Dopo la presentazione – in Concorso – all’ultima Mostra di Venezia, giovedì 26 novembre Luca Guadagnino arriva al cinema con A Bigger Splash, un rifacimento de La Piscina di Jacques Deray del 1969. Protagonista un grande cast internazionale: Ralph Fiennes, Dakota Johnson, Matthias Schoenaerts, Tilda Swinton, Aurore Clement, Lily McMenamy, Elena Bucci e con Corrado Guzzanti.
La leggenda del rock Marianne Lane (Tilda Swinton) è in vacanza sull’isola vulcanica di Pantelleria con il compagno Paul (Matthias Schoenaerts) quando arriva inaspettatamente a interrompere la loro vacanza Harry (Ralph Fiennes), produttore discografico iconoclasta nonché suo ex, insieme alla figlia Penelope (Dakota Johnson), provocando un’esplosione di nostalgia delirante dalla quale sarà impossibile mettersi al riparo.
Fra risate, desiderio e rock’ n’ roll, A Bigger Splash è un ritratto sensuale che deflagra in violenza sotto il sole del Mediterraneo. Una pellicola fortemente voluta da StudioCanal che ha proposto il progetto a Luca Guadagnino dopo aver visto il suo precedente Io Sono l’Amore.
Vi lasciamo ora ad un estratto dell’intervista rilasciata da Luca Guadagnino.
Cosa pensa de La Piscina di Jacques Deray del 1969?
Il film di Deray l’avevo visto da ragazzino e poi mai più. Schegge della Piscine baluginavano davanti ai miei occhi perché una sequenza era stata usata per la pubblicità di un profumo. È un film del 1969 realizzato secondo logiche di preistoria del marketing: Alain Delon e Romy Schneider erano stati una coppia, al momento delle riprese erano ormai separati, ma ancora rappresentavano icone potenti per l’immaginario mainstream europeo. E questo proprio in un momento in cui le Nouvelles Vagues in Francia, Italia, Giappone, Brasile, esplodevano con una potenza di fuoco straordinaria, con la loro capacità di riformare il linguaggio, di capire il segno politico di ogni immagine che si produceva. La piscine era antitetico rispetto a quel momento storico. Ma parlava di desiderio, di quattro persone chiuse in una stanza mentale che è la villa in cui si svolge l’azione. Di temi che mi attraggono: la rinuncia, il rifiuto, la violenza nei rapporti tra le persone.
Perché ha deciso di ambientarlo a Pantelleria? Una scelta carica di conseguenze, anche dal punto di vista logistico.
Volevo che il paesaggio fosse il personaggio silenzioso che si aggiungeva ai quattro protagonisti. Perché, da un lato, funzionasse come marca potente del reale e, dall’altro, come specchio che rifletteva i conflitti. Pantelleria è un posto incredibilmente violento, è adagiata su un vulcano le cui attività sono silenziose, ma costanti. Il vento la sferza, il caldo non dà tregua, ma possono esserci sbalzi di temperatura quasi africani con notti inaspettatamente fredde. È un luogo non riconciliato, e questo mi piaceva molto.
Una scelta che imponeva anche di lasciare aperta la porta alla realtà?
Da lì dunque siamo partiti, lasciando però aperta la porta alla realtà. Pantelleria è Mediterraneo, non può certo essere ridotta a location, è un luogo che urla la propria urgenza. E il mio più grande desiderio, ancora una volta, era quello di mostrare come il privato di uomini e donne potesse venire squadernato dal reale. Se ognuno dei quattro protagonisti del film si confronta con l’alterità all’interno del gruppo, era indispensabile che tutti fossero anche costretti a confrontarsi con l’alterità vera, che è quella del Mediterraneo, con la presenza dei migranti che irrompono nella storia. E spero che il modo in cui questo incontro è raccontato nel film possa costituire per lo spettatore uno spunto di riflessione sul modo in cui anche ciascuno di noi considera quella alterità.
Non riconciliata è anche la musica dei Rolling Stones, centrale nel film.
Il Rock’n’Roll, segno del ‘900 che si allunga fino al XXI secolo, non può certo essere ridotto a costume: ho voluto che diventasse architrave del film. Il Rock’n’Roll nel film ha un corpo, si incarna nella figura del giullare, l’eterno Peter Pan, l’ingiunzione al godimento fatta uomo. Harry, un produttore musicale che ha vissuto tutta la sua vita all’insegna della verità, della necessità bruciante di non mentire mai e al contempo di divertirsi sempre, si specchia in Paul, un uomo molto più giovane e che ha quindi forse la necessità di trovare in Harry un padre. Ma Harry è un padre del godimento, un padre che non gli dà consigli, che al contrario gli dice: “Sei libero, puoi fare quello che vuoi”.
Quali sono le conseguenze di questa contraddizione?
L’impossibilità di sostenere questa libertà scava tra i due uomini fiumi carsici di risentimento. Costringendoli a confrontarsi con le due donne. Marianne Lane è una grande rockstar e ha compreso di non volere la propria identità ridotta alla produzione di godimento per il pubblico per cui è diventata una leggenda. Il suo istinto nell’affiancare Harry nell’esplorazione degli eccessi del Rock’n’Roll si è trasformato, crescendo, nel desiderio di una maggiore tranquillità e nella capacità di una pacata protezione di sé con un nuovo compagno. L’agente incontrollabile, la giovane Penelope, viene dal nulla e forse ritornerà in una zona che non conosceremo mai, storicamente separata dal mondo di Harry e Marianne, ma anche di Paul. Penelope corrisponde alla generazione di oggi che cerca di osservare quelli che c’erano prima di lei e cerca di sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Innescando, senza accorgersene, reazioni estreme.
Il titolo del film viene dal celebre quadro di David Hockney: ha rappresentato una fonte di ispirazione?
Il quadro di Hockney rappresenta una regolarità di linee sconvolta da un tuffo, da uno splash di cui non si vede l’artefice, con una sedia da regista come unico dettaglio eccentrico. Insieme alla Nouvelle Vague, l’esperienza avanguardista di Hockney ha rappresentato una guida importante per questo film. Certamente più del “cinema di papà” di Jacques Deray. Mi sono chiesto, perché il quadro di Hockney, così apparentemente minimalista, apra in realtà una voragine di senso in chi lo guarda? Perché è un’immagine che nella sua semplicità, nell’attimo in cui la superficie dell’acqua si frange, apre mille prospettive, mille possibilità. Che cosa c’è sotto? Chi si è tuffato? Che cosa succede nella casa? Hockney cattura l’attimo che coincide con l’imprevedibilità del desiderio in maniera straordinaria contenendo i colori, la luce californiana in un modo che ha rappresentato per noi un’ispirazione formale fortissima.
Punti di riferimento importanti nel cinema che si sono manifestati durante la lavorazione di A Bigger Splash?
Dal punto di vista formale Viaggio in Italia di Roberto Rossellini ha certamente rappresentato una fonte di ispirazione. Come One Plus One di Jean-Luc Godard, il film sulla creazione di Simpathy for the Devil dei Rolling Stones. Ingrid Bergman che in Viaggio in Italia si abbandona, disperata e tormentata alle peregrinazioni per Napoli, che visita i musei o osserva i vulcanelli, ecco attraverso quelle immagini Roberto Rossellini costruisce una trama di suspense fortissima, la musica di Renzo Rossellini è quasi thriller, si potrebbe dire che sia una sorta di film hitchockiano, dove il disvelamento del colpevole è nell’interiorità della relazione impossibile tra i due protagonisti.