Un doppio, emozionante ritratto di donna sullo sfondo della Turchia di oggi, sospesa tra modernità e tradizione: è Ana Yurdu (Motherland), il film della giovane Senem Tüzen (1980), presentato oggi in concorso alla 30esima Settimana Internazionale della Critica.
Come in tanto cinema turco contemporaneo, anche qui l’intimità dei rapporti familiari si fa specchio di un’intera società. E così il “duello” tra Nesrin, che dopo un divorzio doloroso fa ritorno al villaggio di sua nonna per coronare il suo sogno di scrittrice, e la madre che – non invitata – appare all’improvviso, finisce per mettere non soltanto i propri mondi interiori, distanti se non inconciliabili, ma anche le contraddizioni di un intero Paese.
“In Turchia – spiega la regista Senem Tüzen – ci sono milioni di persone che, come Nesrin, sono cresciute in città dopo che i genitori hanno lasciato i propri villaggi d’origine. Il punto di vista e le aspettative di questi giovani sono spesso ben distanti dal modo di vedere tradizionale e religioso dei loro genitori: e soprattutto per le ragazze è difficile far convivere le influenze della famiglia con quelle della società in cui stanno crescendo”.