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Crazy For Football di Volfango De Biasi, il calcio come terapia

Stasera, in esclusiva nelle sale del Circuito Unici, ci sarà la proiezione di Crazy for Football, il film diretto da Volfango De Biasi che ha come protagonista un gruppo di pazienti psichiatrici che ha la passione per il calcio. La pellicola, presentata in anteprima all’ultima Festa del Cinema di Roma, arriverà in tutte le sale da giovedì 23 febbraio.

Un gruppo di pazienti che arrivano dai dipartimenti di salute mentale di tutta Italia, uno psichiatra, Santo Rullo, come direttore sportivo, un ex giocatore di serie A di calcio a 5, Enrico Zanchini per allenatore e un campione del mondo di pugilato, Vincenzo Cantatore, a fare da preparatore atletico. Sono questi i protagonisti del documentario di Volfango De Biasi sulla prima nazionale italiana di calcio che concorre ai mondiali per pazienti psichiatrici a Osaka. Un viaggio dall’Italia al Giappone. Si comincia con le prove di selezione per definire la rosa dei 12 che poi parteciperanno al ritiro, approdando finalmente al torneo più ambito, i campionati mondiali.

Ma a fare da filo conduttore un altro viaggio, più profondo, attraverso le rapide della coscienza di chi ha conosciuto lo smarrimento della malattia psichiatrica. Un percorso in bilico fra sanità e follia che appartiene a tutti noi. Un film dove i protagonisti sono i giocatori e non la loro malattia, con l’intenzione di combattere i pregiudizi che circondano chi soffre di disagio mentale. Il movimento come antidoto alla staticità, il calcio quindi come terapia salvifica, come condizione che fa sentire tutti uguali, lo dice bene Santo Rullo in una scena del film “un’esperienza che richiama alla mente la memoria emotiva di quando non si era malati”.

Santo Rullo

Santo Rullo

Il dottor Santo Rullo, Presidente dell’Associazione Italiana di Psichiatria Sociale, con molti suoi colleghi, ha cercato dei modi di portare avanti la lotta iniziata da Basaglia: quella per il reinserimento sociale dei pazienti. E il calcio si è rivelato uno strumento efficacissimo: “L’incontro sul campo di gioco garantisce un riavvicinamento tra il paziente e il suo quartiere, abbattendo le differenze tra i ‘sani’ e i ‘malati’. E, al contempo, il campo di calcio diventa il luogo in cui il paziente compie il primo passo nel ricominciare a vivere con gli altri. Persone che in qualche modo hanno smesso di rispettare le regole fuori dal campo, riescono però con facilità a seguire ed accettare le regole del calcio, e questo apre spesso la strada a un completo recupero sociale”. I primi risultati, basati sull’esperienza di una trentina di squadre, spesso allenate direttamente dai loro medici e gestite dalle varie Asl, erano assai incoraggianti: la percentuale di ricoveri, soprattutto, si abbassava drasticamente.

Affascinati dall’esperimento del dottor Rullo e dei suoi colleghi, nel 2004 Volfango De Biasi realizza Matti per il Calcio, curandone anche allora il soggetto e la sceneggiatura insieme a Francesco Trento, un piccolo documentario autoprodotto poi venduto a televisioni italiane ed europee. Il grande successo del film ha portato gli psichiatri di tutto il mondo a utilizzarlo per portare avanti la ricerca sull’importanza dello sport nella riabilitazione psichiatrica. È accaduto così un piccolo miracolo: dalle 30-40 squadre esistenti dieci anni fa, si è passati oggi a migliaia e migliaia di squadre di pazienti psichiatrici nei cinque continenti (il Giappone è oggi all’avanguardia con 600 squadre, quasi tutte finanziate da società sportive di serie A).

Enrico Zanchini

Enrico Zanchini

Riportiamo qui sotto, integrali, le note di regia di Volfango De Biasi.

Ho deciso di girare questo secondo film documentario sui pazienti psichiatrici perché il primo mi aveva dato tantissimo e aveva contribuito molto alla diffusione del messaggio anti stigma e alla moltiplicazione delle squadre di calcio sul territorio come forma di terapia. Penso che dare il proprio contributo per aiutare chi in un dato momento della sua vita può essere in difficoltà faccia parte dei doveri morali di chi fa il nostro mestiere”.

Anche il racconto di una dozzina di pazienti calciatori che si ritrova a formare la prima nazionale italiana di pazienti psichiatrici e vola in Giappone per giocarsi il primo mondiale di categoria, può permettere di aprire una breccia nel muro di gomma della disinformazione e dello stigma. Perché loro come noi sono accumunati dalla folle passione per l’avventura sportiva e per il calcio nella fattispecie, loro come noi vogliono andare e giocarsi la loro partita in campo, come poi nella vita”.

Crazy For Football 3

Una storia che vuole essere raccontata col carattere leggero e buffo delle storie di sport e commedia. Perché non è affatto detto che per fare sociale si debba mettere in mostra unicamente il tragico e rimestare nel senso di colpa collettivo. La coscienza del sociale può anche attivarsi aiutando ad aprire gli occhi su qualcosa che si conosce poco, e facendolo anche attraverso il sorriso. E perché no, tifando per i nostri eroi, matti per il calcio, impegnati in una magnifica avventura di sport“.

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