Tratto dall’omonimo romanzo che Robert Bloch scrisse nel 1959, lunedì 10 ottobre la Cineteca di Bologna, per il progetto il Cinema Rtrovato, riporta nelle sale Psycho, il capolavoro horror del 1960 diretto dal maestro Alfred Hitchcock che portò sul grande schermo l’adattamento di Joseph Stefano. Anthony Perkins e Janet Leigh, protagonisti della celeberrima sequenza della doccia, tornano al cinema in questa versione restaurata in 4K che contiene tredici secondi di materiale restaurato tagliati dalla censura dopo l’uscita iniziale nelle sale. Ora è possibile vedere il film come fu visto originariamente nei cinema nel 1960, proprio come lo aveva pensato e voluto Alfred Hitchcock.
Il film
Il capolavoro del macabro di Alfred Hitchcock vede Anthony Perkins nei panni del tormentato Norman Bates, tassidermista e voyer, la cui vecchia casa buia e il motel adiacente non sono esattamente il posto dove trascorrere una serata tranquilla. Nessuno lo sa meglio di Marion Crane (Janet Leigh), la sfortunata cliente il cui viaggio termina nella famigerata scena della doccia, 45 secondi fra i più celebri della storia del cinema. A cercarla saranno un investigatore privato e la sorella di Marion (Vera Miles). Hitchcock gioca da maestro con le attese e le emozioni del pubblico: l’orrore e la suspense salgono fino a quando il volto del misterioso assassino verrà finalmente rivelato.
“L’idea, in Psycho, è che basta una lieve deviazione nelle relazioni umane (deviazione di percorso, di comportamento, di desiderio) perché esse conducano alla distruzione. Psycho svela il caos appena sotto la superficie levigata della civiltà, la barbarie come sempre tra di noi, dentro di noi”.
Peter von Bagh
Alfred Hitchcock raccontò…
“Ho sempre pensato che sullo schermo bisogna mostrare il minimo per ottenere il massimo sul pubblico. A volte è necessario mostrare un po’ di violenza, ma soltanto se vi è una forte motivazione. Per esempio, in Psycho è presente questo assassinio impressionistico in una doccia […]. Ora, una volta mostrata quella scena, ho instillato nelle menti degli spettatori un’apprensione riguardo l’esistenza di un assassino in modo che, col procedere del film, ho potuto ridurre e praticamente eliminare l’ulteriore violenza perché desideravo che la minaccia fosse soltanto percepita. […] Psycho è stato concepito soprattutto per depistare lo spettatore. Lo spettatore doveva pensare che il film parlasse di una ragazza che rubava 40.000 dollari. […] La mia più grande soddisfazione è che il film ha avuto un effetto sul pubblico, ed era la cosa alla quale tenevo di più. In Psycho del soggetto mi importa poco, dei personaggi anche; quello che mi importa è che il montaggio dei pezzi del film, la fotografia, la colonna sonora e tutto ciò che è puramente tecnico possono far urlare il pubblico”.