Esce nelle sale il 21 ottobre Memorie – In Viaggio Verso Auschwitz, il film documentario scritto e diretto da Danilo Monte, Premio Avanti al Torino Film Festival 2014.
Il film è un “viaggio alle origini” per il regista e il fratello Roberto, che ha passato i suoi ultimi anni tra carcere, droga e comunità. Danilo gli ha regalato, per i suoi trent’anni, un viaggio in treno al campo di concentramento di Auschwitz, luogo in cui Roberto, grande appassionato di storia, ha sempre voluto andare. Per Danilo è un modo per recuperare un rapporto difficile con il fratello, per “ricominciare a parlare”.
È per tutto il tragitto che si snoda, così, un dialogo avvincente e senza sconti tra i due fratelli: di carrozza in carrozza una relazione difficile si cerca, si ricostruisce, si rompe. Il treno diventa il luogo in cui si parla, si discute, si piange e si litiga. E Danilo cattura immagini e parole, sempre in soggettiva, che insieme a frammenti del passato compongono una testimonianza di straordinaria umanità, capace di tenere incollato lo spettatore fino alla fine, fino all’arrivo ad Auschwitz dove si libera la tensione potente e delicata che si avverte per tutto il film.
Auschwitz, il luogo dell’anti umanità per eccellenza, diventa una possibilità per i due fratelli di riscoprire la loro umanità più profonda e autentica, di darsi tregua e riavvicinarsi. Il loro è un percorso in cui lo spettatore è condotto attraverso difficili dinamiche familiari, segnate da anni di incomprensioni ma dal forte desiderio di ritrovarsi, alla ricerca di un ricordo, di un legame, di una parola.
“Cercando di interpretare il pensiero del mio maestro Alberto Grifi – afferma il regista Danilo Monte – potrei dire che il film non conta in quanto opera finita, ma solo come processo di relazione umana messo in moto durate la sua realizzazione”.
In quest’ottica Memorie è per Monte “un film terapeutico, personale: scaturisce dal rapporto controverso e sofferto tra me e mio fratello e rappresenta una possibilità che mi sono dato per ritrovare un dialogo che manca da anni”. Il linguaggio del film è scarno e minimale, il regista in fase di ripresa infatti “ha lavorato istintivamente senza curare troppo le inquadrature, pensando semplicemente a confrontarmi con mio fratello”.