In Concorso alla 67. Berlinale e presentato alla scorsa Festa del Cinema di Roma, arriva l’8 febbraio nelle sale The Party, il film scritto e diretto da Sally Potter con protagonista un numeroso cast: Kristin Scott Thomas, Timothy Spall, Patricia Clarkson, Bruno Ganz, Cillian Murphy, Emily Mortimer e Cherry Jones.
Un party massacrante
Janet (Kristin Scott Thomas) è appena stata nominata Ministro del Governo Ombra, il coronamento della sua carriera politica. Lei e suo marito Bill (Timothy Spall) decidono quindi di festeggiare con gli amici più vicini. Gli ospiti arrivano nella loro casa di Londra, ma la festa volge inaspettatamente al peggio quando Bill all’improvviso fa due rivelazioni esplosive che sconvolgono sia Janet che i presenti. Amore, amicizia, convinzioni politiche e un intero stile di vita vengono messi in discussione. Sotto la superficie elegantemente liberal degli ospiti freme la rabbia. Lo scontro li spingerà a sfoderare l’artiglieria pesante, anche in senso letterale.
Persone, relazioni, politica e ideologia
The Party è una commedia che vira in tragedia, in cui una festa tra amici volge al peggio nell’arco di pochissimo tempo. Sally Potter spiega: “sotto pressione, in un ambiente circoscritto, tutto ciò che è nascosto emerge in superficie e la nostra casa, che consideravamo come un rifugio, può rapidamente trasformarsi in prigione”. La regista voleva che “che si ridesse ma sul filo del rasoio, osservando questo gruppetto di persone che fallisce nel disperato tentativo di mantenersi coerente con la linea di partito su cosa è moralmente giusto e politicamente di sinistra”.
Un film essenziale
The Party è stato concepito come un film estremamente essenziale, che trasforma l’isolamento (e tutti i vincoli del tempo reale) in una virtù. In un bianco e nero privo di elaborati effetti speciali o di innaturali cambi di location, elementi all’apparenza semplici assumono funzione narrativa. Ogni cosa è esposta. Non c’è un luogo dove nascondersi durante lo svolgersi della storia. La macchina da presa spia tra le ombre e guarda dritto in faccia questi personaggi nel loro momento di crisi, una crisi che si sviluppa via via che ognuno inizia a dire la verità.
Una storia profetica
The Party nasce da una prima sceneggiatura di Sally Potter che parla, in qualche modo, anche del proprio paese: “ho iniziato a scrivere il film prima delle ultime elezioni nazionali in Gran Bretagna. Era anche una riflessione sui partiti politici e sul linguaggio usato in politica; sul rapporto con la verità che è sottomessa all’ideologia che cambia continuamente. Certe idee diventano di moda perché i politici pensano che sono quello che le persone vogliono sentire e che sostenerle li aiuterà a vincere. È una riflessione su cosa succede nella nostra vita e in quella dei politici quando la verità viene distorta“.
L’assurdità della sofferenza umana
La Potter decide di girare il film in bianco e nero. Nella sua mente, era una scelta formale che richiamava un stagione precisa della cinematografia inglese degli anni ‘60: film come Saturday Night and Sunday Morning, The L-Shaped Room e This Sporting Life. Scritta con quella che la Potter chiama “una consapevolezza dell’assurdità della sofferenza umana, volevo raccontare qualcosa che arrivasse a parlare di politica attraverso il filtro delle politica della vita privata; relazioni, spostamento di placche tettoniche di potere, amore, desiderio, tradimento, ambizione, delusioni e così via. Le esperienze umane con cui abitualmente le persone sono obbligate a confrontarsi durante l’arco della loro vita ma condensate in meno di un’ora e mezza”.
“Con questo film ho ricercato il potere benefico di una risata dolceamara in un momento storico in cui gli eventi del mondo, invece, ci fanno venir voglia di piangere”.
Sally Potter