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Oscurità In Fondo al Bosco, il thriller di Stefano Lodovichi

Filippo Nigro e Camilla Filippi sono i protagonisti di In Fondo al Bosco, il film thriller diretto da Stefano Lodovichi che sarà al cinema dal 19 novembre. Nel cast troviamo anche: Teo Achille Caprio, Giovanni Vettorazzo, Stefano Detassis, Maria Vittoria Barella, Roberto Gudese, Luca Filippi e Alessandro Corabi.

Ogni 5 dicembre, da tempo immemore, gli abitanti di un piccolo villaggio montano sfilano mascherati da diavoli in un baccanale che dura fino all’alba: la festa dei Krampus. Ma il 5 dicembre del 2010 è ricordato per un evento diverso e terribile: Tommaso Conci, un bambino di 4 anni, scompare nel nulla. Cominciano le ricerche, si apre un’indagine. Il principale sospettato diventa proprio il padre, Manuel Conci (Filippo Nigro), un alcolista con precedenti di violenza: il candidato ideale alla gogna mediatica. Non vengono raccolte prove sufficienti a incriminarlo, ma per tutto il paese rimane il colpevole. Solo sua moglie Linda (Camilla Filippi), fragile e sensibile, gli resta accanto.

Cinque anni dopo, un bambino senza nome e documenti viene ritrovato in un cantiere della periferia di Napoli. Hannes Ortner, il commissario del paese che non ha mai smesso di cercare Tommi, prende in custodia il bambino. Il DNA coincide: quel bambino è Tommi.

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Manuel finalmente può riabbracciare il suo bambino, liberarsi da un lutto atroce, dal senso di colpa e dalle accuse della collettività. Linda, invece, non riesce ad adattarsi a quella nuova situazione. Un sospetto scava dentro di lei, alimentato dal suo istinto di madre: quel bambino, silenzioso ed inquietante, non è davvero suo figlio. Tommi è cambiato molto: non ha ricordi del passato, è inquietante, violento. Ed altre persone in paese nutrono gli stessi dubbi. Pietro, il vecchio padre di Linda, ed Else, Flavio e Dimitri, tre ventenni che gestiscono il pub del posto, sembrano sapere più di quello che lasciano intendere. Per loro il bambino è morto quella notte di cinque anni prima, ma allora perché il DNA è lo stesso?

In un crescendo di fatti sempre più inspiegabili, Manuel si ritroverà solo contro tutti: il paese, il suocero Pietro e la sua stessa moglie rifiuteranno il bambino e mentre la sua vita va di nuovo in pezzi, lui stesso comincerà a dubitare che abbiano ragione. Ma la verità che si nasconde dietro al ritorno di Tommi è ancora più spaventosa delle credenze del posto.

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Nel film, la maschera del Krampus è “il travestimento oltre il quale si nasconde il lato oscuro delle persone” spiega Stefano Lodovichi. Il ritorno di Tommi, l’arrivo in paese del “diavolo”, porterà la luce là dove da troppi anni ormai il buio aveva sommerso tutto, nel profondo di un bosco oscuro e dimenticato.

Ogni personaggio del film ha dei segreti, indossa una maschera e cela un’identità più complessa e nascosta. Il tema del doppio, della metà oscura, attraversa l’intera storia declinato nelle forme più varie, e trova la sua radice drammaturgia nel mondo dei Krampus dove, come dice la leggenda, “tra i numerosi falsi diavoli, si nasconde quello vero”.

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Per Lodovichi, il suo film non è un horror ma “un thriller e un dramma familiare oscuro e inquietante”. È la storia di una famiglia distrutta che non riesce a riemergere dal buio dove è sprofondata dopo la scomparsa del figlio. Ed è anche “un film di atmosfere che vive perennemente a cavallo di un’ambiguità inquietante, attraverso location oscure, buie e allo stesso tempo realistiche”.

Il regista si è ispirato alla maestosità della natura raccontata da grandi artisti come Friedrich, Turner, Füssli, Goya, Böklin e gli incisori del Die Brücke come Karl Schmidt-Rottluff, Emil Nolde o Ernst Ludwig Kirchner: “ho cercato di creare un’atmosfera antica, romantica, come se fossimo in un paese dove l’elettricità non è ancora arrivata e le persone vivono la notte al riparo dai mostri e gli incubi, illuminati soltanto dalle luci di candele e lampade a olio”.

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Tutto questo per calibrare “un linguaggio adatto a tenere in tensione lo spettatore, a tratti spaventarlo e di sicuro inquietarlo secondo la tradizione di grandi capolavori come il cinema di Polanski, Hitchcock e i primi film di Shyamalan” conclude Stefano Lodovichi.

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