Harry Dean Stanton è il protagonista di Lucky, l’esordio alla regia dell’attore John Carroll Lynch che uscirà al cinema il 29 agosto. Il film vede tra gli interpreti anche il regista David Lynch.
Lucky (Harry Dean Stanton), un novantenne ateo, ha sempre vissuto seguendo le proprie regole e infischiandosene del giudizio di coloro che vivono nella sua città ai margini del deserto. Dopo una caduta, comincia a temere la morte e la solitudine ed è spinto verso un percorso di auto-esplorazione alla ricerca di ciò che spesso è irraggiungibile: l’illuminazione.
Lasciamo spazio ora ad un estratto dell’intervista rilasciata da John Carroll Lynch.
La storia è stata scritta pensando a Harry Dean Stanton?
Assolutamente sì, è una lettera d’amore all’attore e all’uomo. È in sostanza una biografia, la storia di Lucky è ispirato alla vita di Harry. Anche Logan Sparks è un vecchio amico di Harry e da lì è nata l’intuizione. Un esempio è la prima scena di Lucky nel film: entra al Joe’s Diner e dice a Joe “Non sei niente”, Joe risponde “Non sei niente” e Lucky dice “Grazie. Questo scambio di battute succedeva tutte le volte che Harry entrava da Ago a Los Angeles tra lui e il cameriere. Abbiamo tutti sentito un’immensa responsabilità nel creare questo personaggio: la storia di un uomo che improvvisamente capisce che potrebbe avere soltanto settimane o mesi di vita davanti a se e non più anni.
Com’è stata passare dall’essere attore a regista?
Volevo dirigere da molto tempo. Sono molto grato che Drago e Logan me l’abbiano offerto dandomi tanta fiducia. Una cosa è capire la storia, ma poi devi trovare un modo per decodificarla. Si pensi a un ponte: per costruirlo devi creare uno scheletro. Questo è ciò che registi e produttori fanno in termini cinematografici. Devi organizzare i macchinari, trovare gli operatori, i designer della produzione, i costumisti ecc. per raccontare la storia. Molte di queste scelte sono state una novità per me. Organizzando il tutto ho dovuto imparare come orchestrare la troupe per creare la struttura che ha poi realizzato materialmente il film. Tutto questo è stato eccitante, difficile, doloroso e travolgente.
Non solo ti sposti dalla recitazione alla regia con Lucky, ma hai anche un famoso regista che recita nel tuo progetto. Com’è stato dirigere David Lynch?
David è stato gentile, reattivo, solidale, preparato e impegnato. Era chiaro che era venuto per recitare e essere semplicemente un attore. Immagino sia stato il tipo di attore con cui ha sempre desiderato lavorare. Ho imparato molto sull’essere un attore nei giorni in cui ha lavorato con noi sul set. C’è stato un momento in cui Harry aveva dei dubbi su un passaggio del copione e, anche se avevo cercato di dargli una spiegazione, non era convinto. Come spesso accade sul set lui si è rivolto ad un collega per cercare ulteriori chiarimenti. In quel caso è stato David Lynch. Harry si è rivolto a David dicendo: “Capisci questo passaggio?” e David rispose “Sì, Harry”. Harry disse: “Che cavolo vuol dire?”. David mi guardò e io dissi: “Vai pure”, ma lui si rivolse ad Harry dicendo con calma: “Non sono io il regista, Harry”. Wow. Ho apprezzato tantissimo il suo rispetto e la sua volontà di lasciarmi dirigere. È stato molto bello. Vorrei precisare che in fase di montaggio ci siamo resi conto che Harry aveva ragione e abbiamo tagliato quelle battute. Harry conosceva il fatto suo.
Lucky è una persona sola anche se molti abitanti della cittadina gli vogliono bene. Come pensi che Lucky si senta riguardo alla sua vita?
In un certo senso, sembra che la città capisca Lucky meglio di quanto Lucky capisca se stesso. Pensa di essere un’isola e fino a quando gli eventi nella storia non si scopriranno, lui non si considera parte della comunità. Ma in realtà ne fa parte da sempre. È l’illusione di autosufficienza di cui tutti soffriamo in un certo modo. Cammina per la città ogni giorno e tutti provano dei sentimenti nei suoi confronti, anche se lui non considera più di tanto chi gli sta attorno.