Dopo essere stato presentato alla 13esima Festa del Cinema di Roma, giovedì 20 dicembre arriva al cinema The Old Man & the Gun, il film scritto e diretto da David Lowery e basato sull’articolo del New Yorker firmato da David Grann. Il cast è guidato dall’immenso Robert Redford e da: Casey Affleck, Danny Glover, Tika Sumpter, Keith Carradine, Isiah Whitlock, Jr., John David Washington, Tom Waits e Sissy Spacek.
Il film
The Old Man & the Gun si basa sulla storia vera di Forrest Tucker (Robert Redford), dalla coraggiosa fuga dal carcere di San Quintino all’età di 70 anni fino a una serie di colpi senza precedenti che incantarono il pubblico e lasciarono le forze dell’ordine a brancolare nel buio. A dare la caccia a Tucker sono il detective John Hunt (Casey Affleck), sempre più affascinato dalla dedizione di Forrest all’arte del furto, e una donna (Sissy Spacek) che lo ama nonostante la professione che si è scelto.
Un nuovo e ultimo ruolo per Robert Redford
Durante la sua prolifica carriera, il premio Oscar Robert Redford ha interpretato numerosi personaggi ribelli e fuorilegge estremamente carismatici, dal rapinatore di treni con la mira perfetta di Butch Cassidy al mago delle truffe nel classico film su un colpo grosso La Stangata; ora porta sullo schermo la leggenda di Forrest in The Old Man & the Gun. Tucker si è sempre dedicato a un unico mestiere, che però era un lavoro per cui aveva un talento naturale e che svolgeva con gioia sfacciata. Peccato che si trattasse di rapinare banche. Nei primi anni Ottanta, ormai più che settantenne, Tucker organizzò un’ultima, leggendaria serie di colpi con la “Over-The-Hill Gang” (nel film “La banda dei vecchietti d’assalto”), una banda di criminali attempati che per le rapine preferiva ammaliare con le buone maniere piuttosto che usare metodi più aggressivi.
Tucker non ha mai smesso di sfidare l’avanzare del tempo, le aspettative e le regole, trasformando la propria vecchiaia nel culmine della sua carriera criminale. L’unica arte che conosceva era quella della rapina, che cercava di perfezionare a ogni costo, a prescindere da quanto irrealizzabili fossero i suoi sogni. Redford, che da qualche anno meditava di ritirarsi dalle scene, è stato subito calamitato dal ruolo di Tucker ed è stato felice di ritrovare lo sceneggiatore e regista David Lowery, che aveva conosciuto al Sundance: “mai dire mai, però ho praticamente deciso che sarebbe stato il mio ultimo ruolo. Ho detto a David che l’unica condizione era che il film fosse divertente. Forrest è un personaggio meraviglioso e complesso, pieno di vita e amante del rischio, ma anche deciso a divertirsi” ha spiegato Redford.
Dall’articolo di Grann alla regia di Lowery
Lowery ha preso in parola la descrizione di Redford. Basandosi sull’articolo di Grann, ha costruito una storia intrisa della mitologia spensierata di un western moderno. L’effetto è quello di una storia raccontata intorno al fuoco, che parla di un’epoca in cui tutto era più semplice: gli anni Ottanta, l’ultimo decennio prima che Internet e i dispositivi mobili rivoluzionassero tutto. Era un periodo in cui si aveva meno fretta e più spazio per nascondersi, cosa che ha dato all’inseguimento di Tucker da parte dell’agente sulle sue tracce una lentezza meravigliosa che entrambi i protagonisti apprezzavano. Anche Forrest però dà la caccia a qualcosa: un’ultima speranza d’amore e il desiderio di lasciare un’eredità, anche se da fuorilegge.
Il fulcro della sceneggiatura di Lowery non è soltanto un omaggio a un complesso antieroe, ma anche un’ode ai momenti più importanti della carriera quarantennale di Redford, fra cui la fondazione del Sundance Institute, che ha segnato una svolta nel mondo del cinema e ha anche favorito l’ascesa di Lowery come cineasta indipendente. Nello spiegare cosa lo attirava della storia, al di là dell’opportunità di creare un personaggio su misura per un’icona del cinema, Lowery ammette di avere un debole per Forrest: “mi ci ritrovo moltissimo, è una persona che fa ciò che ama e riesce a farla franca. Sono sicuro che anche Robert Redford si è trovato in sintonia con lui per lo stesso motivo”.
Forrest Tucker, rapine e sentimenti
Perfino nelle eccentriche classifiche dei fuorilegge più famosi, Forrest Tucker era considerato un personaggio a sé, un rapinatore di banche professionista che era riuscito a evadere dal carcere ben 18 volte e aveva messo a segno numerosi colpi anche dopo aver ampiamente superato i settant’anni. Questo è stata la ragione iniziale che ha spinto il giornalista e autore David Grann a raccontare la storia di Forrest sul New Yorker nel 2003, tre anni dopo che il leggendario rapinatore era stato rispedito in prigione alla veneranda età di 80 anni per un altro geniale colpo a coronamento di una carriera durata letteralmente tutta la sua vita. Grann ha mostrato al mondo un uomo il cui innegabile orgoglio per il suo lavoro risulta incredibilmente comprensibile, persino lodevole, dato che Tucker era sì un criminale fuorilegge, ma anche un uomo gentile. Lowery ha trasformato la storia in un duplice, allegro gioco tra gatto e topo: da una parte la storia d’amore tra Tucker e quella che forse era l’unica donna a poter sopportare la sua riprovevole scelta professionale; dall’altra la storia dell’agente stanco della vita che ha deciso di dargli la caccia.
Il mondo del crimine e Internet
Il regista ha inoltre sottolineato che fino a qualche decennio fa sia il mondo del crimine sia quello delle forze dell’ordine avevano dinamiche molto diverse. Senza Internet né smartphone e con pochissimi computer a disposizione, se la polizia di stati diversi voleva condividere delle informazioni, doveva necessariamente ricorrere al telefono o alla posta. La maggior parte dei poliziotti portava ancora il revolver anziché armi automatiche: “tutti i miei film si svolgono in quello spazio temporale, prima che la tecnologia invadesse la nostra vita” spiega Lowery.
Era un’epoca in cui i poliziotti potevano prendersi tutto il tempo per inseguire i rapinatori, quando contava quasi più lo spirito della caccia che l’effettiva cattura, il che è quello che succede tra Forrest e John Hunt. “È nella caccia che si sprigiona tutta l’energia – osserva Lowery – nei film c’è sempre un po’ di delusione quando la caccia finisce, non è vero? E io segretamente spero che il poliziotto lasci andare il rapinatore. Mentre scrivevo la sceneggiatura, il fatto che Hunt lasci andare Tucker quando ne ha la possibilità è probabilmente uno degli elementi più personali della storia. Sono proprio io che non voglio che Forrest venga catturato”.
…and the Gun
Per Lowery era anche fondamentale evidenziare che Forrest aspirava alla pace, più che a fare del male alle persone. Nel suo articolo Grann aveva scritto che secondo Forrest la violenza gratuita indicava che il rapinatore era un dilettante: “per lui i banditi migliori erano come degli attori di teatro, capaci di ipnotizzare i presenti con la pura forza della loro personalità. Alcuni addirittura si truccavano e si esercitavano per entrare nel personaggio”. A Lowery quest’idea è piaciuta molto: “Forrest aveva un’arma, ma per me era importante che non si vedesse mai. Se l’articolo non fosse stato intitolato The Old Man and The Gun (Il vecchio con la pistola), probabilmente avrei escluso del tutto le armi” conclude il regista.
“Forrest Tucker era un gentiluomo. Un gentiluomo che rapinava le banche”.
David Lowery