Da qualche settimana un film polacco è diventato un fenomeno in tutto il mondo, Italia compresa. Diretto da Barbara Białowąs e Tomasz Mandes, 365 Giorni racconta, all’interno di una cornice soft porno, di un uomo che per sedurre una donna decide di rapirla. Una premessa estrema, una fotografia patinata e un velo di polemiche ad alimentarne la popolarità. Come un novello Cinquanta Sfumature di Grigio, il film è entrato nell’occhio del ciclone proprio per gli stessi motivi per i quali, in qualche modo, riesce a catturare un certo tipo di attenzione: un fascino voyeuristico del sesso, nella sua forma anche più violenta. Dopo alcune settimane di buzz sui social infatti, la terribile esperienza personale della cantante Duffy – vittima di un episodio di rapimento e stupro – ha contribuito in modo determinante ad alzare il livello del dibattito intorno a questa già controversa pellicola. 365 Giorni continua ad essere in vetta alla top-ten dei titoli Netflix e il gigante dello streaming mantiene una posizione netta nei confronti di chi, come il Codacons, ne vorrebbe la rimozione dal catalogo.
365 Giorni, da dove arriva
La storia di 365 Giorni ruota attorno a Laura Biel, un’imprenditrice polacca che si reca in Sicilia per festeggiare il suo 29esimo compleanno. Il fascinoso Massimo Torricelli, potente boss mafioso da anni ossessionato dall’immagine di una ragazza simile a lei, quando vede Laura atterrare in Italia decide di rapirla. In un turbine di sesso ed erotismo, lo spettatore vedrà in che modo la donna reagirà all’ultimatum dell’uomo: Laura dovrà innamorarsi di lui entro un anno esatto. Il film è tratto dal primo libro della trilogia della scrittrice Blanka Lipińska ed è uscito in sala in Polonia poco prima del lockdown, sbancando il botteghino. In seguito Netflix lo ha inserito in catalogo e un’improvvisa popolarità sui social, grazie anche a TikTok, lo hanno portato a diventare uno dei titoli più visti in assoluto. La critica è abbastanza unanime nello stroncare la recitazione, la fotografia e l’intreccio in sé, ai limiti della sospensione dell’incredulità. Il tutto prima ancora di affrontare le tematiche che racconta, una sindrome di Stoccolma in versione videoclip a luci rosse.
La lettera aperta di Duffy
365 Giorni si basa su un atto di violenza che ha toccato nel profondo la cantante inglese Duffy. Dal 2015 la sua carriera aveva subito una battuta d’arresto senza apparente motivo e lo scorso febbraio aveva finalmente raccontato la verità sul suo allontanamento dalle scene. Il giorno del suo compleanno fu rapita, drogata per settimane e trasportata addirittura in un’altra nazione in aereo. Fu stuprata e rinchiusa in una stanza d’hotel, salvo poi riuscire a salvarsi dal suo aggressore, affrontando i successivi mesi tra ricatti, paura e tensioni psicologiche. Dopo aver visto il film, la cantante ha pubblicato una lettera aperta indirizzata direttamente a Reed Hastings, fondatore e amministratore delegato di Netflix. “365 Giorni rende affascinante la brutalità del traffico di sesso, del rapimento dello stupro. Questo non dovrebbe essere l’intrattenimento di nessuno, non così descritto nè così mercificato“. Duffy prosegue sottolineando che così come Netflix non ospita materiale che dia un’immagine positiva della pedofilia, del razzismo, dell’omofobia, del genocidio o di altri crimini contro l’umanità, allo stesso modo non dovrebbe rendere interessante lo stupro e il rapimento attraverso la forma del dramma erotico. “Incoraggio chiunque abbia visto 365 Giorni ad approfondire la tematica sui siti specializzati nella tratta degli esseri umani – conclude Duffy – avete compreso come questo film abbia ferito chi ha dovuto affrontare questo tipo dolore e di orrori. Sono ingiustizie che necessitano dell’esatto opposto, dev’essere data voce a una narrazione fatta di verità e speranza“.
La risposta di Netflix e la censura cinematografica
Nonostante questa accorata richiesta, un portavoce di Netflix ha fatto sapere che la piattaforma continuerà a includere 365 Giorni nel suo catalogo. “Ogni iscritto può scegliere cosa guardare impostando filtri di maturità sul proprio profilo, così da proteggersi da contenuti che ritengono possano essere troppo adulti per sé stessi o per gli altri“. La presa di posizione è netta, la società non intende rimuovere nessun contenuto e per ora bypassa completamente la discussione. Resta all’utente la capacità di discernere tra cosa è adatto a lui e cosa no. In effetti, ogni forma di censura è l’ultima cosa che ci si può aspettare da una società moderna, figuriamoci da un’impresa privata che basa il suo fatturato su contenuti dalla forte visibilità – che può anche voler dire dibattuti e polarizzanti. Inoltre la storia dell’industria cinematografica ci insegna che la censura non è la strada giusta. La stessa Hollywood è passata dal Codice Hays degli anni ’30, un manuale di ciò che era ritenuto moralmente accettabile, dal divieto di nudo e di volgarità a quello della rappresentazione dell’omosessualità, approdando nel 1968 al sistema di rating della Motion Picture Association of America (MPAA), che classifica un film con indicazioni tra cui “adatto a tutti“, “necessaria la presenza dei genitori per i minori di 13 anni” o anche “divieto ai minori di 17 anni“. Netflix forse ha ragione, è corretto avere fiducia nelle persone e nel proprio pubblico, ma possiamo ipotizzare che, a 50 anni dall’introduzione della classificazione MPAA e considerando il contesto globale moderno, si possa fare un passo in avanti ulteriore per offrire agli spettatori il miglior supporto possibile per orientarsi di fronte a tanti film e serie TV.
Nuove responsabilità per i portali di streaming?
I social network stanno lavorando per proteggerci dalle fake news senza però limitare la libertà d’opinione e d’espressione di ognuno, e anche chi opera nel mondo dei contenuti multimediali si trova di fronte alla stessa sfida: interfacciarsi con un pubblico variegato, sensibile e/o non pienamente maturo. Un’enorme responsabilità che sta caratterizzando la nostra epoca e a cui stiamo tutti cercando ancora di dare una risposta. Nel mondo cinematografico, le polemiche sorte intorno al movimento #BLV, Blacks Lives Matter, ci indicano un possibile percorso. La piattaforma HBO Max ha temporaneamente rimosso Via Col Vento dalla propria offerta, un indubbio capolavoro del cinema da sempre controverso per la sua rappresentazione delle minoranze di colore. Dopo un paio di settimane l’ha reso nuovamente disponibile, stavolta affiancato da una breve introduzione che prova a contestualizzarne l’epoca e la situazione. Questa modalità non è nulla di rivoluzionario e anzi, può anche essere saltato dallo spettatore, ma rappresenta un passaggio importante. Si afferma che ciò che era ritenuto giusto o normale nel secolo scorso mantenga il suo valore storico, ma oggi è anche corretto circoscriverlo affinché si trasferisca che quelle posizioni erano frutto di una mentalità precedente, con pratiche che la società odierna ha superato o condannato. Senza censurare o danneggiare l’opera in sé, ma mantenendo inalterata la sua testimonianza, seppure con tutti e le precauzioni di visione del caso.
365 Giorni e i film che verranno
Nel caso specifico, 365 Giorni è ritenuto un’opera cinematografia tecnicamente debole e che oggettivamente valorizza il bello della violenza sessuale. C’è un sentimento comune sul suo limitato valore artistico e culturale, così come si può ritenere reale il pericolo che in qualche modo la sua rappresentazione deviata possa far presa su un pubblico dalla comprensione. Questo però non sarà né il primo né l’ultimo film che ci porrà di fronte al dilemma etico di scegliere chi e come, per proteggerci, dovrà decidere che cosa sia giusto guardare, su quali basi e per quale pubblico. Il classico “chi sorveglia i sorveglianti?”. Se la censura appare una strada pericolosa e fallace, in attesa di un eventuale nuovo sistema equo e ponderato, già oggi questo genere di contenuti necessita di un rimando per una migliore comprensione di quello su cui stiamo per fare play. Ciò che possiamo auspicare per 365 giorni e per tutti i controversi film che in futuro compariranno sui nostri schermi, è che siano accompagnati da strumenti per perfetterci di costruire una nostra opinione sulla tematica, il più possibile informata e consapevole. Un avviso prima dei titoli di testa, un documentario come successiva visione consigliata, o anche un link ad un articolo di approfondimento come quello che CameraLook.it ha cercato di proporvi, proprio adesso.
Enrico Banfo