Da oggi al 13 marzo al Teatro India di Roma è in scena Io Sono Misia, un ritratto vivido e fascinoso di Misia Sert, musa ispiratrice di grandi artisti, l’ape regina delle avanguardie del primo Novecento. A vestire i suoi panni è Lucrezia Lante della Rovere, diretta da Francesco Zecca. Il testo teatrale è del poeta Vittorio Cielo.
Liberamente ispirato dalle memorie di Misia Sert, lo spettacolo racconta la Parigi capitale di cultura del primo ‘900 e la personalità di una delle donne più influenti del secolo, sempre in piena luce, e allo stesso tempo, misteriosamente, in ombra. Una donna che sapeva guardare lontano, levatrice dell’arte e amica influente di importanti protagonisti della Belle Époque parigina, tra cui Stravinsky, Diaghilev, Nijinsky, Debussy, Tolouse Lautrec, Picasso, Ravel, Cocteau e molti altri. Dopo il successo di Malamore, con cui ha vinto il Premio Flaiano, Lucrezia Lante della Rovere continua a dare vita a profili di donne straordinarie che hanno costruito la cultura del ’900. Cameralook.it l’ha intervistata.
Debutta oggi al Teatro India Io Sono Misia. Chi era Misia Sert?
Misia Sert è stata una grandissima donna, ha vissuto all’apice della fervente creazione artistica del Novecento, quando furono scoperti nuovi artisti che misero in discussione la vecchia cultura dell’Ottocento. Misia era una pianista, un’artista moderna. Si è confrontata con altri geni, li ha nutriti, li ha contagiati. L’arte nasceva dalla condivisione, dallo scambio. Qualcosa di ben diverso dalla cultura individualista di oggi.
In teatro aveva già in precedenza vestito i panni di altre grandi donne che hanno costruito la cultura del ‘900. Come ti sei trovata ad interpretare queste donne straordinarie?
Mi piace soprattutto indagare il concetto di identità. Quante sfumature ci sono in una donna? Anche in Malamore, dal testo di Concita Di Gregorio, e in Come Tu Mi Vuoi, dal genio di Pirandello, entrambi diretti da Francesco Zecca, c’è qualcosa di me stessa. In Come Tu Mi Vuoi interpretavo l’Ignota, come recitava la didascalia del testo originale. Una splendida maschera poetica. Una donna-serpente con tante pelli diverse. E anche per Misia ho fatto lo stesso pensiero: chi è Misia? Quante Donne è Misia?
Oggi è la Festa della Donna. Cosa vuole trasmettere al pubblico femminile che assisterà allo spettacolo?
Vorrei che Misia generi incoraggiamento. È una donna con una sua storia, una sua libertà, una sua autonomia di pensiero. Quella che serve nei momenti difficili, quando c’è da prendere una scelta, quando tutto sembra crollare. Ma non bisogna mollare. Le donne hanno questa enorme forza vitale. Partoriscono, generano vita.
Come sta la Donna nel 2016? Dov’è la sua bellezza?
La bellezza della donna di oggi si trova nella sua indipendenza e nella sua capacità di autonomia. Mi piacciono le donne autonome.
Il 10 marzo sono passati 70 anni dal primo voto alle donne in Italia. Secondo lei il femminismo dove ha vinto e dove ha perso?
La parola Femminismo fa un po’ paura. Direi che le donne hanno vinto molte battaglie ma c’è ancora molto da fare. Non dobbiamo mai abbassare la guardia. Il mondo maschile è sempre all’attacco, sono in una lotta continua. Quindi, ripeto, mai abbassare la guardia.
Cosa ne pensa della proposta del Presidente della Camera Laura Boldrini, sul fatto di issare le bandiere a mezz’asta in segno di lutto per ogni femminicidio?
Lascerei perdere le bandiere. Il problema del femminicidio va affrontato seriamente e concretamente. Purtroppo questi gesti servono a poco, così come hanno un relativo significato le mimose da regalare l’8 marzo. In questo la classe politica dovrebbe fare di più. Io non appartengo al mondo politico, non so quali misure si possono adottare per lottare questo fenomeno. Io sono un’attrice, racconto e interpreto storie. Ma se fossi al loro posto, mi butterei a capofitto su questo problema per cercare di risolverlo.
Mi permetto di chiederle una pillola di cinema. 1986, trent’anni fa, il suo esordio al cinema in Speriamo Che Sia Femmina, diretta dal Maestro Mario Monicelli. Le chiedo un’istantanea di quell’esperienza.
Mario Monicelli è stato un genio, così come lo sono stati registi come Ettore Scola, come Dino Risi. Quando feci quel film ero giovane. Forse se tornassi indietro potrei anche innamorarmi di lui. Aveva uno sguardo sulla società intelligente, sottile, ironico, sarcastico, poetico, pieno d’amore. Forse solo oggi, a tanti anni di distanza, riesco a capire quanto è stata importante quell’esperienza e il fatto di aver lavorato con un maestro così.
A proposito di maestri…mi viene in mente Ennio Morricone, fresco vincitore di Oscar. Un altro che ha scritto la storia del cinema…
Ho apprezzato tantissimo la sua frase quando ha ritirato l’Oscar: “Una bella musica nasce se c’è un bel film”. Un concetto che mi riporta con nostalgia al cinema di una volta, quando tutto era più poetico. Anni in cui un film nasceva da un’idea collettiva, dove tutti possono contribuire, condividere pensieri e opinioni, apportare le proprie intuizioni e conoscenze: solo così può nascere un’opera d’arte.
Il prossimo 19 luglio spegnerà 50 candeline. Qual è l’augurio che fa a se stessa e a tutte le Donne?
Continuerò a non sentirmeli (ride ndr.)! Ed è proprio questo l’augurio che faccio alle donne: siate un po’ incoscienti, mantenete sempre vivo il vostro lato infantile, da bambina. Sentitevi sempre giovani nei confronti della vita.
Intervista di Giacomo Aricò