Genio multiforme, Artista a tutto tondo. Impossibile definire con una sola parola il Maestro Dario Fo che oggi se n’è andato a 90 anni. Drammaturgo, attore, regista, scrittore, autore, illustratore, pittore, scenografo, attivista italiano: Dario Fo è stato tutto questo. Un Uomo, un Personaggio, un Intellettuale, che nel 1997 ha ottenuto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1997 con questa motivazione: “perché, nella tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere e restituisce dignità agli oppressi”.
Dario Fo nasce nel 1926 a San Giano (Varese) ma dall’inizio degli anni 40 vive a Milano. Nel 1954 sposa Franca Rame sua principale collaboratrice e spesso interprete e coautrice dei suoi testi. Il suo debutto avviene negli anni 50’ e da subito i suoi spettacoli e le sue canzoni esprimono un’arte fondata sul gusto del paradosso e, al tempo stesso, su uno spietato senso del realismo unito alla satira politica. Fo s’appropria cioè del “privilegio” del buffone shakespeariano: dire la verità ultima sul mondo e sulla vita attraverso il linguaggio della risata e della follia, secondo le leggi di tutta la grande arte comica: prima si ride e poi si pensa.
È del 1952 il primo esito importante di questa poetica: Fo presenta alla radio una serie di monologhi Poer Nano, (“povero nano”, dial. lombardo) un titolo diventato proverbiale: “Erano storie assurde – commenta Fo – ma con dentro dei temi ben precisi: l’ironia sui luoghi comuni e la liturgia della gente perbene, l’astio e l’orrore per il mondo dei ricchi, l’amarezza e la ribellione per la propria condizione, il senso della paura e del bisogno“. Lo stesso anno Fo porta Poer Nano in scena ed è questo il suo vero esordio teatrale. In questo periodo, dopo aver collaborato a varie sceneggiature scrive e recita nel film Lo Svitato (regia di Lizzani) del 1956, storia “buffa” di un reporter in corsa frenetica nel caos della città moderna.
Tornato al teatro Fo scrive, mette in scena e recita – tra il 1959 e il 1962 – diverse “farse” e commedie in cui emerge il confronto con la tradizione della “commedia dell’arte”. Nel 1962, col primo governo di centrosinistra, Fo viene chiamato a lavorare in televisione e viene affidata a lui e a Franca Rame la più popolare trasmissione televisiva, Canzonissima. Con una scelta inaspettata e di rottura, nei previsti intervalli “comici” della trasmissione i due attori-autori attaccano, in maniera paradossale e con il consueto gusto dello sberleffo, le istituzioni borghesi, gli industriali, la mafia. Non solo, ma esplicitamente parlano e si occupano della vita e dei problemi “veri” e attuali di grande masse popolari. Interviene la censura televisiva e Fo e la Rame lasciano la televisione dove torneranno solo 14 anni dopo, in un clima politico di maggior apertura.
Tra il 1963 e il 1968 la Compagnia Fo-Rame porta in scena con grande successo diverse commedie e in questo periodo si precisa non solo l’importanza di un teatro d’intervento politico ma anche l’esigenza di ricollegarsi alla cultura popolare. Determinante in questo senso la ricerca di Fo in campo etnomusicale e l’incontro con Il Nuovo Canzoniere Italiano con il quale organizzerà lo spettacolo teatral-musicale Ci Ragiono e Canto (1966). Esito ultimo di questo apprendistato culturale, politico, professionale è Mistero Buffo del 1968, data simbolo, una delle sue espressioni artistiche più alte in cui Fo si propone come un “giullare del popolo” (la definizione è di Fo) capace di coinvolgere il suo pubblico in un testo/spettacolo di straordinaria efficacia, di satira violenta degli antichi e sempiterni “padroni”.
Da questo momento Fo e la Rame escono dal circuito del teatro tradizionale e propongono un teatro d’intervento politico in spazi politicizzati e autogestiti. Da tutto questo deriva la fortissima attenzione alla contemporaneità (il cosiddetto “teatro cronaca”) ed è così che Fo, dopo la strage fascista alla Banca dell’Agricoltura di Milano (1969) scrive e mette in scena uno dei suoi testi più famosi, Morte Accidentale di un Anarchico, incentrato sulla morte “accidentale” in questura dell’anarchico Giuseppe Pinelli ingiustamente sospettato di essere implicato nella strage.
Di particolare rilievo la bellissima summa televisiva del teatro Fo-Rame andata in onda nel 1975, anno dal quale Fo si afferma anche come l’autore italiano più rappresentato all’estero (oltre cinquantaquattro paesi) e più tradotto (più di trenta lingue). Più in generale possiamo dire che, dopo il ‘68 ed ad arrivare ad oggi, sono due le direttrici del suo teatro. La prima, con al centro il tema del giullare e la tecnica del monologo, è la linea che da Mistero Buffo, porterà a Storia Della Tigre e Altre Storie, a Johan Padan a la descoverta de le Americhe (1991) al Ruzzante (1995), a Lu Santo Jullare Francesco (1999) e allo spettacolo-lezione Il Tempio Degli Uomini Liberi (2004). La seconda trova espressione nelle commedie più esplicitamente “politiche”, tra le altre: Pum! Pum! Chi è? La Polizia!, Tutta Casa Letto e Chiesa, La Tragedia di Aldo Moro, Clacson, Trombette e Pernacchie, Il Papa e la Strega, Zitti Stiamo Precipitando, Marino Libero.
Di particolare rilievo letterario è anche Ruzzante, monologo satirico e insieme omaggio al grande scrittore italiano rinascimentale Angelo Beolco (detto “Ruzzante”): un grande successo di critica e di pubblico. Era il 1995, a un passo dal Nobel per la Letteratura. Quel premio conferito ad un Signore dell’Arte che ha reinventato un’immagine mitica e se ne è innamorato: un cristo-arlecchino-giullare in guerra eterna contro tutte le ingiustizie, fratello di tutti i povericristi e di tutti gli oppositori.
Addio Maestro!
EXTRA – Dario Fo e il TeatroCanzone
“Il premio Nobel Dario Fo è stato, fra le molte altre cose, anche un punto alto della legittimazione della canzone a far parte della cultura e dell’arte. Di ciò Fo non ha mai dubitato sia come intellettuale sia come artista”. Parole del Professore e scrittore Paolo Jachia, di cui vi proponiamo qui sotto un video che spiega l’importanza che Fo ha avuto nella nascita del TeatroCanzone.