Sta già facendo discutere The Green Inferno, il film, che rappresenta il ritorno alla regia di Eli Roth, che uscirà domani in Italia, in anteprima mondiale (negli Stati Uniti uscirà il 25 settembre). La Commissione Censura ha predisposto il divieto di visione per i minori a causa “dell’eccessiva crudeltà di alcune immagini e per la presenza di contenuti troppo esplicitamente violenti”.
The Green Inferno racconta la storia di un gruppo di giovani attivisti di New York che parte alla volta dell’Amazzonia per salvare una tribù di indigeni a rischio di estinzione a causa del saccheggio delle risorse naturali e della distruzione del loro habitat ad opera delle multinazionali. Sfruttando il potere e la velocità di comunicazione consentita dai social media e dal web, raggiungono l’area del villaggio che sta per essere devastata dalle ruspe distruttive, si incatenano agli alberi e iniziano a riprendere tutto con i loro telefonini al fine di trasmettere in streaming l’azione.
Durante il loro ritorno a casa, però, qualcosa va storto. Un terribile incidente squarcia il loro aereo e tutti i passeggeri si ritrovano nel cuore della giungla. Feriti e terrorizzati vengono presi in ostaggio proprio dalla tribù di nativi che erano andati a salvare. Presto scopriranno che oscure usanze primitive sono ancora presenti nella giungla amazzonica: cannibalismo, atti barbarici e altri rituali che distruggono corpo, mente e anima.
Dopo il successo ottenuto con Hostel, Eli Roth torna alla regia per il cinema con questo cannibal-horror che racconta cosa succede quando il fenomeno dell’attivismo da poltrona, la risposta benintenzionata dei social media alle catastrofi globali, si trasforma in terrore nel cuore della Foresta Amazzonica.
Roth aveva già iniziato la stesura della storia originale del film quando il video Kony 2012 si diffuse in maniera virale in internet nella primavera del 2012. L’organizzazione Invisible Children realizzò, infatti, un filmato per spingere gli attivisti locali a sostenere la deposizione del guerrigliero africano Joseph Kony. L’associazione dichiarò che il video aveva ottenuto più di 100 milioni di visualizzazioni, grazie soprattutto ai retweet e alle citazioni nei social media.
La campagna tuttavia iniziò a presentare problemi, i fondi non furono mai rendicontati e il fondatore Jason Russell ebbe un esaurimento nervoso di dominio pubblico. Roth rimase sorpreso da questo caso perché molto vicino al significato della storia che stava scrivendo: “avevo scritto la storia di alcuni studenti che, desiderosi di risolvere i problemi del mondo, prendono la scorciatoia diffondendoli in streaming e mettendo pubblicamente in imbarazzo chiunque compia azioni spietate”, ha dichiarato il regista.
Proprio quando stava per terminare la stesura della sceneggiatura, uscì Kony 2012 che per Roth ha rappresentato il punto critico: “tutti postavano tweet su quanto avevano appreso da un video su YouTube, quasi costringendo per la vergogna gli altri utenti a rilanciare l’argomento con dei retweet, come se la mancata diffusione della notizia fosse un segno di indifferenza nei confronti dei bambini soldati in Uganda. Considerai il fenomeno ancora di più come una dimostrazione pubblica messa in atto da persone con l’intento di apparire buone“.
Il mese successivo il leader della causa fu sorpreso mentre commetteva atti osceni per le strade di San Diego: “non successe nulla e, certo, questo favorì la presa di coscienza del problema, ma retweettare link ai video di YouTube non significa fermare effettivamente i guerriglieri”.
Di fronte alle ricadute di Kony 2012, Roth comprese che stava lavorando a qualcosa di importante. “Voler aiutare altre persone così lontane da noi”, ha affermato Roth, “nasce da un buon proposito, ma alla fine si trasforma nel desiderio di sentirsi a posto con la propria coscienza”.
Roth sapeva di voler girare The Green Inferno nella Foresta Amazzonica peruviana e in Cile, una terra che il regista ama: “girare le riprese in Cile significa lavorare in maniera completamente diversa, la rinascita creativa del Cile si percepisce nell’aria. Gli artisti si stanno trasferendo in questo paese pieno di vita, di energia e con una scena musicale incredibile, un paese né anonimo né globalizzato come tanti altri luoghi”.
“The Green Inferno è come un glorioso ritorno al passato, ai film drive-in della mia gioventù. Sanguinoso e avvincente, è difficile da guardare ma è altrettanto difficile distogliere lo sguardo”
Stephen King