L’animazione italiana arriva al cinema con Fantasticherie di un Passeggiatore Solitario, l’opera prima di Paolo Gaudio che, dopo essere stato presentato e apprezzato nei Festival di tutto il mondo (ha vinto il Best World Film a Boston), sarà in sala dal 19 novembre.
Tre personaggi di tre epoche diverse vengono uniti da un sogno di libertà e da un piccolo capolavoro di letteratura. Un viaggio misterioso e senza tempo attraverso le aspirazioni, le sofferenze e le “fantasticherie” di un poeta, di un giovane studente e di un bambino sperduto nel bosco. Jean Jacques Renou (Luca Lionello) è uno scrittore che vive nel 1876, in un piccolo e squallido seminterrato. Povero e vecchio inizia a scrivere Fantasticherie di un passeggiatore solitario, un romanzo di formazione che è anche un ricettario fantastico.
Theo (Lorenzo Monaco) è un giovane laureando in filosofia dei nostri tempi, da sempre intrappolato tra le vicende opprimenti della propria famiglia e la sua bizzarra passione per i libri incompiuti, non ultimo quello di un certo Renou. Totalmente rapito dal romanzo, Theo giunge all’inattesa conclusione di voler realizzare la “Fantasticheria n° 23”: l’ultima “ricetta” scritta dal poeta che conduce in un luogo straordinario noto come Vacuitas. Infine, la storia di un bambino smarrito in un bosco senza tempo: il protagonista di quel libro che Renou sta scrivendo e che Theo sta leggendo con tanto trasporto.
Fantasticherie di un Passeggiatore Solitario è “una favola sul senso di colpa e sul fallimento – spiega Paolo Gaudio – un evento assurdo e fantastico che arriva a sconvolgere la vita di persone comuni trascinandole all’interno di avventure impossibili o al cospetto di personaggi sopra le righe”.
Ad averlo portato a dirigere questo film è l’amore per la scrittura Fantasy, che “concede a ogni personaggio una stratificazione infinita: c’è un mondo intero dietro ogni carattere, scrivendo di uno, in realtà, si racconta di cento, di generazioni intere: nessuno è da solo”. La maggior parte dei personaggi che ama raccontare sono orfani: “eppure il loro trascorso familiare è sempre centrale per la propria affermazione: è in famiglia che nascono le prime sfide da affrontare, e spesso per molti di loro è il passato a condizionare le scelte del presente”.
Punti di riferimento sono stati i film di Gilliam, Burton, Zemeckis e le animazioni di Phil Tippett o del maestro Harryhausen. Gaudio mischia animazione e live action, interpreti reali e pupazzi di plastilina, fino a utilizzare la tecnica della stop motion persino sugli attori in carne e ossa: “inevitabilmente mi trovo a richiamare un’estetica ben precisa, quella dei film che amavo vedere da bambino, a base di mostri e guerrieri muscolosi, robot, nani, giganti ed extraterrestri, macchine del tempo e mappe del tesoro”.
“Voglio reinventare la realtà attraverso il cinema: rendere quotidiano il territorio dell’immaginazione e della fantasia, botteghe in cui si vende la meraviglia o boschi che custodiscono luoghi straordinari”.
Paolo Gaudio