Scritto da Matt Charman e dai fratelli Coen, è arrivato al cinema Il Ponte Delle Spie, il nuovo film diretto da Steven Spielberg con protagonisti Tom Hanks, Mark Rylance, Scott Shepherd, Amy Ryan, Sebastian Koch e Alan Alda.
Negli anni ’50, al culmine delle tensioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica, l’FBI arresta Rudolf Abel (Mark Rylance), un agente sovietico che vive a New York, generando un’escalation di paura e paranoia. Accusato di aver inviato messaggi in codice alla Russia, Abel viene interrogato dall’FBI, ma si rifiuta di collaborare, respingendo l’offerta di tornare nel suo Paese. Viene pertanto rinchiuso in una prigione federale in attesa di processo.
Il governo, nella necessità di trovare un avvocato indipendente che assuma la difesa di Abel, si rivolge a James Donovan (Tom Hanks), un legale assicurativo di Brooklyn. Ma Donovan, un ex procuratore dei processi di Norimberga, che gode di grande considerazione all’interno della comunità legale grazie alla sua spiccata abilità di negoziatore, in realtà ha poca esperienza in situazioni di questa portata, e oltre tutto non intende farsi coinvolgere in un caso che potrebbe renderlo impopolare ed esporre la propria famiglia al pubblico sdegno e persino al pericolo.
Drammatico thriller a sfondo storico, Il Ponte delle Spie è storia di James Donovan, un avvocato assicurativo di Brooklyn, che si ritrova catapultato nella Guerra Fredda, quando la CIA lo recluta per negoziare il rilascio del pilota americano dell’aereo spia U-2 catturato dai sovietici. Nel corso della sua carriera, il regista Steven Spielberg si è occupato spesso di importanti avvenimenti storici. Appassionato di storia, conosce le vicende della Guerra Fredda da quando era bambino, dato che suo padre gli parlava dell’acredine e della sfiducia che esisteva fra Stati Uniti e Unione Sovietica.
“Mio padre era andato in Russia durante la Guerra Fredda, dopo la cattura di Francis Gary Powers -, racconta Steven Spielberg – mio padre e altri tre colleghi della General Electric stavano facendo la fila per vedere i resti dell’aereo spia U2 che i russi avevano messo in mostra per chi volesse vederli, e che comprendevano anche l’uniforme da volo e il casco di Powers. La fila era molto lunga, ma a un certo punto due militari russi si avvicinarono a lui e ai suoi amici, chedendo loro i documenti; quando si resero conto che erano americani, li portarono all’inizio della fila, non per agevolarli, ma per indicargli i resti dell’aereo e ripetergli, più volte, con astio: ‘Guardate cosa sta facendo il vostro Paese’!’ Poi restituì i passaporti a tutti e quattro. Non ho mai dimenticato quella storia, così come non ho dimenticato ciò che è accaduto a Francis Gary Powers”.
Erano gli anni febbrili della Guerra Fredda, una guerra che non si combatteva con lo scontro fisico, bensì attraverso le parole e la divulgazione di informazioni. In quel periodo, la propaganda anti comunista, i video promozionali della tecnica di autodifesa Duck and Cover (che suggeriva di buttarsi in terra e coprirsi la testa con le mani in caso di attacco nucleare), e il sensazionalismo mediatico intorno a eventi come il processo Rosenberg, non facevano altro che alimentare la paura e l’odio in tutto il Paese, un odio generato dalla paura dell’ignoto. Nessuno poteva dirsi al sicuro, ed era certamente il periodo peggiore per sostenere la difesa di una spia russa.
Ad ispirare il drammaturgo e scrittore televisivo londinese Matt Charman è stata una nota a pié di pagina all’interno di una biografia su John F. Kennedy, che menzionava un avvocato americano che il Presidente aveva inviato a Cuba per negoziare il rilascio di 1113 prigionieri. Una rapida ricerca gli ha rivelato un nome che non conosceva: James Donovan, un brillante avvocato assicurativo, originario di Brooklyn. Ma è la storia di ciò che era accaduto qualche anno prima, ad aver suscitato maggiormente il suo interesse. Durante la Guerra Fredda, Donovan aveva difeso un agente sovietico accusato di spionaggio, perché nonostante fosse specializzato in legge assicurativa e non avesse alcuna esperienza di cause penali, gli era stato chiesto di negoziare la libertà di uno dei prigionieri più importanti della storia.
“Quando ero giovane, e vivevo negli anni ’50 e ’60, ero perfettamente consapevole della Guerra Fredda ma non sapevo nulla rispetto allo scambio di Rudolf Abel e Francis Gary Powers”, dice Spielberg. “Conoscevo invece Powers perché avevo sentito parlare dell’aereo spia U-2 abbattuto, e del fatto che fosse stato messo alla berlina durante un processo pubblico. Non mi ero reso conto che, dopo la sua cattura, c’era stato uno scambio segreto fra Abel, una spia sovietica, e Powers, il pilota spia americano. Sono molti gli aspetti di questa storia che mi hanno interessato”.
Aspetti che hanno interessato anche il protagonista, Tom Hanks: “questo argomento mi ha sempre affascinato, sia per la sua collocazione geografica che storica, sapevo che Francis Gary Powers era un pilota dell’aereo U-2 abbattuto dall’Unione Sovietica, che è stato un grande incidente internazionale e che c’è stata una trattativa per riportarlo in patria, ma non sapevo nulla a proposito di James Donovan”. L’attore poi aggiunge: “adoro leggere la storia e quando scopro cose nuove rispetto a ciò che già conosco, mi sembra di aver vinto la lotteria”.
Contrapposto a Donovan, è Rudolf Abel, il cui vero nome era Vilyam Fisher, morto nel 1971 e raramente è stato fotografato o intervistato. A interpretarlo è Mark Rylance: “Non sappiamo molto di lui – racconta l’attore – a parte il fatto che riceveva e passava messaggi in vari punti di New York, usando una moneta vuota”. Abel era ciò che viene chiamata una sleeper spy, una spia silente. Abel era stato negli Stati Uniti per diversi anni prima di intraprendere questa attività clandestina: “non era l’organizzatore della rete di spionaggio, svolgeva solo la missione. Tuttavia, quando fu catturato, il governo statunitense lo considerò più importante di quando in realtà non fosse”.
Effettivamente il vero Abel era un artista molto abile e Spielberg ha scelto di dare risalto a questa abilità proprio nella scena d’apertura del film. Il regista spiega: “Il tema di fondo è il modo in cui vediamo noi stessi e come le altre persone vedono noi, ciò che nascondiamo affinché altri possano scoprirlo: per questo ho voluto aprire il film con il viso di Rylance nei panni di Rudolf Abel, allargando gradualmente la ripresa per rivelare che sta studiando la propria faccia perché si sta facendo un auto ritratto”.
A causa del suo legame con Rudolf Abel, James Donovan è stato oggetto di grande attenzione da parte dei media e del pubblico; Speilberg è affascinato dall’idea che le persone spesso giungono a conclusioni e a giudizi affrettati, e questo lo ha aiutato a individuare il modo più giusto per raccontare questa storia. Il regista conclude così: “una delle cose che ho amato di questa storia è che le persone che pensi che siano cattive, in realtà non lo sono. Non è facile prendere le parti di una spia che mette a repentaglio la sicurezza della nostra nazione … Allora come sarà possibile riuscire a provare sentimenti positivi per questa persona?”.
“Ci vediamo proprio come siamo, o come vorremmo apparire? Questo è proprio ciò che fanno le spie”.
Steven Spielberg