Così minuta, eppure con un vulcano dentro. E due occhi grandi in cui perdersi ogni volta. Di energia da vendere Adriana Asti ne ha sempre avuta tanta. Ne continua ad avere anche oggi, il giorno del suo compleanno. Piccola grande Donna e Attrice semplicemente unica: una Signora del Teatro e del Cinema Italiano. Un paio di anni fa ho avuto l’onore e il piacere di intervistarla. Mi disse che da ragazza era timida e introversa, voleva solo scappare via. È stato il Teatro a salvarla. E poi lei, riconoscente, nella sua formidabile carriera ha restituito tutto, regalando sempre un po’ della sua anima ad ogni personaggio interpretato. È stata poi lei, a salvare noi.
Sulla sua inimitabile figura è stato girato un documentario, A.A. Professione Attrice, diretto da Rocco Talucci che lo ha anche scritto insieme a Maurizio Pusceddu. Il film, presentato in anteprima alla 10. Festa del Cinema di Roma, ripercorre la carriera teatrale e cinematografica di Adriana Asti attraverso immagini e spezzoni di spettacoli e di pellicole.
Capace – proprio come la protagonista – di divertire e commuovere in egual misura, quello di Talucci e Pusceddu è un racconto sui grandi incontri che l’attrice milanese ha avuto nel suo lavoro di attrice e nel privato: gli amici scrittori Natalia Ginzburg e Giuseppe Patroni Griffi (che per lei hanno scritto due commedie portate in scena con gran successo: Ti Ho Sposato per Allegria e Gli Amanti dei Miei Amanti Sono i Miei Amanti), Pier Paolo Pasolini (Adriana è la prostituta Amore nel primo film di Pasolini, Accattone, e grande amica del poeta e regista), l’incontro con Luchino Visconti (prima sulle tavole del palcoscenico e dopo al cinema con Rocco e i Suoi Fratelli e Ludwig), fino ad arrivare ai suoi lavori più recenti sul grande schermo (La Meglio Gioventù di Marco Tullio Giordana e Pasolini di Abel Ferrara) e in scena con Giorni Felici con la regia di Bob Wilson e Danza Macabra con al regia di Luca Ronconi.
Il film mostra anche un lato poco noto e singolare di Adriana Asti, quello di scrittrice di commedie (Alcool portata in scena con l’amica Franca Valeri) e romanzi, che la rendono una attrice unica nel suo genere. Al racconto di Adriana nel film si affiancano interviste a Franca Valeri, Willem Dafoe, Jean Sorel, Corrado Augias, Enrico Medioli, Alessio Boni, René de Ceccatty e altri personaggi del cinema e del teatro.
Per festeggiare Adriana Asti, abbiamo deciso di intervistare l’autore e il regista del documentario, Rocco Talucci.
Con questo documentario ci hai mostrato tutti i volti di Adriana Asti, raccontati in prima persona e da altre grandissime personalità del mondo del cinema. Che esperienza è stata girare questo film?
Tutti i volti no, sarebbe impossibile! Per una vita così ricca di storie e di incontri importanti un film non basta, ma spero di aver dato -anche grazie attraverso il racconto in prima persona- un quadro abbastanza ricco di informazioni su Adriana Asti. E’ stata una bella esperienza, so che sembra una risposta ovvia e retorica, ma è stato così. Sia nel lungo lavoro di ricerca e preparazione che nella realizzazione delle interviste ci sono stati più volte momenti divertenti. Dopo un anno è diventata un bel ricordo anche la settimana di pioggia e cielo grigio passata a Parigi per le riprese del film! Una esperienza bella perché ricca di incontri e di storie.
Tra le sue doti artistiche, innate, c’è anche quella per la pittura. Com’era (e com’è) la Asti pittrice?
Penso che il mio parere su Adriana pittrice non faccia testo perché non ho parametri e conoscenze per parlare di pittura, ma trovo molto interessanti quelli che sono i temi della sua pittura: disegna figure appartenenti al mondo reale ma con un tocco ironico, surreale, quasi onirico (spesso cani che vestono accessori femminili, come cappelli o scarpe) e penso che siano sinceramente legati a quella che è sua la sua fantasia e la sua ironia. Non a caso nelle commedie che ha scritto ci sono dei personaggi che hanno suggestioni simili (in Caro Professore, per esempio, un personaggio è un uomo che ha la coda), e ancora animali vestiti da esseri umani e con comportamenti umani ritornano in alcuni articoli scritti per la rubrica Proibito del settimanale L’Espresso. Ed è proprio uno degli articoli di Proibito – da pochi mesi online sia sui social che su un sito – che chiude A.A. Professione Attrice.
Torniamo alla recitazione. Da comparsa a protagonista. Qual è stata la sua caratteristica vincente che l’ha portata sempre più sotto la luce dei riflettori?
La sua unicità. Non solo nella recitazione e nel timbro di voce che tutti riconoscono, ma anche fisica. Pensiamo al suo esordio: le donne del cinema dei primi anni Sessanta sono ancora quelle che venivano chiamate le “maggiorate”, lei – invece – ha una immagine diversa e una storia diversa (al suo esordio cinematografico ha già recitato a teatro diretta da due grandi innovatori del teatro del Novecento, con Strehler in Arlecchino Servitore di Due Padroni e con Visconti ne Il Crogiuolo).
Fondamentali sono stati gli incontri con grandi registi. Penso a Luchino Visconti, a Luca Ronconi e a Pier Paolo Pasolini.
Fondamentali sono gli incontri, si, ma secondo me – e non mi riferisco solo al lavoro o alla storia di Adriana ma per la vita di tutti- l’elemento importante in un incontro importante è quello che si scambiano le due persone che si incontrano. Quello che si crea, quello che resta. Dei tre registi che hai nominato rimane agli spettatori la memoria di belle pagine di teatro o di cinema e ad Adriana una grande amicizia. L’incontro con Visconti non è stato solo professionale, e quindi il cinema e il teatro, Adriana è stata sua amica nel tempo; nel documentario, infatti, c’è tanto del suo privato con questo grande regista… nelle sue parole, nelle foto delle vacanze ad Ischia o in quelle con la dedica. Lo stesso vale per Pasolini, il suo è un ricordo da amica, non solo dell’attrice di Accattone e Cosa Sono le Nuvole. Rapporti veri, quindi, sia sul set che nella vita.
Adriana Asti, una milanese doc. Nel film ho trovato molto commovente il momento in cui la vediamo cantare sul palco Luci a San Siro di Roberto Vecchioni nello spettacolo Stramilano…
L’analisi di quello spettacolo è stato uno dei momenti più difficili e sofferti nel montaggio del film. Stramilano è uno spettacolo nel quale Adriana canta molte canzoni, sia della tradizione milanese che di autori più recenti come Vecchioni o Gaber. La scelta delle canzoni da inserire nel documentario è stata difficile perché io e Maurizio Pusceddu – che ha scritto il film insieme a me – avevamo una lista di canzoni preferite e tutte diverse… in ognuna c’era qualcosa di bello sia a livello teatrale che musicale, un movimento degli occhi, di un gesto, ma non si poteva montarle tutte.
A mio modo di vedere, tra i momenti più commoventi e intensi del suo film, ci sono un paio di sequenze da brividi (e molto drammatiche) de La Meglio Gioventù di Marco Tullio Giordana. Cosa ha rappresentato per lei quel film meraviglioso? Dal punto di vista cinematografico, è stata questa la sua interpretazione migliore? Io ogni volta che rivedo il film la trovo straordinaria!
Nel mio film Adriana dice di essere molto grata a Marco Tullio Giordana per questo personaggio. A me piace perché è un personaggio così differente dalle altre donne che ha portato sullo schermo (i suoi ruoli al cinema sono stati di donne tormentate, forti, molte volte sensuali altre ancora divertenti), ma questo ritratto di madre e maestra di scuola ha colto nel segno. La scena dell’elaborazione del lutto del figlio, con i libri lanciati in aria, i silenzi, poche parole ma tanti sguardi, è -per me- una delle più belle del cinema italiano degli ultimi quindici anni.
Tu invece dove l’hai preferita?
Dei suoi film recenti mi è piaciuta molto in Tosca e Altre Due perché ci sono dei momenti comici davvero divertenti con Franca Valeri, e perché ritrovo quell’allegria e ironia che spesso ho trovato quando ci incontriamo di persona. Da adolescente ho amato Prima della Rivoluzione, le scene in cui balla sulla canzone di Gino Paoli o quella seduta sul letto nella quale guarda le foto di famiglia sono bellissime. Mi è piaciuta tanto in Per le Antiche Scale di Bolognini, così piena di poesia già alla prima scena vestita da pierrot, poi l’amarezza e il disincanto del personaggio di Amore in Accattone, e in Una Breve Vacanza di De Sica.
Attraverso questo film hai avuto modo di conoscere da vicino, nel tempo, questa donna straordinaria. Esiste un modo per definirla?
Ci sono tanti modi, forse ogni persona alla quale farai questa domanda ti dirà risposte differenti in base al rapporto che ha avuto con lei proprio perché è una persona ricca di tanti aspetti, penso che dal film venga fuori. Io dico forte, e -come detto prima- unica. L’ho vista più volte a teatro come spettatore ma mi ha stupito vederla lo scorso anno dietro le quinte. Per il documentario l’abbiamo vista provare due volte di seguito, forse tre, Il Mare è Blu (che è uno spettacolo lungo e con molti momenti cantati in italiano e tedesco). Caldo torrido del primo pomeriggio, cantava e recitava e poi ancora cantava. Senza pausa, senza un momento di stanchezza… come fosse una passeggiata e ogni volta una esecuzione impeccabile. Questa sua forza, mi è piaciuta molto.
Intervista di Giacomo Aricò