Dopo essere stato presentato alla 75. Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Sconfini, mercoledì 10 ottobre arriva al cinema Il Banchiere Anarchico di Giulio Base, un film-teatrale filologicamente tratto dall’omonimo ‘racconto di raziocinio’ di Fernando Pessoa e mette in scena un dialogo platonico tra un ricchissimo banchiere (Giulio Base) e una sua vecchia conoscenza (Paolo Fosso). Scritto dal geniale poeta portoghese nel 1922 e tradotto in più di cento lingue in tutto il mondo, per la prima volta questo racconto finisce sul grande schermo.
Il Banchiere Anarchico
Alla fine di una cena nel suo disadorno palazzo blindato, un potentissimo banchiere (Giulio Base) celebra frugalmente il suo compleanno. La ricorrenza si fa occasione per soddisfare le curiosità dell’unico commensale, e forse unico amico (Paolo Fosso), riguardanti la sua misteriosa ma irresistibile ascesa verso un’enorme ricchezza. Figlio del popolo, il banchiere sostiene che quel suo impero economico trae origine da una volontà di lotta sociale evoluta, che va condotta in solitudine, ma non per questo meno radicale dell’ideologia di quelli che si professano anarchici duri e puri.
Sostiene il banchiere che l’atto dell’isolarsi è l’unico modo per condurre una vera vita rivoluzionaria, per una militanza politica superiore a quella dei suoi vecchi compagni di ribellione che lui oggi apostrofa come “le puttane della dottrina libertaria”. L’uomo stordisce l’ospite con una colta esposizione sofistica intrisa di idee incendiarie contro le ingiustizie della borghesia e di denunce feroci nei confronti della strapotenza del veleno mortale che mina dall’interno la nostra libertà: il denaro. Denaro che il banchiere ha incamerato senza scrupoli e senza regole. Per essere libero, sostiene. Senza vergogna.
Giulio Base, che da oltre trent’anni ama e studia l’opera poetica dell’autore portoghese, ha deciso di far conoscere al pubblico cinematografico la sconvolgente logica dell’arco esistenziale di un plutocrate e dello schiacciante potere del denaro che lo ha trasformato dall’essere un semplice anarchico in uno spietato finanziere. Il regista e attore spiega: “ho vagheggiato a lungo la messinscena spoglia e da ragion pura di questo pamphlet fulminante con primi piani alla logica – ove si possa – e non agli attori. Il cinema regala ancora la possibilità di inquadrature ripulite dalle scorie. Da cinefilo inesausto amo gli autori così, le loro opere. In questa (per me nuova) ottica di rigore desideravo restituire l’impegno dell’ossimorico titolo. Quello della storia di tutte le società: la storia delle lotte di classe. La borghesia pare essersi eclissata dagli schermi. Ho provato a guardare in faccia il potere. Senza satira. Senza manicheismo. Pessoa ci ha insegnato che l’iconoclastia può celarsi dietro modalità sofisticate. Ho azzardato farne cinema“.