Stasera alle 21:30, al Maxxi –Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma, nella sezione Riflessi della Festa del Cinema di Roma verrà proiettato il documentario Le Romane – Storie di Donne e di Quartieri di Giovanna Gagliardo. Con materiale di repertorio delle Teche Rai, fotografie, riprese nei luoghi e negli ambienti che più rappresentano le personalità dei personaggi narrati, Le Romane vuole contribuire a una vera e propria riscoperta della “città delle donne”.
Nella Roma tutt’altro che monumentale, dentro la città dei Quartieri, dei vicoli, delle panchine all’ombra dei platani, ci sono orme e segnali di presenze femminili che, seppur poco evidenti, si specchiano perfettamente nella personalità di alcune donne che in questi Quartieri sono nate, o che ci sono andate per propria scelta lasciando la loro impronta indelebile. Nel film ci sono gli interventi di: Lina Sastri (foto copertina), Luisa De Sanctis, Amanda Thursfield, Lia Calizza, Alessandra Di Castro, Olga Melasecchi, Ruth Dureghello, Caterina D’Amico.
Qualche esempio:
A Trastevere, una ragazza poverissima, nata a Via del Mattonato, è costretta a lavorare all’età di appena dieci anni. Si improvvisa in mille mestieri: fa la fioraia, la tipografa, la cantante di cabaret, la sciantosa. In una manciata di anni, diventerà Lina Cavalieri, “la donna più bella del mondo”: la più invidiata, la più amata, la più desiderata da Principi e Regnanti. Il suo successo planetario e il suo fascino da leggenda non le impediranno di rimanere fedele alle astuzie del vicolo originario e al buon uso oculato del suo immenso patrimonio.
A Testaccio è nata e cresciuta Gabriella Ferri. In quelle strade ha sentito risuonare i primi stornelli: li ha fatti suoi e restituiti alla sua maniera, creando un nuovo genere di musica popolare con echi cosmopoliti. Lei e la sua compagna delle prime avventure, Luisa De Sanctis, diventeranno le “testaccine” nazionali dei primi anni Sessanta. Poco più avanti, verso la Piramide, una signora inglese, Amanda Thursfield, passeggia tra i viali del cimitero Acattolico, di cui è direttore, e le piace raccontare a modo suo le vite di alcune figure femminili che lì riposano.
All’Aventino, ci è capitata, e non per caso, una russa irrequieta e piena di talento. Negli anni Venti era una ballerina di danza moderna, nei Trenta si è insediata a Roma con il nome d’arte Jia Ruskaja e ha cominciato a fare la coreografa e l’insegnante. Sul colle dell’Aventino ha fondato la prima Accademia di Danza in Italia. La sua proverbiale severità e il suo conclamato rigore trovano, nei viali e nelle Basiliche austere della prima cristianità che punteggiano il quartiere, la scenografia ideale del suo carattere e del suo lavoro.
Nel Ghetto di Roma tutti sembrano in simbiosi con i vicoli stretti e bui nei quali si respira un’aria da romanzo mitteleuropeo. Qui, il passato e il presente sembrano la stessa cosa: sampietrini che ricordano i morti e i deportati, bambini che entrano ed escono correndo dalle scuole, musei che insieme con la memoria celebrano gli eventi e i riti del presente. Impossibile al Ghetto cercare una protagonista.
Qui bisogna arrendersi alla coralità di una storia tutta al femminile che, all’interno del “serraglio” – durato per quasi quattro lunghi secoli – ha forgiato la propria forte identità. E poi, c’è un quartiere che è un mondo, quello del cinema. Cinecittà. E quando si coniuga Roma con il cinema, si scrive un solo nome: Anna Magnani.
Giovanna Gagliardo con Le Romane ha visto esaudito il suo desiderio, quello di raccontare alcune figure femminili che nel corso del tempo “hanno nutrito la mia fantasia – spiega – e nei confronti delle quali ho sempre avuto un senso di ammirazione, di gratitudine o semplicemente di curiosità”.
Certe frasi di Anna Magnani che vengono in mente all’improvviso come un’illuminazione, un ritornello un po’ spinto della Ferri che mette pepe a una giornata stanca, il sorriso vissuto di Tullia Zevi, l’invidia nei confronti di chi riesce a mettere in scena una storia con il talento del proprio corpo. “Nessuna pretesa di fare il ritratto di questo e quel personaggio, di ricostruire dei caratteri, o di rileggerli alla luce della memoria – continua la regista – semplicemente la voglia di costruire un “ordito”, un tessuto femminile nel quale riconoscere dei volti e delle voci che sgorgano spontanei dalla città e che nella città si rispecchiano”.
Nel farlo, alla Gagliardo è sembrato indispensabile ambientare le storie nei quartieri di origine o di elezione, “per creare uno sfondo, un ‘paesaggio cittadino’ che tenesse insieme il carattere del luogo e quello del personaggio: la mia è una piccola scommessa che potrebbe preludere ad un futuro affresco femminile della nostra città e non solo”.