Guillaume Canet è il protagonista di Nel Nome Della Terra, la pellicola diretta da Edouard Bergeon che da giovedì 9 luglio sarà nei cinema distribuito da Movies Inspired. Il film, attraverso una saga familiare, racconta il mondo agricolo degli ultimi 40 anni.
Il film
Pierre (Guillaume Canet) ha 25 anni quando torna dal Wyoming per ritrovare Claire (Veerle Baetens), la sua fidanzata, e prendere le redini della fattoria di famiglia. Venti anni dopo, la fattoria è cresciuta, così come la famiglia. Sono giorni felici, almeno all’inizio. Perché intanto i debiti si accumulano, Pierre si sfinisce di lavoro e, nonostante l’amore della moglie e dei figli, affonda a poco a poco. Costruito come una saga familiare e basato sulla storia personale del regista, il film offre uno sguardo umano all’evoluzione del mondo agricolo di questi ultimi quarant’anni.
Edouard Bergeon
Qui sotto vi presentiamo un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Edouard Bergeon.
Nel Nome Della Terra nasce dalla tua storia personale: il personaggio principale – Pierre, interpretato da Guillaume Canet – è direttamente ispirato a tuo padre, un agricoltore.
Vengo da un’antica stirpe di contadini, figli e nipoti di contadini, sia dal lato materno che da quello paterno. Christian Bergeon, mio padre, cominciò a lavorare come agricoltore nel 1979, con tutta la passione per questo mestiere. Ha lavorato duramente insieme a mia madre perché mia sorella e io vivessimo una gioventù felice nella fattoria. “Nel nome della terra” è una saga familiare che vuole dare una prospettiva umana sull’evoluzione del mondo agricolo negli ultimi quarant’anni.
Sei autore di molti reportage e documentari per la televisione. Perché hai deciso di realizzare questo primo lungometraggio di finzione?
L’idea non mi sarebbe nemmeno passata per la testa se non avessi incontrato Christophe Rossignon, il produttore del film. Nel 2012, vide “I figli della terra”, un documentario di 90 minuti in cui seguivo Sébastien, un agricoltore la cui storia mi ricordava quella di mio padre. Christophe, figlio e fratello di un agricoltore, era rimasto colpito dal film e voleva incontrarmi. Suo fratello maggiore, che ha preso il posto di suo padre nella fattoria di famiglia, ha dovuto confrontarsi con una realtà agricola che avrebbe potuto sconvolgere la sua vita… Il progetto di un film ispirato alla storia della mia famiglia nasce dalla nostra prima conversazione. Christophe e io abbiamo molte cose in comune: siamo due figli della terra e siamo subito entrati in sintonia.
La famiglia ha un ruolo quasi preponderante in questo film: tutti gli eventi sono visti attraverso il suo punto di vista…
È uno sguardo diverso da quello de I Figli Della Terra o da quella che Elise Noiraud ne ha tratto per lo spettacolo teatrale omonimo. Volevo mostrare l’amore che lega i quattro membri di questa famiglia. Nel Nome Della Terra è prima di tutto una saga familiare in cui tutti, indipendentemente dal fatto che appartengano o meno al mondo rurale, possono riconoscersi.
È un film impegnato?
Nel Nome Della Terra ha chiaramente un messaggio politico, ma nel sottotesto. Era importante non metterlo troppo in evidenza, ma essere precisi nella ricostruzione degli ambienti, delle attrezzature, delle pratiche di quel periodo. Ad esempio, vediamo che il nonno somministra alle sue pecore gli antibiotici. Sono piccoli particolari, ma parlano da soli. Se il film potesse aumentare la consapevolezza della gente, sarebbe fantastico.