrare come si può utilizzare un capo o un accessorio, come questi possono valorizzare una donna. C’è un aspetto superficiale, ma si tratta anche di un’arma per acquisire fiducia in se stesse“.
La Fotografia – “Non dico alle donne di comprare un determinato cappotto, ma di indossarlo in un determinato modo. Mando dei piccoli messaggi, trasformo in immagini le proporzioni: sono il legame tra le sfilate che chiunque può guardare su Internet e la vita reale, sono la persona che rende tutto portabile attraverso personaggi che mi fanno sognare e fantasticare. Per me che non sono una stilista è appassionante potermi associare agli artisti in questo modo. Non sono immagini cinematografiche, ma per certi aspetti sono anche fantasie visive. Attraverso le mie fotografie, racconto delle storie sulla carta“.
Il Cinema – “L’unico ruolo cinematografico che mi sia mai stato proposto è quello di Marie-Ange in Emmanuelle quando ero una giovane mannequin. Mio padre si oppose. Era un produttore e mia madre faceva la segretaria di edizione. Il mio talento personale è avere un buon occhio che ha aiutato numerosi fotografi, stilisti, riviste e campagne pubblicitarie ad avere successo… Avrei potuto fare la stessa cosa nel cinema”.
Smontare Cliché – “La gente mi immagina come una donna molto elegante, vestita sempre con gonne attillate e tacchi alti. Mi fa piacere che ci sia finalmente uno sguardo sul lavoro fisico che comporta la moda, che mi si veda con le scarpe basse e i jeans, mentre corro da un aeroporto all’altro… Se sono arrivata a questo punto è grazie al mio lavoro. Non ho avuto successo dal nulla, sono il frutto di 30 anni di fatiche”.
Vogue – “Non ho voluto infierire sui miei ex datori di lavoro, sono molto gentile nei loro confronti e non li attacco minimamente. Non perché abbia timore della loro reazione, ma perché non trovo corretto osteggiare qualcuno con cui si è trascorso un decennio della propria vita! Alla fin fine, l’essermene andata è stata una fortuna”.
Mollare la presa – “Le fotografie possono essere ritoccate, un film è più complicato. Per me che sono abituata ad avere il controllo su ogni cosa, è stato difficile accettare di mostrarmi sotto una luce non sempre lusinghiera. Credo di non essere mai riuscita a dimenticare del tutto la presenza della videocamera”.
Normalità e Vita in Famiglia – “I miei amici mi hanno detto che il film rappresenta bene il mio senso della famiglia. È vero che ho sempre mescolato tutto, che i miei figli sono sempre venuti con me alle sfilate…Mi piace la donna che può conciliare vita professionale e vita privata senza confini tra l’una e l’altra. Era importante per me che la mia famiglia fosse nel film. Sto con lo stesso uomo da trent’anni e con i miei figli sono una mamma normale come le altre. Tutta la mia follia si riversa nelle mie immagini. Come una pentola a pressione, vado in ebollizione esercitando il mio mestiere”.
Anna Wintour – “Ho lavorato con Anna Wintour e la rispetto. È fredda, dura e al tempo stesso molto corretta. È una donna d’affari, all’esatto contrario di me. Dirige la sua rivista scegliendo i capi di abbigliamento che potranno vendersi nei grandi magazzini allo scopo di sostenere il mercato. Io faccio fotografie che considero belle e dispongo di molti meno mezzi di lei (ride). La differenza principale tra i nostri due film è che il giornalista che ha realizzato The September Issue non conosce la moda. Mi aspetto che i due documentari vengano messi a confronto, dopo tutto hanno paragonato persino le nostre figlie, ma non devono essere messi in competizione perchè non hanno nulla a che vedere uno con l’altro”.
Scoprirsi sullo Schermo – “Quando mi sono vista sullo schermo per la prima volta, è stato un po’ come risalire gli Champs-Élysées completamente nuda. Insieme a Stephen Gan, il mio socio, siamo rimasti piuttosto traumatizzati. Solo in quel momento abbiamo realizzato cosa avevamo fatto… Mi sono detta «ma perché mi sono lasciata filmare così, con quei fermacapelli in testa, ho l’aria ridicola!» e «sembra che conosca solo tre parole del vocabolario!».
Obiettivi – “Spero che la gente non resterà delusa nel vedermi nella mia quotidianità mentre faccio lezioni di danza. Forse per alcuni cadrò dal mio piedistallo… Non ne ho idea… La gente mi immagina come una specie di icona della moda, sempre impeccabile. E invece non lo sono sempre… Mi farebbe piacere che alla fine il pubblico dicesse: «è divertente la moda!», perché è così che io la vivo, senza pretenziosità e con leggerezza”.
I Fan – “Conoscete il detto: non scegliamo il nostro pubblico, è il pubblico che sceglie noi. Tutti i giovani che si presentano per incontrarmi nella prima scena del film, il blogger che mi fa la sua dichiarazione d’amore in mini-short, possono mettere a disagio. A volte mi dico: «Ma che razza di roba è questa?! È questo la moda?». E al tempo stesso sono gesti piuttosto teneri e bisogna stare al gioco, anche se non sai mai su quale pagina Facebook atterreranno le foto…”
Seguel – “Sarei pronta ad imbarcarmi in un altro progetto con Fabien, non necessariamente su di me, ma magari sulla moda, con la mia competenza, la mia visione delle cose e il suo senso dell’immagine e dell’umorismo… Perché no?”
“Quando qualcuno mi chiede che mestiere faccio, rispondo che sono una «dreamer», una persona che è riuscita a realizzare i suoi sogni”
Carine Roitfeld