Con lo stesso spirito con cui ha rigenerato le modalità spettacolari nel corso della sua carriera, e con il talento unico nel creare dispositivi scenici che rompono l’isolamento dello spazio teatrale, Giorgio Barberio Corsetti svela finalmente al pubblico la sua nuova creazione, La Metamorfosi di Franz Kafka, con un debutto televisivo in prima nazionale trasmesso sabato 19 dicembre (ore 21.15) su Rai5.
Uno spettacolo attuale
Il capolavoro kafkiano si mostra nella sua prima apparizione pubblica direttamente dagli schermi della tv, ricongiungendo idealmente la platea di spettatori con il palcoscenico dell’Argentina, dove avrebbe dovuto debuttare il 10 novembre, e infrangendo le barriere tra le arti e i formati differenti dal teatro. Un atto di creatività che oltrepassa la soglia del performativo senza pubblico in sala per farsi raccontare dall’occhio delle telecamere in questa produzione del Teatro di Roma – Teatro Nazionale, la cui attualità si ripropone oggi prepotentemente nel rapporto fra “individuo” e “mondo” con cui la pandemia in corso costringe ogni giorno ciascuno di noi a confrontarsi. Nato in stretta relazione con le riflessioni e i limiti imposti dalla crisi emergenziale, il nuovo lavoro di Giorgio Barberio Corsetti porta il regista, ancora una volta, ad immergersi nell’universo kafkiano, seguendo l’atto terribile della sua scrittura che si inoltra nello squarcio profondo dell’alienazione sociale e della depressione, per indagare fragilità e inquietudini che, al di là di turbolenze specifiche, ci vedono tutti protagonisti.
La Metamorfosi
Con La Metamorfosi, in questo speciale momento in cui il contatto è negato, Giorgio Barberio Corsetti fa i conti con una scrittura che coinvolge corpi e racconta una trasformazione fisica, che impatta sensi e linguaggio. Una trasformazione paradossale, letteralmente animalesca, che si manifesta nella mutazione in scarafaggio del protagonista Gregor – potente allegoria di una vita scandita da moti dell’animo, ritmi lavorativi, rapporti familiari e sociali, sovrapposizioni e incomprensioni, che racchiudono gli elementi della nostra esistenza attuale – a cui segue l’isolamento, la repulsione, la necessità di rinchiudersi in una stanza, al sicuro ma distanti dal resto del mondo fino ad arrivare all’annullamento totale. Attraverso le parole di Kafka, assumiamo il punto di vista di Gregor, che è insetto ma pensa da essere umano, sperimentando la condizione quasi cosmica, e metafisica, di un personaggio che sembra segnato dal male della depressione indotta dall’alienazione del lavoro subordinato, dalla maldicenza, dalla separazione da ogni forma di socialità.
Barberio Corsetti racconta…
“In terza persona, Gregor si guarda e ci racconta, ci fa vedere la realtà con i suoi occhi abbandona il mondo degli umani e si trasforma, assume un altro corpo, immaginario, nato nel bozzolo protettivo del letto. La causa prima di questa rinuncia a se stesso, che si esprime nella fuga dalla propria identità, è il suo lavoro e la sottomissione alle sue regole massacranti, all’imbecillità gerarchica, con un’eco lontana di minacciose strutture burocratiche e voci maldicenti. Spesso in Kafka il lavoro è il motore nascosto, il luogo di partenza o di arrivo, motivo che si mescola irrimediabilmente con i luoghi più segreti della vita intima, contaminandola di colpe sconosciute ed espiazioni impossibili, individuabili forse solo in punto di morte Kafka come sempre va preso alla lettera, crea un paradosso e lo porta fino alle estreme conseguenze, conduce un gioco immaginario e mentale spietato, che porta Gregor, e noi con lui, all’annullamento”.
“La Metamorfosi è un’opera-mondo che si irradia da una stanza e invade l’appartamento che la circonda, in cui si svolgono eventi imprevedibili, assoluti, vissuti da personaggi tragici e comici. Sono malinconiche costellazioni familiari in una notte piena di nubi che prendono nella mente dimensioni gigantesche. C’è una finestra, ma per Gregor l’esterno perde i contorni, diventa un’unica nebbia, mentre rimpicciolisce, il suo mondo è ora tutto lì dentro. Mentre Gregor si perde nella sua stanza angolo viaggiando verso il proprio azzeramento, la famiglia umana ritrova una sua forza, estromettendolo si ricompone pronta a riprodursi….“.
“I mondi creati da Kafka riescono inevitabilmente a rivelare un senso di limitatezza, fatta di gesti e situazioni in costante ambivalenza, che rimanda ad una possibilità di comunicazione al di là della pura e semplice sopraffazione di questi universi, che si clonano e si moltiplicano. Una scrittura che si avvolge rendendo gli immaginari vivi, parte di paradossi che diventano visibili, un mondo impossibile e allo stesso tempo perfettamente aderente e coerente. Per me è stato naturale cadere dentro Kafka, dove la scrittura non è interrogata soltanto come modo unico di trasferire il pensiero in parole e poi depositarlo sul foglio, ma come un atto assoluto, un atto che si incide nel corpo, che ha a che fare profondamente col corpo e col gesto e che è totalmente e assolutamente non rappresentabile“.