Premiato all’ultimo Festival di Cannes per il Miglior Attore (Shahab Hosseini) e per la Miglior Sceneggiatura, arriva oggi al cinema Il Cliente di Asghar Farhadi, un thriller psicologico che colpisce e affronta la complessità delle relazioni umane.
Emad (Shahab Hosseini)e Rana (Taraneh Alidoosti) sono una giovane coppia di attori costretta a lasciare la propria casa al centro di Teheran a causa di urgenti lavori di ristrutturazione. Un amico (Babak Karimi) li aiuta a trovare una nuova sistemazione, senza raccontare nulla della precedente inquilina che sarà invece la causa di un ”incidente” che sconvolgerà la loro vita.
Vi presentiamo ora di seguito un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Asghar Farhadi.
Come definirebbe Il Cliente? Come la storia di una vendetta o come una storia sull’onore perduto?
Sarebbe difficile per me definire o riassumere Il Cliente, o perfino spiegare cosa significhi la storia. Tutto dipende dalle preoccupazioni e dallo sguardo degli spettatori. Per chi lo vedrà come un film sociale, gli elementi relativi a questo aspetto saranno i più importanti. Per altri il punto di vista più importante potrebbe essere quello morale, o qualcosa di ancora diverso. Quello che mi sento di dire è che, ancora una volta, questo film affronta la complessità delle relazioni umane, soprattutto all’interno di una famiglia o di una coppia.
All’inizio del film Emad e Rana formano una coppia ordinaria. Si tratta di personaggi che rappresentano la classe media iraniana?
Emad e Rana sono una coppia borghese iraniana. Non si può dire che rappresentino la maggior parte delle coppie di questo ceto, sia nella loro relazione che come individui. Semplicemente, i personaggi sono stati creati in modo tale che lo spettatore non abbia la sensazione di avere a che fare con una coppia fuori dall’ordinario. Si tratta di due persone normali che stanno insieme, ma con delle specificità. Entrambi lavorano nel settore della cultura e recitano in teatro. Ma vengono a trovarsi in una situazione che rivelerà alcuni aspetti inattesi delle loro personalità.
Il titolo originale del film sembra far riferimento a quello del dramma di Arthur Miller che Emad e Rana mettono in scena con i loro amici. Perché ha scelto di utilizzare proprio quella pièce?
Avevo letto Morte di un Commesso Viaggiatore quand’ero studente. Quel dramma mi ha segnato profondamente, certamente per ciò che dice sulle relazioni umane. È un’opera molto ricca, che si presta a molteplici livelli di lettura. La sua dimensione principale è quella della critica sociale di un periodo della storia americana, in cui l’improvvisa trasformazione urbana ha causato la rovina di una certa classe sociale. Una categoria di persone non è riuscita ad adattarsi a quella rapida modernizzazione e ne è rimasta schiacciata. Da questo punto di vista la pièce ha molto a che vedere con l’attuale situazione nel mio Paese. Le cose stanno cambiando molto in fretta e coloro che non riescono a star dietro a questa corsa sfrenata vengono sacrificati. La critica sociale al centro dell’opera di Miller resta valida per l’Iran di oggi. Un altro aspetto importante è quello della complessità delle relazioni umane interne ad una famiglia, in particolare per la coppia che si forma tra il commesso viaggiatore e Linda. Il dramma ha una forte intensità affettiva che, pur essendo commovente, fa riflettere gli spettatori su questioni molto sofisticate. Quando ho deciso che i personaggi principali del film avrebbero fatto parte di una compagnia teatrale che sta lavorando alla messa in scena di un dramma, l’opera di Miller mi è sembrata molto interessante, nella misura in cui mi avrebbe permesso di stabilire un parallelismo con la vita personale della coppia, attorno alla quale si costruisce il film. In scena Emad e Rana interpretano i ruoli del commesso viaggiatore e di sua moglie. E nella loro vita privata, senza rendersene conto, si troveranno di fronte ad un vero commerciante e alla sua famiglia, di cui saranno chiamati a decidere le sorti.
Lei mostra lo sviluppo urbano anarchico di Teheran attraverso quello che i personaggi vedono dalla terrazza del loro nuovo appartamento. Si tratta della sua visione della città nella quale vive e lavora?
La Teheran di oggi è molto simile alla New York che Arthur Miller descrive all’inizio del suo dramma. Una città che cambia ad un ritmo delirante, che distrugge tutto ciò che è vecchio, i frutteti, i giardini, sostituendoli con delle torri. È in questo ambiente che vive il commesso viaggiatore. Ed è un altro parallelismo tra il mio film e il dramma di Miller. Teheran sta cambiando in modo frenetico, anarchico, irrazionale. Quando un film racconta la storia di una famiglia, la casa in cui vive gioca per forza un ruolo centrale. Questo è evidente anche nei miei film precedenti. La casa e la città occupano ancora una volta un posto fondamentale.