Dopo essere stata presentata in anteprima nazionale, con successo di pubblico e critica, al 12° Biografilm Festival, è da oggi in tutte le sale italiane Ma Ma – Tutto Andrà Bene, la drammatica pellicola di Julio Medem con protagonista una intensa Penélope Cruz. Una storia sulla vita, la malattia, l’amore e la maternità.
Magda (Penélope Cruz) è un’insegnante che ha da poco perso il lavoro e a cui viene diagnosticato per ben due volte un cancro al seno. La prima volta il cancro è curabile, la seconda il verdetto non lascia scampo: il cancro è tornato e non è più curabile. La vicenda si svolge nella crisi economica e nell’anno in cui la Spagna è Campione d’Europa.
Magda decide di affrontare la sua situazione con più leggerezza possibile, traendo la propria forza dai suoi affetti più cari: il figlio di 10 anni (Teo Planell) che è considerato una promessa del calcio, un ginecologo che ama cantare e un uomo – che ha perso da poco la moglie e la figlia – che entra improvvisamente a fare parte della vita della donna. Magda crede fermamente nella filosofia del “qui e ora”, non ha importanza cosa potrebbe trovare ad attenderla in un aldilà, Magda è decisa a vivere la sua vita con tutta la gioia possibile, e questo suo atteggiamento finisce per contagiare anche chi le sta vicino. Magda decide di sfidare apertamente il suo destino quando scopre di essere incinta nonostante le restino pochi mesi di vita da vivere.
Vi proponiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Julio Medem.
Quando ha iniziato a scrivere il copione del film e da dove ha tratto l’idea?
Durante l’inverno del 2006 ho visitato il Museo di Arte di Düsseldorf e mi è rimasta impressa nella mente una scultura che ho trovato molto disturbante: Brozen Frau nº 6 by Thomas Schütte. Rappresentava l’immagine di una donna scolpita nel bronzo, contorta dal dolore, mentre cercava di trasportare il peso della vita e il peso della morte che aveva dentro: questa è la genesi di Ma Ma. Possiamo affermare che la primissima cellula del film è fatta di bronzo.
Quindi l’idea principale consisteva nel rappresentare la lotta tra la vita e la morte?
Il fatto è che la statua sembrava rappresentare una donna nell’atto di generare una vita e pensai che poteva essere un buon punto di partenza l’idea di una nuova vita che osserva qualcuno che è molto malato. Questo mi fece venire in mente di utilizzare come punto di partenza l’idea del cancro. Il cancro simboleggia il male ed è l’antagonista contro cui tutti i personaggi del film devono combattere facendo emergere la loro parte migliore. La donna combatte questo terribile male, ma inizialmente è molto spaventata. Successivamente Magda scopre di essere incinta e decide con coraggio di portare avanti la gravidanza e di far nascere questa nuova creatura, come lascito personale al mondo una volta che se ne sarà andata e come simbolo per celebrare la vita.
Perché avete deciso di girare durante il Campionato Europeo del 2012? Si tratta di un anno di forti contrasti per la Spagna, di successi e di fallimenti – come la vittoria della Euro Cup e la profonda crisi economica dei quel periodo. Questo riflette in qualche modo gli alti e bassi che Magda vive nel corso del film?
Sicuramente ci sono dei collegamenti con la storia di Magda. Ho scritto questa storia nel 2007 quando non c’era ancora una forte crisi politica ed economica, e non c’era nessun motivo per insistere all’interno del film sugli aspetti politici. Quando Penelope ha proposto di girare il film, la Spagna stava partecipando con successo ai Campionati Europei, ma contemporaneamente stava vivendo una profonda crisi economica che aveva ridotto il paese al collasso. Il paradosso sta nel fatto che i telegiornali e i media non perdevano occasione per celebrare le vittorie calcistiche spagnole, lasciando in secondo piano i temi più seri. Questo mi colpì moltissimo e pensai che fosse un tema da inserire nel film. Volevamo mostrare che anche Magda in qualche modo è una vittima della crisi, perché anche lei ha perso il lavoro in quel periodo.
Nonostante parli di un male incurabile, questo film lascia qualche spiraglio di speranza?
Inizialmente volevo evitare di mettere in primo piano la tragedia, evitare di cadere nelle tenebre, di esplorare la sofferenza e di farlo diventare un film sentimentale strappalacrime. Volevo che i protagonisti trattenessero dentro le proprie lacrime. L’idea principale era di cercare la luce in qualsiasi luogo essa si potesse trovare, anche nel più piccolo spiraglio. Andava aperto un piccolo buco nel soffitto ogni volta che la storia diventava troppo pesante e avevi la sensazione di non potercela fare. Il quesito era, quanta luce? Solamente il minimo indispensabile, in modo da poter osservare la vita al suo interno. E quanto intensa doveva essere? Magari soft e avvolgente in alcuni momenti. Abbiamo fatto in modo che vi fosse anche armonia e bellezza. E nei momenti in cui la realtà diventava crudele abbiamo deciso di non distogliere lo sguardo, si usare un punto di vista frontale, senza alcun filtro.
Una ricerca del giusto equilibrio…
Questa accurata ricerca per trovare la giusta misura è stata molto complessa, soprattutto in un film come questo, caratterizzato da alcuni rischi che abbiamo identificato chiaramente fin dall’inizio e che non erano semplici da gestire, al contrario, si potevano rivelare molto pericolosi. Il primo di questi è la terribile accoppiata tumore al seno e morte, due concetti purtroppo molto presenti nella vita quotidiana di molte donne e dei loro cari. Un tema che richiede un profondo rispetto. In Ma Ma vogliamo affermare che una volta che la morte si rende visibile all’orizzonte la vita che ci accingiamo a lasciare acquista un valore maggiore, diventa più potente, anche se a volte affiorano momenti di tristezza, depressione e ci sembra di sprofondare. Ecco è in quei momenti che bisogna dare alla vita un nuovo valore, anzi un valore assoluto. Perché non celebrare dunque la vita per tutta la sua intera durata, anche se stiamo parlando della morte che estinguerà quella vita stessa?
Come affrontano la vicenda i protagonisti della storia?
Un altro potenziale rischio risiede nel fatto che tutti i personaggi, ad esclusione del marito di Magda, sono quelli che definiremmo delle “brave persone”. Non ci sono personaggi cattivi qui, perché è già presente il male più potente, il cancro, che diventa l’antagonista di tutti quanti, spingendoli a lottare e a tirare fuori il meglio da loro stessi. In questo modo vi è una catarsi della tragedia, partendo da un male che nessuno meritava – perché privi di colpe – si genera e si diffonde l’amore tra i quattro protagonisti e, di riflesso, anche al quinto protagonista che cresce nell’utero di Magda. Sotto questo punto di vista, Ma Ma è una storia di amore nel più profondo senso del termine.
Chiudiamo con una riflessione dell’attrice protagonista, Penélope Cruz.
Perché ti ha affascinato questa storia?
Questa storia parla della malattia e del cancro, ma non solo. Parla soprattutto del modo in cui questa giovane donna affronta i suoi problemi e la terribile situazione in cui si trova. Questa donna rappresenta l’ottimismo e la positività e ci dimostra quale sia il valore della vita. Quindi, nonostante la presenza nel film di alcuni momenti molto tristi, toccanti e crudi che parlano della malattia, in realtà questi non suscitano nello spettatore sentimenti di depressione e di questo ne sono molto felice. Il film ti lascia con il desiderio impellente di andare a casa dalla tua famiglia, abbracciare i tuoi cari e dire loro quanto li ami.