Dal regista Cubano Ernesto Daranas, giovedì 24 maggio arriva al cinema Sergio & Sergei, una commedia surreale su un’amicizia, ispirata all’incredibile storia vera di Sergei Krikalev, che partito dall’Unione sovietica il 18 maggio del 1991 alla volta della stazione orbitante Mir, al suo ritorno sulla terra il 25 marzo del 1992, trovò un nuovo Paese e una nuova bandiera.
È il 1991, l’URSS è crollata e la Guerra Fredda è finita. Solo un uomo deve ancora scoprirlo: dall’interno della stazione spaziale MIR, Sergei (Héctor Noas), l’ultimo cosmonauta sovietico, può vedere l’intero pianeta ma non sa che la sua nazione non esiste più. L’agenzia spaziale non ha i fondi per riportarlo a casa ed è quindi costretto a prolungare in modo indefinito la sua permanenza in orbita, lontano dal suo paese e isolato dal resto del mondo. Nel frattempo, in una Cuba prossima al collasso, anche per Sergio (Tomás Cao), professore di filosofia marxista e radioamatore, il sogno comunista sembra essere finito.
Per sopravvivere alla crisi, in una Avana impoverita, produce clandestinamente sigari e rum con la complicità dell’anziana madre. Un giorno, uno scambio di frequenze radiofoniche mette casualmente in contatto Sergio e Sergei. I due diventano subito amici, e quando un meteorite colpisce e danneggia la stazione MIR, Sergei chiede a Sergio di aiutarlo a tornare sulla Terra. Con l’aiuto di un amico statunitense che ha delle conoscenze alla NASA, Sergio organizza un piano, anche con l’aiuto di uno “sgradito” sponsor americano, per salvare Sergei dalle profondità dello spazio. Ma Sergio non sa di essere sotto sorveglianza e che il governo cubano segue ogni passo del suo piano.
Lasciamo spazio alle note di regia di Ernesto Daranas.
“1991. Il partito socialista da cui Cuba aveva da sempre dipeso collassò, portandosi appresso una crisi senza fine che ha cambiato le nostre vite. Nonostante questo Sergio e Sergei è una satira raccontata con nostalgia, probabilmente perché, per me, quelli furono degli anni sereni. I miei figli sono nati nel momento “giusto”. I soldi che stavo accumulando dalla scrittura di oltre un centinaio di sceneggiature teatrali al mese per degli spettacoli radiofonici non erano sufficienti per supportare la mia famiglia, che in quegli anni si stava ampliando. Dovetti, alla fine, accettare di implementare i guadagni della mia “letteratura” con gli introiti di una distilleria clandestina che organizzai in casa mia”.
“Quindi Sergio è una persona che conosco molto bene; è qualcuno che dovrà improvvisamente rendersi conto che la sua laurea in Marxismo (che ha conseguito a Mosca) non lo aiuterà a dare un futuro ai suoi figli. Sergio dovrà sfuggire alla medesima difficoltà che anche io ho dovuto superare, per questo ho voluto raccontare la storia esattamente nello stesso modo in cui io l’ho vissuta (o la ricordo?), mostrando la decisione folle che abbiamo dovuto prendere per aggirare il momento più difficile mai affrontato. Volevo raccontare la sua storia nel modo in cui io l’ho vissuta, per questo motivo mi sono preso la libertà di farne una commedia: l’humor e l’immaginazione ci aiutano ad affrontare la vita quando le cose si complicano”.
“Ho visto per la prima volta Sergei in un manifesto pubblicitario di una televisione Cubana. Fu presentato come l’ultimo eroe di una morente URSS, un uomo che lasciò un Paese per trovarne un altro, completamente diverso, al suo ritorno. Fu solo dopo alcuni anni che scoprii le reali motivazioni della sua prolungata permanenza nello spazio: in quel momento trovai che Sergei, come Sergio, fosse stato raggirato dalla Storia, ecco perché secondo me valeva la pena mettere in contatto questi due uomini l’uno con l’altro”.
“Sergio guarda il cielo e sa che la MIR si sta muovendo con il suo amico a bordo. Come può aiutarlo a tornare da una stazione spaziale che non riesce nemmeno a vedere? Sergei, d’altra parte, guarda fuori dall’oblò e contempla il pianeta su cui desidera ritornare, non come eroe che ha superato il record di giorni passati nello spazio ma semplicemente come l’uomo che ha potuto abbracciare, ancora una volta, sua moglie e i suoi figli”.
“È anche una commedia paradossale in cui un evento improbabile ed inaspettato congiunge le vite di due uomini le cui anime si sono perse con la fine della Guerra Fredda. E in un momento in cui il cinema è estremamente tecnologico, con un eccesso di effetti speciali iperrealistici, è importante intraprendere un approccio differente. Ecco perché l’universo che m’interessa maggiormente è l’uomo più che il digitale. Non c’è nulla di affascinante nella MIR; così come non c’è nulla di affascinante nella vita dell’uomo, segnata dall’intolleranza, dal dogmatismo e dalla povertà. Quindi com’è possibile che io trovi ancora così tanta bellezza nel mondo che mi circonda? Forse perché non ho perso la speranza che un giorno riscopriremo ciò che siamo veramente come nazione e come persone? Queste sono le domande a cui voglio rispondere con questo film”.