Solo domani sera, direttamente dal Metropolitan Opera House di New York, arriva nei cinema di tutta Italia il Nabucco di Giuseppe Verdi, l’opera simbolo nel Rinascimento Italiano con il celeberrimo tenore Plácido Domingo nel ruolo del sovrano protagonista. Diretta dal Maestro James Levine e con un cast stellare, che vedrà sul palcoscenico la soprano ucraina Liudmyla Monastyrska e la mezzosoprano georgiana Jamie Barton.
Terza prova operistica del compositore italiano, lo spettacolo si apre nella Gerusalemme del VI secolo avanti Cristo: una città assediata dal re babilonese Nabuccodonosor. Unica speranza di salvezza è Fenena, figlia del sovrano presa in ostaggio, che sarà tuttavia liberata dal giovane Ismaele, innamorato di lei. Ormai perduti, gli ebrei vengono fatti prigionieri e condannati a morte da un’altra figlia del sovrano, la crudele Abigaille, che nel frattempo ha spodestato il padre. La salvezza arriva gloriosa quanto inattesa sotto forma di un’improvvisa conversione di Nabucco, che a capo di un esercito di pochi fedeli rovescia il governo di Abigaille, graziando i prigionieri e invocando Jeovah.
È ben nota la storia di questo spettacolo, che proiettò il musicista ventottenne verso la fama. Dopo la morte della prima moglie e di due figli, con cui coincise il fiasco dell’opera buffa Un Giorno di Regno, Verdi aveva deciso di abbandonare la carriera. Cambiò idea solo quando l’impresario teatrale Bartolomeo Merelli gli mostrò il libretto scritto da Temistocle Solera. Ispirato, diede vita al lavoro immortale che oggi tutti conosciamo, battezzato da una trionfante prima al Teatro alla Scala nel 1942. Per molto tempo, l’opera e il suo compositore sono stati considerati parte integrante di quel fervore politico che nel 1861 portò alla nascita del Regno d’Italia; in particolar modo, il famosissimo coro Và pensiero, sull’ali dorate, che narra l’esilio degli ebrei a Babilonia, è stato letto come un’eco dei sentimenti italiani verso la dominazione austriaca.