Dopo gli applausi dell’ultimo Torino Film Festival, dove è stato presentato in prima mondiale con sale sold-out ad ogni proiezione, arriva finalmente nelle sale, distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, con un tour di proiezioni-evento e programmazioni che durerà fino a maggio, Borsalino City, il film doc di Enrica Viola dedicato a uno degli oggetti, dei marchi e dei simboli più famosi nel mondo e nella storia del cinema: il mitico cappello Borsalino.
“Dear vittorio, you may remember me…my name is Robert Redford” così inizia la lettera che una delle più grandi star di sempre del cinema americano scrisse a un erede della famiglia Borsalino, per richiedere il cappello che aveva visto indossato da Mastroianni in 8 e 1/2. Questa lettera è rappresentativa per capire la storia di un oggetto, fatto con amore e passione in una piccola città di provincia del Nord Italia, e sbarcato poi in tutto il mondo per diventare un mito. Il cappello Borsalino è diventato un’icona grazie al cinema: nell’epoca d’oro di Hollywood tutti ne indossavano uno.
Ciò che s’ignora è che questo mito nasce in una città della provincia italiana, Alessandria, e che per più di centoventicinque anni una sola famiglia è stata a capo di questo impero fondato dal capostipite, Giuseppe Borsalino. Rievocando la memoria dei lavoratori di un tempo, di appassionati di storia locale, e di grandi nomi del cinema come Redford, Jean Claude Carrière, Piero Tosi, Deborah Nadoolman Landis, Dante Spinotti, e attraverso immagini d’archivio e di memorabili film dove il cappello è ben più di una comparsa, il documentario racconta la storia del favoloso incontro tra il sogno di un imprenditore partito dal nulla e la grande industria dei desideri che è il cinema del XX° secolo. Tracciando la storia non di un semplice oggetto, ma di uno dei simboli più famosi dell’immaginario mondiale.
La regista Enrica Viola spiega che Borsalino City racconta anche “la storia di capitalismo familiare che domina la vita di una piccola città per oltre 120 anni, perché, come afferma un’ex operaia, la Borsalino ha dato da mangiare, si può dire, a tutta Alessandria”. Ma se oggi in tante città ex-industriali non esistono più i segni tangibili dello “splendore della sua fabbrica”, in tutto il mondo, c’è ancora una grande potenza immaginativa legata al suo marchio: “il processo della creazione del mito Borsalino, della sua icona, passa necessariamente attraverso le mani esperte di chi li sapeva fare bene i cappelli, ovvero di chi li lavorava: nei loro volti e nelle loro parole c’è tutta la dignità della classe lavoratrice e l’orgoglio del saper fare”.
“In qualche maniera con questo film, passando da Alessandria ad Hollywood, si è cercato di colmare il divario tra l’ignoto e il glamour”.
Enrica Viola