Se pensate che il Bikini sia un costume della società moderna-contemporanea, allora state sbagliando. Ha un’origine del tutto ancestrale e un uso del tutto diverso rispetto a quello che noi conosciamo, cioè abbronzarsi. La prima apparizione è in Italia, Sicilia, durante il tardo periodo imperiale romano e serviva per praticare lo sport e, in particolar modo, l’atletica. Memoria rimasta indelebile nel mosaico della Villa Romana di Piazza Armerina. Devono passare secoli affinché si arrivi alla storia del bikini che noi tutti conosciamo.
Viene subito considerato “succinto”, “scandaloso”, scatena negli sguardi sgomento al pari di una… bomba! Ed è da qui che viene proprio il nome: in quello stesso anno gli Stati Uniti fanno esplodere nel Pacifico, sull’atollo Bikini (isole Marshall) alcuni ordigni nucleari. L’effetto della bomba è paragonabile allo scalpore scatenato sulle spiagge. A renderlo famoso è la ballerina Micheline Bernardini che nel Casinò de Paris lo indossa durante uno show a bordo piscina. Persino il concorso per Miss Mondo del 1951 lo mette al bando, mentre un anno dopo una sconosciuta Marylin Monroe lo indossa in Clash by Night.
È proprio il cinema a sdoganarlo, bensì dieci anni dopo, grazie a una bellissima Brigitte Bardot che lo porta durante la kermesse del Festival di Cannes. Il bikini non è più un tabù e supera le restrizioni sociali (fino ad allora considerato “indumento del peccato”): tutte ne vogliono uno, per essere (o sentirsi) bella e sexy come B.B. Importante la pellicola Manina, The Girl in Bikini, una delle prime pellicole in cui viene indossato l’omonimo capo.
Sempre “bambina maliziosa”, al pari di Brigitte Bardot, è la giovanissima Sue Lyon in Lolita: un bikini a fantasia a vita alta, un paio di occhiali e cappello di paglia in testa. Un immagine simbolo del film diretto da Stanley Kubrick nel 1962 tratto dal romanzo scandalo di Vladimir Vladimirovič Nabokov. Innocente, conturbante, un pensiero proibito che diventa irrefrenabile.
Le attrici contribuirono al suo successo, come simbolo di una femminilità consapevole che esprime sensualità liberamente provocatoria. Persino la “ragazza per bene” Annette Funicello lo indossa nel 1963 in Beach Party, prodotto da Walt Disney. Seguirà l’esempio l’America della beat generation che lotta contro le discriminazioni contro l’orientamento sessuale. Diventa subito simbolo di ribellione. Il costume a due pezzi cattura anche l’attenzione di Brian Hyland tanto da comporre la canzone la canzone Itsy Bitsy Teenie Weenie Yellow Polka Dot Bikini.
Immagine che racconta la storia del bikini tanto quella del cinema è quella del 1962, quando una bellissima Ursula Andress, la Bond Girl di Agente 007 – Licenza Per Uccidere, esce dall’acqua con un costume super sexy bianco, arricchito da una cintura della British Army posta sui fianchi, canticchiando Underneath the Mango Tree. Oggi questa scena è considerata una delle più hot della filmografia di tutti i tempi tanto da essere citata in La Morte Può Attendere, grazie al costume indossato da Halle Berry.
In Italia abbiamo una giovanissima Stefania Sandrelli che lo porta nel 1961 in Divorzio all’Italiana, facendo più scalpore della trama stessa. Mariangela Melato lo preferisce nero e a triangolo nel 1974 in Travolti da un Insolito Destino nell’Azzurro Mare d’Agosto.
Facciamo un salto in avanti, quando nasce lo string bikini, ancora più succinto e peccaminoso. È ridotto all’essenziale e nasconde solo il minimo necessario. Impossibile non ricordare Carrie Fisher as Principessa Leila in Il Ritorno dello Jedi: uno string bikini in stile odalisca, realizzato in rame, seta e gomma. È il 1983. Mentre nel 1996 una giovane Salma Hayek una versione altrettanto esotica-erotica in Dal Tramonto all’Alba.
Gli anni ’90 liberalizzano il corpo femminile, come emancipazione più sessuale che femminile. Diversi i modelli scelti per a tv serie Baywatch. A mettere in mostra le forme generose già Cindy Crawford, fine anni ’80, che indossa un bikini a stelle e strisce molto americano, very sex bomb. Super sportivo per Angelina Jolie nei panni di Lara Croft in Tomb Raider del 2001, mentre due anni dopo Cameron Diaz e Demi Moore in Charlie’s Angels riportano la moda del bikini a triagolino ricco di laccetti.
Oggi il bikini è il ritratto di una 17enne borghese, annoiata dalla vita e che sente il desiderio di utilizzare il proprio corpo per sentirsi viva. È Marine Vacth in Giovane e Bella (2013) di Francois Ozon. Siamo sulla costa francese (immediata l’analogia di Brigitte Bardot a Cannes cinquant’anni prima) e la protagonista, ancora teenager, decide di diventare donna, non è un atto d’amore ma una tappa della vita. Il corpo svelato diventa pura e cruda seduzione. Tutto diventa esplicito, nulla viene più nascosto. Ecco che il bikini è entrato nella normalità, perdendo così la sua innata malizia.
“Le statistiche sono come il bikini. Ciò che rivelano è suggestivo, ma ciò che nascondono è più importante”.
Irving R. Levine
Selene Oliva