Tratto dal testo teatrale Le Père di Florian Zeller, è da oggi al cinema Florida, il film diretto da Philippe Le Guay con protagonisti Jean Rochefort e Sandrine Kiberlain. Florida è una commedia amara sull’avanzare dell’età e l’intermittenza della memoria. Ma è anche quel luogo ideale, dove si è protetti e dove nulla ci può accadere : un luogo di pace, dove tutto quello che nella vita ci ferisce, cessa di farci male.
A 80 anni, Claude Lherminier (Jean Rochefort) non ha perso la sua vitalità. É stato il proprietario e il dirigente di un’ importante fabbrica di Annecy. Gli capita sempre più spesso, ma si rifiuta ostinatamente di ammetterlo, di avere dei vuoti di memoria, dei momenti di confusione.
Carole (Sandrine Kiberlain), la figlia maggiore, che lo ha sostituito nella direzione aziendale, asseconda le bizzarre richieste del padre e non lo lascia mai solo. Ma il desiderio più grande di Claude è rivedere l’altra figlia che vive in America e così senza pensarci due volte decide di imbarcarsi su un aereo per la Florida.
Vi lasciamo ora leggere un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Philippe Le Guay.
Come è nata l’idea di realizzare un film dal testo teatrale di Florian Zeller ?
Questa è la prima volta che adatto un’opera preesistente: solitamente lavoro sempre su soggetti originali. Di questo. Sono stato immediatamente sedotto dalla originalità della costruzione di Le Père di Florian Zeller. La pièce comincia con un padre e sua figlia che dialogano in scena per una quindicina di minuti, in un’atmosfera di commedia piuttosto leggera. Buio, poi si passa alla scena successiva, e si ritrova lo stesso personaggio del padre insieme alla figlia… ma questa volta è interpretata da un’altra attrice. Ci si domanda allora se la prima attrice è sua figlia oppure no, si inizia a dubitare del personaggio che si è appena visto. Siamo confusi, dubitiamo di quello che vediamo, lentamente scopriamo che il protagonista della nostra storia sta perdendo la memoria! Florian Zeller ci fa entrare nella testa del suo protagonista. A teatro, il punto di vista è sempre quello dello spettatore e qui Zeller è riuscito ad adottare un punto di vista soggettivo. É un formidabile tour de force teatrale.
Come avete sviluppato la sceneggiatura con Jérôme Tonnerre ?
Non si tratta di un adattamento cinematografico del testo teatrale, ne abbiamo preso le distanze. Al cinema la struttura deve essere diversa e proporre uno spazio differente rispetto a quello dello spettacolo teatrale. Abbiamo cercato in svariate direzioni ed è Jérôme Tonnerre che ha avuto l’idea e ha immaginato il personaggio a bordo di un aereo. Senza dubbio partito per un ultimo viaggio, un andata senza ritorno. Ma dove va? Cosa troverà alla fine del suo viaggio? Il viaggio è stato la linea guida, sulla cui traiettoria si muove il film. Niente è più cinematografico, evidentemente, di un personaggio che viaggia da una direzione all’altra. Vorrei precisare che questo viaggio non ha nulla di fantasioso, o onirico, anche se lo svolgimento del racconto si rivela, diciamo, come un processo «mentale»: siamo nella testa di un uomo. Capiamo rapidamente che quest’uomo ha un obiettivo, un’ idea fissa, che è anche il tema del film: ricongiungersi con la figlia che vive in Florida.
Claude ha un’altra figlia con la quale invece è più severo…
Idealizza la figlia minore che vive all’altro capo del mondo e che gli invia una cartolina ogni sei mesi; mentre la maggiore che lo va a trovare quattro volte a settimana e si occupa di tutto ciò che lo riguarda, è perennemente maltrattata. É capitato a tutti di accorgersi che un padre o una madre, ingiustamente, non ama i suoi figli allo stesso modo. É una situazione crudele, ma può risultare anche comica da un certo punto di vista. Questa mescolanza di crudeltà e di humour è la nota predominante del film…
Come avete avuto l’idea di affidare i ruoli principali a Jean Rochefort e a Sandrine Kiberlain ?
Per interpretare questa coppia padre-figlia, c’era bisogno di attori che fossero veramente complici nella vita. Sandrine Kiberlain e Jean Rochefort si conoscono da più di 15 anni, hanno in comune un bello sguardo chiaro, qualcosa di spigoloso nel viso. Volevo rivedere Jean al cinema e offrirgli un ruolo a sua misura, o per meglio dire fuori misura. Questo ruolo di <<padre>> ha qualcosa di shakespeariano. Ma è anche un ruolo pieno di humour. Jean è un attore completo che incarna questi due aspetti : la leggerezza e la crudezza. Di Sandrine adoro la sua capacità di dare vita a un personaggio che riceve continue frecciate e non le restituisce, assume una dimensione sacrificale, ma non è una vittima passiva : è lei la vera eroina. In Jean e Sandrine c’è un non-conformismo, una fantasia, un’inclinazione alla libertà… nelle scelte stesse che fanno dei propri ruoli. l’inganno si suo padre, lo protegge fino alla fine, ciò fa di lei una vera eroina.
La malattia del padre permette di evocare con il tempo un rapporto che non è più lineare e che offre più libertà narrativa.
Ci sono tre linee temporali nel film. Il viaggio in Florida, i due mesi che precedono questo viaggio e che ci informano sul personaggio di Claude. E poi ci sono questi sbalzi di memoria che sono come delle immagini mentali. Immagini legate a sensazioni, a ricordi nascosti. Per esempio, quando si infiamma per sbaglio un mucchio di fieno; quando guarda, intirizzito, sua madre che sta suonando il piano, o durante la guerra, quando si sente minacciato. Tutto quello instaura un paesaggio mentale e sensoriale che arricchisce il personaggio di Jean. Adoro queste immagini impressioniste che ritroviamo nel cinema d’Alain Resnais e in particolare in Mon Oncle D’Amérique. É sufficiente una tenda che si muove grazie a un soffio di vento per creare una rima visiva e collegare il presente con il passato…
Claude canta una canzone di Jean Sablon, «puisque vous partez en voyage»…
É una delle magiche coincidenze di questo film. Volevo un momento di complicità tra Claude e sua figlia, e Jean ha proposto questa canzone. Mi sono reso conto che quella canzone rifletteva il tema del viaggio in Florida. La destinazione del viaggio è nata quasi per caso, poi poco a poco mi sono accorto delle coincidenze. Il modello della macchina Florida, il succo d’arancia, Miami e le palme…la Florida diventa questo luogo mitico dove si è al sicuro, o dove niente può più aspettare. É il luogo della pacificazione, dove tutto ciò che ci ferisce nella vita smette di farci male. In fondo, la Florida, è un pò la sala del cinema, uno schermo-scrigno dove si possa sognare, dove le persone che amate sono sempre con voi…