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Kommunisten, il film summa del maestro Jean-Marie Straub

Presentato in anteprima al festival di Locarno, uscirà domani al cinema – distribuito da Boudu – Kommunisten, quello che può essere considerato come il film summa del maestro del cinema Jean-Marie Straub.


Kommunisten inizia con l’inno della DDR, composto da Hans Eisler. Un verso della seconda strofa potrebbe essere il “filo rosso” dei sei blocchi  che compongono il film: “Alle Welt sich nach Frieden seht …” –  “Tutto il mondo anela alla pace …”.

Molti film di Straub sono stati realizzati per blocchi. In Kommunisten, ogni blocco – Il Tempo del Disprezzo, (2014), La Speranza, da Operai, Contadini (2001), Il Popolo, da Troppo Presto, Troppo Tardi (1982), Le Apuane, da Fortini/Cani (1976), L’Utopia Comunista, da La Morte di Empedocle (1987), Nuovo Mondo, da Peccato Nero (1989) – affronta, con prospettive poliedriche, l’annosa questione di come da un presente (o passato) di guerra, dolore e separazione, si possa andare verso un mondo migliore, nel quale l’umanità viva un’esistenza pacifica, con se stessa e con la natura.

Foto 2 Kommunisten

La sfida che ci/si propone Jean-Marie Straub è d’ordine cinematografico. Sebbene sia il regista a dirci come la composizione del film sia stata il risultato di insonnie e colpi di testa – “una costruzione che si è imposta da sé, nei suoi blocchi, […] tra molti dolori e dubbi” – non viene realizzata, qui, un’autocelebrazione narcisistica, piuttosto la presenza dell’insondabile umano che, contenendo se stesso, estende lo spazio che esplora. Si tratta di un film d’avventura, dell’avventura umana, e di tutta la vita, superata nel finale dalla Natura. Tutto quello che fonda il cinema di Jean-Marie Straub e Daniéle Huillet dopo 50 anni trova in questo film la sua forma più rinnovatamente brutale.

Il film, infatti, è una collisione fra blocchi. I blocchi, densi di testo, paesaggi, volti, hanno sempre avuto l’esigenza di presentare, attraverso questi choc, l’invisibile dei sentimenti e della politica. In Kommunisten, Jean-Marie Straub porta al suo apice la musicalità dei componimenti, mescolando tempi (40 anni separano i diversi elementi utilizzati), testi (Malraux, Fortini, Vittorini, Hölderlin) e lingue diversi (francese, italiano, tedesco), in modo che da questo scontro emerga la storia del mondo – sì la Storia – e dallo stesso movimento la speranza politica del suo superamento. La speranza del nuovo mondo.

Foto 3 Kommunisten

Vi presentiamo ora un estratto dell’intervista rilasciata da Jean-Marie Straub.

Al principio di Kommunisten c’è un romanzo di Andrè Malraux….

Il Tempo del Disprezzo è un testo di Malraux del 1935 (Le Temps du Mépris), che si riferiva ai comunisti tedeschi. Lo qualifico vent’anni più tardi come un’opera di scarso valore. L’avevo letto molto tempo fa, quando avevo 18 o 20 anni. Ho avuto voglia di rileggerlo e ho individuato i tre episodi che compongono il film: l’interrogatorio dei due comunisti, una riflessione sulla tortura e l’incarcerazione – ma che, per una volta, non mostra niente, non come in Petit Soldat – su uno sfondo nero, e infine il ritorno del prigioniero, il dialogo con la sua donna, di spalle, su un balcone. Avevo voglia di mostrare una coppia amorosa ma senza che si vedessero i visi.

Perché non raffigurare la tortura o almeno la detenzione?

Non faremmo mica dei film di false torture! Né metafore sulla tortura, né mostrerei un tipo incappucciato in una vasca da bagno, ne abbiamo abbastanza! E per l’incarcerazione c’è già Un condamné a mort s’est enchappé, di Robert Bresson, basta no?

Perché riutilizzare estratti di vecchi film? Mi sembra che sia la prima volta che pratichi l’autocitazione o che utilizzi i tuoi film come materiale d’archivio.

Avevo già “incollato” un breve estratto di Griffith, A Corner in Wheat, nella sua integrità, naturalmente, a degli estratti di Mosè e Aronne, Fortini/Cani e Dalla nube alla resistenza. È stato per un programma che ci aveva commissionato Enrico Ghezzi, per RAI 3, e che noi abbiamo intitolato Proposta in quattro parti. Ma nel caso di Kommunisten è stato il prodotto delle mie insonnie….

Jean-Marie Straub

Jean-Marie Straub

È un percorso molto costruito, d’una perfetta logica interna.

È soprattutto il risultato delle mie insonnie e della mia voglia di sbattere la testa al muro! È una costruzione che si è imposta da sé, nei suoi blocchi, ma tra molti dolori e dubbi. L’ho ricominciata dieci volte prima di decidermi. Attiene molto al caso! Un buon amico mi ha detto che è stato il mio testamento… il che gli è valso il rimbrotto violento di un altro buon amico. Mi è parso irrituale dal momento che ci saranno altri film. Ora devo ammettere che tutti i miei film saranno testamentari!

Come vivi i tuoi vecchi film?

Non ne rinnego nessuno, la materia di ciascuno resiste. Per contro se potessi premere un bottone e far sparire tutte le interviste che ho concesso, non esiterei un secondo.

Info sale che proiettano il film: www.boudu.it

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