Oggi è il 75° compleanno di Renato Pozzetto, uno dei simboli indiscussi della commedia italiana anni 70-80. Non solo attore ma anche regista. Non solo sceneggiatore ma anche cantante. Un artista del buonumore, capace di far ridere ed emozionare con uno stile unico e inimitabile.
Nato a Laveno-Mombello e figlio di una coppia di lavoratori, Pozzetto trascorre la sua infanzia e la sua adolescenza a Gemonio, nel varesotto. A scuola si iscrive in un istituto tecnico per geometri, ma il suo destino è nel mondo del cabaret. È il 1964 quando forma un duo comico con Cochi Ponzoni: i due debuttano insieme all’Osteria dell’Oca. Insieme ad altri artisti come Enzo Jannacci, Felice Andreasi, Bruno Lauzi e Lino Toffolo formano Il Gruppo Motore ed approdano al Derby di Milano: è in quel momento che nascono Cochi e Renato. Comici, poetici, originali, semplici, i due riscuotono un grande successo, tanto da arrivare in breve tempo ad esibirsi in diverse trasmissioni della Rai. Insieme a Jannacci scrivono dei capolavori assoluti della canzone leggera: La Gallina, Canzone Intelligente e la famosissima E la Vita, la Vita.
A partire dalla metà degli anni settanta però Renato Pozzetto prosegue la carriera da solo, debuttando nel cinema. In Per Amare Ofelia (1974, di Flavio Mogherini e con Giovanna Ralli), si vedono già le due grandi doti e capacità di attore comico-surreale dotato di una grande mimica. Subito dopo si ricordano: Oh! Serafina (1976, di Alberto Lattuada e al fianco di Dalila Di Lazzaro), Giallo Napoletano (1979 thriller poliziesco di Sergio Corbucci con Marcello Mastroianni), La Patata Bollente (1979, uno dei tanti che ha girato diretto da Steno).
Il cinema lo affiancherà al suo amico Cochi in sei le pellicole: Telefoni Bianchi di Dino Risi, Luna di Miele in Tre di Carlo Vanzina e Sturmtruppen di Salvatore Samperi, tutti e tre usciti nel 1976; Tre Tigri Contro Tre Tigri di Sergio Corbucci e Steno (1977) e due film da lui stesso diretti nel 1978: Io Tigro, Tu Tigri, Egli Tigra (il primo episodio) e Saxofone. Dopo questi, il Pozzetto regista realizzerà ancora Il Volatore di Aquiloni (1987), Papà Dice Messa (1996) e Un Amore su Misura (2007).
Me è negli anni Ottanta che Pozzetto vive il suo periodo d’oro, spesso diretto da Sergio Martino, Castellano&Pipolo e Pasquale Festa Campanile. Pellicole diventate dei Cult, come, solo per citarne alcuni: Mia Moglie è una Strega (1980), Sono Fotogenico (1980), Nessuno è Perfetto (1981), Il Ragazzo di Campagna (1984), E’ Arrivato Mio Fratello (1985), I Grandi Magazzini (1986), 7 Chili in 7 Giorni (1987), Noi Uomini Duri (1987).
Negli anni Novanta invece i film calano, ma si ricorda comunque la serie di Comiche in coppia con Paolo Villaggio, Ricky e Barabba (1992), Anche i Commercialisti Hanno un’Anima (1994), Miracolo Italiano (1994) e Mollo Tutto (1995). Nel 2009 torna in Oggi Sposi e quest’anno in Ma Che Bella Sorpresa di Alessandro Genovesi.
Sempre all’altezza della situazione, Renato Pozzetto nella sua carriera cinematografica ha avuto l’onore di recitare insieme a Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Vittorio Gassman. E poi ancora Adriano Celentano, Carlo Verdone, Johnny Dorelli, Enrico Montesano e Massimo Boldi. Spazio poi ad uno splendido elenco di attrici: da Mariangela Melato a Monica Vitti, da Claudia Cardinale ad Edwige Fenech, da Ornella Muti, ad Eleonora Giorgi, ma l’elenco è lunghissimo.
Uno spazio a parte però lo vogliamo lasciare ad un autentico gioiello, quel bellissimo e indimenticabile Da Grande, pellicola diretta da Franco Amurri nel 1987 con un superlativo Renato Pozzetto al fianco di Alessandro Haber, Ottavia Piccolo e Giulia Boschi. La trama vede protagonista Marco, un bambino di otto anni che si sente trascurato dai genitori e preso in giro dai compagni. Quando nel giorno del suo compleanno suo padre (Alessandro Haber) non gli presenta il Lego che gli avevo promesso e mentre la mamma gli porta un tipo di torta da lui detestata, scappa piangendo in camera disperato manifestando la volontà di diventare grande. Come un incantesimo, il suo desiderio si realizza e Marco si ritrova nel corpo di un quarantenne (Renato Pozzetto).
Ricco di magia e sorpresa, questo poetico film mescola la prospettiva con cui guardiamo la vita. Gli adulti sembrano perdersi tutto il bello del mondo, mentre i bambini hanno gli occhi che ridono. A distanza di 28 anni, vediamo protagonista una famiglia in crisi economica che non riesce trasmettere protezione e serenità a Marco, bambino inquieto e insicuro che ancora fa la pipì a letto. Una volta diventano grande, riuscirà finalmente ad avvicinarsi a Francesca (Giulia Boschi), la maestra di italiano di cui è innamorato, nonché segreta amante di suo padre. Nel magico e commovente finale, Marco – tornato bambino per poter riabbracciare la famiglia e i compagni che in sua assenza hanno capito quanto ci tenessero a lui – riesce a convincere Francesca ad esprimere il desiderio di tornare bambina. I due si ritroveranno mano nella mano, piccoli, mentre corrono nel corridoio della scuola.
Impossibile, per chi ha visto e amato questo film, dimenticare la maiuscola e dolce interpretazione di Pozzetto, in un ruolo che sembrava disegnato apposta per lui. Un quarantenne dallo sguardo buono e innocente, un essere umano che nella società di oggi non sembra più esistere. Il suo animo infantile ma protettivo e pieno d’amore riempie di emozioni chi si identifica nell’uno o nell’altro: il bambino che sogna di diventare grande, e l’adulto che rimpiange la sua infanzia.
Oggi fa impressione rivedere quell’Italia, quel Paese dei (vecchi) balocchi. I bambini degli anni Ottanta, che fanno merenda e guardano i cartoni, che giocano all’aperto nei parchi mentre in casa si divertono con il nascondino. Bambini che collezionavano i pacchetti di figurine e che sognavano il Lego e non i videogames, ancora lontani dalla rivoluzione del web.
Con il passare del tempo, continua a crescere sia la nostalgia per quegli anni, sia la bellezza di questo piccolo-grande film. Tutto merito di Renato Pozzetto, nel ruolo della sua vita, oggi sempre più grande, ma con ancora quegli occhi e quello sguardo che ci fa sorridere, come fosse un bambino.
Giacomo Aricò