La nostra Matilda Lutz è la protagonista di Revenge, un “rape and revenge movie” girato da una regista donna, Coralie Fargeat. Ricco di virtuose sequenze pulp, Revenge, dal 6 settembre al cinema, ricrea il classico gioco del gatto con il topo, mostrando come una donna sappia reagire alla violenza, al più vile degli atti maschili.
Jen (Matilda Lutz), sexy e sfacciata, viene invitata dal suo ricco amante alla tradizionale battuta di caccia che l’uomo organizza con due amici. Isolata nel deserto, la ragazza diventa presto preda del desiderio degli uomini e quello che doveva essere un week end di passione si trasforma in un incubo, in una spietata caccia all’uomo.
Lasciamo spazio alle dichiarazioni della regista Coralie Fargeat.
“Revenge è la storia della degradazione di una donna. Una Lolita giovane, frivola e ingenua, assoggettata ai desideri degli uomini, e che gli uomini considerano solo un mero oggetto sessuale. Un oggetto che deve soddisfare il loro desiderio. Anche se ciò significa morire. Anche se non muore fisicamente, il personaggio muore simbolicamente. Ferita nel corpo e nell’anima, questa dolce e insipida bambola rinascerà, trasformandosi in una donna dura, spietata e implacabile. Una donna che niente e nessuno potrà mai più manipolare e maltrattare”.
“La protagonista, che inizialmente è debole e superficiale, si trasforma in una donna ferita ma forte che mette in atto la sua personale vendetta, riprendendo il controllo della sua vita. Su un ulteriore piano, questa pellicola simboleggia il modo degradante in cui le donne vengono rappresentate nei film: troppo spesso viste come un oggetto sessuale, spogliate e umiliate. Il film, inizialmente, gioca proprio con questa rappresentazione enfatizzandola al massimo così da sovvertirla brutalmente”.
“La protagonista, in questo modo, diviene la figura forte del film, un supereroe donna, nonché la forza trainante dell’azione. Questa degradazione è intenzionalmente radicale. Voglio che sia tanto potente quanto imprevedibile. Simbolicamente, da quel ramo sboccia un altro personaggio, che si libera della sua vecchia pelle, lasciandosela alle spalle. Come nel mito della fenice – che risorge dalle sue ceneri e che a ogni nuova resurrezione acquisisce un maggiore controllo sul fuoco – Jen si risveglia trasformata e posseduta da una nuova forza. Come se si fosse nutrita della violenza che si è scatenata su di lei e fosse riuscita a trovare una nuova incarnazione”.
“Il filo narrativo è estremamente essenziale e mira a gettare luce sulla dimensione simbolica e iniziatica del film, che viene efficacemente convogliata dalla sua messa in scena. Una messa in scena che sommergerà lo spettatore in un mondo spietato, carnale, fortemente sensoriale, ostile e violento. Il film, pertanto, è rappresentato in un modo non realistico. L’atmosfera che crea provoca delle sensazioni forti, dà vita a un mondo che amplifica le emozioni. È un’immersione totale in un turbinio sensoriale intrappolato tra fantasmagoria e realtà, dove violenza e sogni coesistono, e dove la forza dei simboli esplode letteralmente. Fino ad oggi, questo tipo di cinema è stato appannaggio quasi esclusivo degli uomini. Revenge è la mia visione di regista donna di questo genere”.