Per il progetto Cinema Ritrovato, la Cineteca di Bologna riporta oggi in sala, in versione restaurata, Nosferatu il Vampiro, la pellicola diretta nel 1921 da Friedrich Wilhelm Murnau e considerata “il film capitale del cinema muto”. Una storia, nata da un’idea di Albin Grau e dal romanzo Dracula di Bram Stoker, che vede come memorabile protagonista Max Schreck. La critica lo ha considerato come il capolavoro del regista tedesco e uno dei capisaldi del cinema horror e espressionista.
Siamo nel 1838 e il giovane Hutter (Gustav von Wangenheim) lavora presso un’agenzia immobiliare a Wisborg. Un giorno il suo principale Knock (Alexander Granach) decide di mandarlo in Transilvania dal Conte Orlok (Max Schreck) per firmare gli atti di compravendita. Il Conte vuole infatti prendere casa in paese. Nonostante gli oscuri presagi di sua moglie Ellen (Greta Schröder), Hutter si mette in viaggio per raggiungere Orlock e per fargli firmare gli atti di compravendita.
Avvicinandosi alla sua meta, Hutter entra in contatto con le superstizioni della gente locale, convinta che il castello del conte sia posseduto da forze oscure. In particolare la figura più temuta è quella di Nosferatu, un vampiro sanguinario che si nutre del sangue delle sue vittime e dorme in bare riempite di terra contaminata dalla peste nera. Hutter raggiunge al castello il suo cliente e fin da subito capisce che in lui c’è qualcosa di sinistro. Non ci metterà molto a capire che il Conte Orlock è Nosferatu.
Vittima del vampiro, Hutter viene rinchiuso nella sua stanza da cui riesce a scorgere il conte far partire un carico di bare piene di terra, presumibilmente diretto a Wisborg. Lo stesso Nosferatu si mette in viaggio in una delle bare. Una volta fuggito dal castello, Hutter rientra a casa dalla moglie sempre più provato però dalla maledizione del vampiro. Anche il suo superiore Knock, fin dall’inizio succube di Orlock, finisce rinchiuso in cella dopo aver dato inquietanti segni di pazzia. Intanto Orlock, dopo un lungo viaggio via mare durante il quale stermina l’intero equipaggio, prende possesso della sua nuova casa, situata di fronte a quella di Hutter, da cui di notte scruta la sua nuova vittima: Ellen.
A Wisborg insieme al conte è arrivata anche la peste nera che inizia a mietere vittime: la popolazione cerca in Knock, nel frattempo evaso, il capro espiatorio. L’unica strada per sconfiggere Nosferatu è quella di esporlo alla luce del sole. Per questo Ellen si sacrificherà, dissetando il vampiro del sangue fino all’alba inoltrata. Assieme al conte Orlok svaniranno anche la terribile epidemia e la maledizione che aveva colpito Hutter.
È quasi un miracolo poter ammirare ancora oggi il Nosferatu di Murnau. Il destino ha infatti voluto che di questo film muto, proiettato per la prima volta il 5 marzo 1922, fu ritrovata una sola copia (qualcuno salvò i negativi della pellicola) dopo che tutte le altre furono bruciate in quanto il regista non corrispose i diritti d’autore a Bram Stoker, ideatore con il suo Dracula della storia ispiratrice. Fu la vedova del giornalista irlandese a far causa alla casa produttrice e Murnau, nonostante avesse nel frattempo cambiato tutti i nomi dei personaggi, alla fine perse.
Nosferatu è la prima versione sul grande schermo del Conte Dracula, il non-morto dalle lunghe unghie artigliate e dagli occhi incavati. Rigido, scheletrico, un automa semi-incosciente. Il vampiro che, simbolicamente, per Murnau rappresentava l’elemento disturbante e violento per la classe borghese ottocentesca, uno spauracchio eversivo da opporre alla buona educazione e all’ipocrisia di facciata. Senza anima, nella sua staticità ossessiva, Nosferatu diventa simbolo di un male che l’Uomo non può sconfiggere. È solo il sole, la Natura, che può scrivere la sua fine.
Sul piano formale, per Jacques Lourcelles il film “si allontana dall’espressionismo e lo trascende: prima d’ogni altra cosa per l’importanza che vi ha la Natura, per l’impressionante varietà di esterni reali che ne accrescono il romanticismo magico: Murnau s’abbandona totalmente al suo gusto della polifonia e del contrappunto, sul piano drammatico e cosmico”. Nosferatu è prima di tutto un poema metafisico “nel quale le forze della morte mostrano la vocazione – una vocazione inesorabile – ad attirare a sé, aspirare, assorbire le forze della vita, senza che nella descrizione di questa lotta intervenga alcun manicheismo moralista“.