Cockney actor Michael Caine, who starred in such classic British films as 'Alfie' and 'Get Carter'.   (Photo by Stephan C Archetti/Getty Images)

Michael Caine voce e volto di My Generation, un viaggio nella mitica Londra anni ‘60

Cockney actor Michael Caine, who starred in such classic British films as 'Alfie' and 'Get Carter'. (Photo by Stephan C Archetti/Getty Images)

Presentato Fuori Concorso alla 74. Mostra del Cinema di Venezia, dal 22 al 29 gennaio arriva al cinema come evento My Generation, il documentario scritto da Dick Clement e Ian La Frenais e diretto da David Batty che narra l’intensa e motivante storia dell’esplosione della cultura pop negli anni ’60 attraverso gli occhi della leggenda inglese Michael Caine. Caine stesso racconta ed appare al fianco di Beatles, Twiggy, David Bailey, Mary Quant, The Rolling Stones, David Hockney e molti altri nomi iconici, accompagnati da una colonna sonora delle più grandi hit dell’epoca.


Michael Caine introduce il film nel cuore monocromatico ed abbottonato di Londra agli inizi degli anni ’60, in un mondo segnato dalle difficoltà economiche, con il razionamento della Seconda Guerra Mondiale terminato solo sei anni prima. “Crescendo a Londra io e i miei amici eravamo abituati a sentire i nostri genitori parlare dei bei vecchi tempi – riflette Caine con la sua voce inconfondibile – noi ci chiedevamo ‘Cosa c’era di così bello di quei giorni?’”. Negli anni ’60 a Londra si è formata una nuova generazione. Sono energici, ribelli e pieni di speranza, e sono questi giovani uomini e donne, in particolare della classe operaia, che erano destinati ad avere un enorme impatto sulla cultura popolare, mentre le barriere crollavano e il mondo si dirigeva verso il decennio più turbolento del secolo.

Michael Caine nel 1960 aveva 27 anni, era un astro nascente del cinema inglese ed un giovane uomo che si apprestava ad entrare in una tempesta perfetta. Con un bagliore negli occhi, Caine spiega come ha cambiato il suo nome per arrivare a recitare. Il documentario si trasforma in uno splendido technicolor mentre la rivoluzione culturale prende slancio e veniamo trascinati nel movimentato e gioioso mondo della Londra della metà degli anni ’60. La Beatlemania, le minigonne, la pop art, un’era segnata dalla nascita dei primi fotografi famosi, registi e creativi pubblicitari, persone creative che sposarono il mondo in fermento dei mass media con risultati strabilianti. Ruoli in film come Alflie (1964), Un Colpo All’Italiana (1969) e I Lunghi Giorni Delle Aquile (1969) resero Michael Caine una star cinematografica a livello globale.

Michael Caine - © Raymi Hero Productions 2017 Jeff Spicer

Michael Caine – © Raymi Hero Productions 2017 Jeff Spicer

Ma in My Generation rivela quanto fu fortunato ad assicurarsi il suo primo debutto in Zulu (1964), e di come molte altre figure fondamentali degli anni ’60 dovettero lottare solo per farsi notare nell’ambiente. Il panorama di quell’era viene alla luce mentre ascoltiamo Caine che parla con gli Who, i Beatles, Twiggy, Marianne Faithfull e Mary Quant, oltre alle icone creative come David Hockney, Brian Duffy, Barbara Hulanicki (BIBA), Jean Shrimpton, Keith Richards e David Bailey. Il film include scene nuove e originali di Caine mentre visita i vecchi luoghi della sua infanzia e gioventù nel West End, The Kings Road, lungo il fiume Tamigi e fino al leggendario nightclub di Leicester Square The Ad Lib, dove i Beatles e i Rolling Stones si esibivano e dove Rudolph Nureyev imparò come fare il twist. Queste scene sono intrecciate con materiale mai visto di Bailey che fotografa Jean Shrimpton, Vidal Sassoon che spiega le sue acconciature innovative, Mary Quant mentre taglia del tessuto, David Hockney che crea la sua arte e soprattutto i Rolling Stones mentre si preparano per il loro storico concerto di Hyde Park, nei giorni che seguirono la tragica morte del loro chitarrista Brian Jones.

Le speranze di queste giovani brillanti stelle cominciarono ad affievolirsi con l’arrivo delle droghe nelle comunità creative di Londra e la decade volse al termine. Ma ormai il mondo era cambiato per sempre. Caine è un attore di serie A di Hollywood e questo straordinario film è un temporaneo sguardo indietro alla Londra che è stata in un’era molto lontana da cellulari e computer: “Non messaggiavamo tra di noi. Ci parlavamo faccia a faccia e questo è ciò che ha generato creatività, perché le persone potevano incontrarsi e scambiarsi idee”. In sostanza My Generation è la testimonianza di un’era memorabile e di un uomo altrettanto memorabile.

1966: Portrait of British actor Michael Caine leaning on one arm in a still from director Lewis Gilbert's film, 'Alfie'. (Photo by Paramount Pictures/Getty Images)

1966: Portrait of British actor Michael Caine leaning on one arm in a still from director Lewis Gilbert’s film, ‘Alfie’. (Photo by Paramount Pictures/Getty Images)

My Generation integra l’audio delle conversazioni di Caine con le altre celebrità con materiale inedito d’archivio per riportare il pubblico nel cuore degli anni sessanta. In una struggente sequenza, vediamo Caine guidare nella Piccadilly Circus di oggi in sovrapposizione a riprese originali degli anni sessanta, a creare un singolare effetto di viaggio nel tempo. Il regista David Batty ha voluto dedicare un film a Michael Caine, “il mio eroe della classe operaia: sono in debito con lui e con gli anni sessanta. Tutti lo siamo. Non si tratta solo delle canzoni, del cinema, del design, della fotografia: si tratta anche della libertà di mettere in discussione l’ipocrisia delle élites, dell’opportunità di creare un proprio codice morale, dell’ispirazione a essere chiunque si voglia a prescindere dalla propria provenienza. Grazie a lui e a quelli come lui, i miei genitori hanno potuto spezzare le catene delle loro origini operaie per offrirmi una vita migliore”.

Il docufilm parla della rivoluzione avvenuta nella Londra di quegli anni e, continua Batty, “di come Michael Caine e i suoi amici abbiano guidato la carica contro il morente sistema classista creando così una nuova cultura popolare, definendo l’essenza del cool e organizzando la più grande festa mai vista. Lui era lì. Tutti noi lo siamo”. La coppia Dick Clement e Ian La Frenais festeggiano il loro esordio nella scrittura di un film documentario con un copione che comprende due obiettivi: raccontare la storia della cultura pop degli anni ’60 nell’ambito dell’influenza che ha avuto sul resto del mondo negli anni successivi, e in secondo luogo focalizzarsi su Michael Caine e la sua esperienza come voce e guida del documentario.

Michael Caine © Raymi Hero Productions 2017 Jeff Spicer

Michael Caine © Raymi Hero Productions 2017 Jeff Spicer

David Batty chiude con un nuovo elogio al suo eroe: “Michael non mi ha mai fatto sentire come se stessi lavorando con un’icona del cinema o con una star di Hollywood. Dice sempre che gli anni ’60 sono stati gli anni migliori della sua vita e vuole che tutti li conoscano. Questo per lui è un progetto frutto della passione”.

“Per la prima volta nella storia, i giovani della classe operaia lottavano per se stessi e dicevano: siamo qui, questa società è anche nostra e non vogliamo andarcene!”.

Michael Caine

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